Namibia, quale indipendenza ? di Alfredo Venturi

Namibia, quale indipendenza ? L'ex colonia tedesca che il Sud Africa si è annessa Namibia, quale indipendenza ? Il governo di Pretoria ha deciso di trasformare l'assemblea inter-razzista di Windhoek in un organismo costituente - Entro il 31 agosto avrebbe dovuto concedere al Paese la libertà (Dal nostro inviato speciale) Nairobi, 24 agosto. «La Namibia non è una nazione, è un ritaglio sulla carta geografica», dice con metternichiano disprezzo uno dei superstiti coloni inglesi del Kenya. Non sarà una nazione, ma l'Africa del Sud-Ovest è uno dei temi chiave dell'attuale momento storico in questo continente esplosivo. Antica colonia dell'impero germanico, affidata dopo la prima guerra mondiale al mandato dell'Unione Sudafricana, è stata praticamente annessa dal governo di Pretoria. Nell'ottobre del '66 l'Onu, erede di quella Società delle Nazioni che aveva istituito il mandato, disse al Sud Africa che il gioco era finito, e che il territorio, ufficialmente ribattezzato col suo nome africano di Namibia, passava sotto il diretto controllo delle Nazioni Unite. Veniva anche istituito al Palazzo di Vetro un «Consiglio per la Namibia», incaricato di gestire l'antica colonia del Kaiser. Ma il Sud Africa, che con le Nazioni Unite ha sempre avuto tempestosi rapporti, continuò a tenere saldamente in pugno quella sua appendice nord-occidentale. Un territorio desolato ricco di sabbia ma anche di diamanti, povero di popolazione (quasi un chilometro quadrato a testa, per gli ottocentomila che vi abitano, di cui novantamila sono i bianchi, trentamila ì discendenti degli incroci interrazziali, oggi espressamente vietati dalle leggi de^'apartheidA core una sua funzione di avamposto verso l'Africa Nera. La «striscia di Caprivi», che separa l'Angola dal Botswana consentendo alla Namibia uno «sbocco sullo Zambesi», a suo tempo rivendicata con successo dai tedeschi, è oggi una piazzaforte militare irta di installazioni. Sono dieci anni, piìi o meno, che la maggioranza nera di questo paese ha deciso di scuotersi dalla soggezione coloniale. C'è una formazione politica, l'organizzazione popolare dell'Africa del Sud-Ovest (Swapo), che l'Africa e l'Onu riconoscono, e che ha avviato operazioni di guerriglia. A Pretoria la risposta è stata di tipo classico: Swapo fuori legge, dura repressione del terrorismo, militanti neri in carcere. E' appena il caso di notare che queste misure, decise nella capitale sudafricana dopo la cessazione formale del mandato sulla Namibia, sono giuridicamente inapplicabili nel territorio. Ma non sono certo i problemi di legittimità che assillano i dirigenti di Pretoria. Semmai ciò che i diplomatici chiamano «il quadro internazionale». Ed ecco che, con il crollo del fascismo in Portogallo e l'indipendenza dell'Angola e del Mozambico, il quadro internazionale improvvisamente si modifica. Spariti i due fidi bastioni coloniali, ormai condannata la «Rhodesia bianca», il Sud Africa stesso minato dalla rivolta nera, Pretoria cerca di correre ai ripari. Per salvare l'essenziale (il Sud Africa così come è) si cerca di gettare al mondo affamato di giustizia l'osso della Rhodesia, virtualmente abbandonata al suo destino, e quello della Namibia. A Windhoek il partito nazio , nale, che e il partito di mag- • gioranza sudafricano, o per \ essere precisi il partito di maggioranza della minoranza bianca, la sola che può fare politica, raduna i rappresentanti delle undici etnie territoriali (le più numerose sono quelle degli Ovambo, dei Damara, dei Kavango e degli Herero), e in questa inedita assemblea interrazziale si affronta il problema di una nuova costituzione. Quelli della Swapo sono automaticamente esclusi dalle leggi antiterrorismo, per quanto tali leggi dovrebbero, in sede costituzionale, essere evidentemente sospese. Tuttavia i lavori vanno avanti. I rappresentanti delle tribù nere stanno al gioco, il che lascia sperare ai sudafricani che alla fine il mondo dovrà dare atto della buona volontà manifestata nell'occasione. Ma la stessa minoranza bianca, lo stesso partito na zi0naie, sono divisi. C'è una parte, generalmente di discen- denza britannica, più «libe ral» e propensa a concessioni. C'è un'altra parte, i veraci boeri di lingua afrikaans, che custodisce con rabbia la cieca tradizione separatista. Si scontrano due uomini, il vicesegretario del partito nazionale nel territorio, Dirk Mudge, animato da illuministici slanci riformatori (vorrebbe perfino chiamare al tavolo delle trattative i capi della Swapo), e il segretario Du Plessis, che denuncia nel nome la discendenza da quegli ugonotti francesi che furono cacciati laggiù dalle guerre di religione e che spesso sopravanzano i boeri di origine olandese nella difesa dell'ortodossia razzista. Da queste contrapposte dialettiche (le due tesi bianche, la tesi bianca e la tesi nera), viene fuori finalmente, la conclusione è di giorni fa, la decisione di trasformare l'assemblea di Windhoek in organismo costituente e insieme in governo provvisorio, e di assicurare l'indipendenza al territorio entro il 31 dicembre del '78. Quale indipendenza, indipendenza da che? L'interrogativo è d'obbligo, qui come in tutta l'Africa nera, a New York dove il consigliò per la Namibia constata il mancato rispetto dei termini a suo tempo fissati (indipendenza, ed elezioni, entro questo agosto 76), la mancata soppressione del sistema delZ'aparthaid, il mancato rilascio dei prigionieri politici, il mancato richiamo alla supervisione dell'Onu. Troppe manchevolezze, per avviare una vera indipendenza sciolta dai vincoli dell'illegittimità sudafricana, e il consiglio per la Namibia respinge le decisioni dell'assemblea di Windhoek. La questione namibiana torna al punto di partenza: adesso la parola è da una parte alle armi dei guerriglieri, dall'altra al progredire dell'istanza «liberal» degli anglofoni sudafricani, sempre più favorita dal cerchio implacabile che va stringendosi attorno ai falchi di Pretoria. Alfredo Venturi

Persone citate: Dirk Mudge, Kaiser