A giudizio il proprietario di una fonderia pericolosa

A giudizio il proprietario di una fonderia pericolosa A giudizio il proprietario di una fonderia pericolosa E' l'ex amministratore della Fis di Collegno - L'accusa: omissione dolosa di misure antinfortunistiche - Prosciolti due dirigenti dell'Acni Il giudice istruttore dott. Vaudano ha rinviato a giudizio, con l'accusa di aver «rimosso ed o ™sso dolosamente le cautele F°"tr° ,!L^°f'""Lm SKSK' l'in. Gianfranco Jarettl Sodano, 45 anni, ex amministratore delegato della Fis di Collegno, arrestato nell'aprile dell'anno scorso e rimesso in libertà provvisoria a condizione che eseguisse subito tutti i lavori dì ammodernamento e le opere di sicurezza. Sono stati assolti in istruttoria Giovanni Faggion, che all'epoca del fatti aveva mansioni dirigenziali ed era alle strette dipendenze dello Jaretti Sodano, gli ingegneri Serafino Vigano e Giuseppe Boggero, funzionari dell'Azienda elettrica municipale, e l'ing. Agostino Bianconi, capo dei vigili del fuoco di Torino. I due dirigenti dell'Aem (difesi dagli avvocati Renzo Mazzola e Giorgio Merlone) erano stati incriminati per «omessa denuncia» perché — secondo i primi accertamenti — pur essendo al corrente da diversi anni dei gravi rischi in cui si svolgeva il lavoro alla Fis, non avrebbero denunciato la situazione alla magistratura. Stessa accusa il giudice Vaudano aveva mosso ali'ing. Bianconi, con l'aggravante di essere un pubblico ufficiale. Ma nel corso dell'inchiesta è emerso che i funzionari avevano più di una volta sollecitato il titolare della fabbrica a regolarizzare gli impianti elettrici e le misure antincendio, e avevano presentato dettagliate relazioni all'Ispettorato del lavoro e agli altri organi competenti. Per queste ragioni 11 magistrato li ha prosciolti con formula ampia. L'unico imputato di questa vicenda, che suscitò scalpore non soltanto a Torino, resta dunque II11IIMIIIIIIIII1M1I1MMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIII l'ing. Jaretti Sodano. Il caso della Fis (Fonderia italiana segmenti) fu un felice esempio (mai imitato abbastanza dai magistrati italiani) di giustizia concreta. Servendosi dei mezzi consentiti dalla legge, il dott. Vaudano riuscì a ottenere la trasformazione dell'officina: fu rifatto l'impianto elettrico, revisionate tutte le macchine, eliminate le fonti di pericolo. Un mese dopo l'arresto del titolare e la chiusura dello stabilimento, il magistrato potè dichiarare: «L'officina meccanica, adesso, lavora a norma di legge, in condizioni assai migliori di parecchie altre fabbriche». Fare giustizia — soprattutto in campo infortunistico — non significa soltanto individuare i responsabili e punirli, ma fare in modo che certe condizioni di vita, in cui sono costretti a lavorare gli operai, mutino in forma radicale, indipendentemente dall'esito del processo penale.

Luoghi citati: Collegno, Torino