Il referendum popolare in Spagna a novembre? di Maurice Duverger

Il referendum popolare in Spagna a novembre? Per dar vita a un Parlamento democratico Il referendum popolare in Spagna a novembre? Madrid, 24 agosto. Il primo ministro Adolfo Suarez e i suoi colleghi di Gabinetto hanno dato oggi gli ultimi ritocchi alle proposte per riformare la Costituzione spagnola con un referendum nazionale, ma sembrano decisi a rinviare l'annuncio ufficiale a dopo le vacanze estive. La questione di fondo che sarà posta agli elettori dovreobe riguardare l'elezione del Parlamento per sostituire le Cortes, assemblea creata da Franco nel '42 e formata da 561 membri. Il referendum è in programma per la metà di ottobre, ma potrebbe essere rinviato fino a novembre. L'approvazione aprirebbe la strada alle elezioni politiche e alla riforma della Costituzione franchista. (Ap) La democratizzazione della Spagna è frenata non soltanto dalle difficoltà materiali e dall'esitazione degli uomini, ma soprattutto dalle contraddizioni ideologiche che dilaniano il suo sistema politico, diviso fra tre « legittimità » opposte: la legittimità franchista, incarnata dalle Cortes, dalla Falange e dalle altre istituzioni della dittatura; la legittimità monarchica, rappresentata da Juan Carlos; infine quella democratica rappresentata embrionalmente dai partiti politici e dalla stampa, che sono in attesa di elezioni libere. La storia europèa del diciannovesimo secolo dimostra che monarchia e democrazia possono andare d'accordo, anche se i rispettivi principi sono tra essi incompatibili. Un accordo di questo genere ha permesso alla Gran Bretagna e ai Paesi nordici di evolversi più rapidamente, regolarmente e profondamente sugli altri verso la democrazia e il regime liberale. Ha permesso ai monarchi di conservare il loro trono, riducendosi progressivamente a simboli della nazione, specie di bandiere viventi, prive di prerogative politiche, ma non di prestigio e di attaccamento popolare. Il re di Spagna sembra avviarsi sulla stessa strada. Ha maggiori difficoltà dei suoi predecessori inglesi, scandinavi o olandesi perché ha meno libertà d'azione. Non dispone come loro di una legittimità ereditaria incontestata. Giuridicamente è re per grazia di Franco (legge dell'8 luglio 1947) più che per grazia di Dio, secondo le regole della successione monarchica. Juan Carlos ha superato bene questo handicap iniziale. Innanzitutto mantenendo i rapporti con il padre, legittimo erede della corona secondo la tradizione. Questi ha avuto la saggezza di comprendere che un conflitto familiare avrebbe compromesso per sempre le speranze di restaurazione. Senza abdicare formalmente, egli sostiene l'esperienza del figlio nella misura in cui essa è orientata verso una monarchia liberale. Impegnandosi su questa via, il nuovo re di Spagna non soltanto ha evitato un conflitto di successione, ha pure confermato la sua legittimità nell'opinione pubblica. All'inizio sconosciuto, discusso, preso poco sul serio, Juan Carlos si è dato in qualche mese l'immagine di un uomo che sa dove vuole arrivare e sembra deciso a seguire il cammino che si è tracciato. Guadagna così poco a poco la fiducia di un'opposizione all'inizio molto diffidente. L'opposizione ammette ogni giorno di più che il riformismo del re può essere la via più sicura e più rapida per instaurare un regime di autentica libertà. La legittimità monarchica appare così un mezzo per sviluppare la legittimità democratica, seguendo lo schema inventato dagli inglesi e applicato poi nell'Europa del Nord. Juan Carlos comincia a diventare il re di tutti gli spagnoli che aiuta ad entrare senza scossoni nel sistema politico dell'Occidente moderno. Ciò lo contrappone sempre più alla terza legittimità, quella del franchismo. In linea di diritto essa rimane la più forte, perché è consacrata dalle istituzioni ufficiali. In pratica non ha più molti consensi nell'opinione pubblica, ma conserva posizioni solide nell'apparato repressivo (esercito e polizia). Tra il franchismo e la legittimità democratica, l'incompatibilità resta assoluta e ciò crea le condizioni per una nuova guerra civile. Tuttavia i franchisti accettano la legittimità monarchica così come comincia ad essere accettata dai democratici; il re si trova in una posizione di mediatore che Io rende arbitro della situazione. Ma è una posizione fragile, perché si basa su un'ambiguitì: la monarchia sostenuta dai fascisti è esattamente l'opposto di quella sostenuta dalla sinistra. I franchisti sperano che Juan Carlos manterrà il franchismo che l'ha fatto re. I democratici sperano che stabilirà la democrazia, la sola che gli potrà mantenere la corona con una monarchia parlamentare. Più si impegnerà in questa seconda strada, più il conflitto con i notabili della dittatura diventerà inevitabile. Per adesso il re di Spagna segue l'esempio di De Gaulle, che scelse Michel Debré come primo ministro. Soltanto un partigiano dell'Algeria francese poteva far accettare gli accordi di Evian ai suoi simili. Probabilmente soltanto un premier falangista può fare accettare ai falangisti una vera libertà per i partiti politici (compreso il partito comunista), elezioni autenticamente democratiche, un regime di tipo occidentale. Ma De Gaulle godeva di assai maggiore prestigio presso i partigiani d'Algeria di quanto Juan Carlos ne abbia presso i franchisti. E soprattutto aveva un maggiore ascendente sull'esercito per costringere i generali all'obbedienza, ciò che gli ha costato molta fatica. C'è riuscito infine con un referendum che ha dimostrato come la maggioranza schiacciante dei francesi sosteneva la politica del capo dello Stato. Ciò è avvenuto con mezzi tutto somma- 10 regolari perché la costituzione lo permetteva, ma il Generale non avrebbe esitato a violarla se fosse stato necessario per permettere alla nazione di esprimersi chiaramente. Ci si può chiedere se un giorno il re di Spagna non sarà costretto a tali estremi. Visibilmente egli tenta di far approvare dalle istituzioni dittatoriali un referendum accettabile anche ai democratici. In questa strategia, la camicia blu di Suarez gioca lo stesso ruolo dell'« estremismo » di Michel Debré. Ma questa strada è particolarmente insidiosa. Per seguirla sino alla fine De Gaulle ha dovuto gettare più volte la sua spada sulla bilancia. Juan Carlos riuscirà ad evitare di fare altrettanto? Tutto in definitiva dipenderà dal peso reale delle giovani generazioni del franchismo, rappresentate dal presidente del consiglio, rispetto alla vecchia guardia che non ha imparato, né dimenticato nulla. L'ideale, evidentemente, sarebbe che un progetto di referendum, elaborato dal re e accettato dall'opposizione, fosse valido anche per i franchisti. Un siffatto accordo fra le tre legittimità della Spagna otterrebbe il massimo dei consensi. Ma sembra difficilmente realizzabile. Se apparisse del tutto impossibile sarebbe giunta l'ora per Juan Carlos di dimenticare chi l'ha fatto re, per servire il suo popolo. Come esitare sulla scelta, tra l'evoluzione verso la democrazia, che è 11 futuro della Spagna, e la fedeltà al franchismo, che rappresenta un passato dal quale il Paese s'allontana sempre di più? La legittimità delle Cortes e delle altre istituzioni della dittatura non è altro più che una forma priva di contenuto, come le conchiglie fossili, testimoni d'una vita scomparsa. Se i franchisti bloccassero un referendum richiesto dall'interesse nazionale, il re avrebbe certamente il potere di deciderne egli stesso la realizzazione, appoggiandosi contemporaneamente sulla legittimità monarchica e sulla natura stessa del referendum che esprime, quando è correttamente applicato, la legittimità democratica. Forse, a questo punto, un vescovo spagnoIo potrebbe aiutare il passaggio del Rubicone parafrasando la parola della Scrittura: lasciare che i morti seppelliscano i morti. Maurice Duverger Copyright di « Le Monde » e per l'Italia de « La Stampa »