Mesina è ancora introvabile la fuga rivendicata dai Nap di Silvana Mazzocchi

Mesina è ancora introvabile la fuga rivendicata dai Nap Febbrile caccia dopo il rinvenimento della "128„ degli evasi Mesina è ancora introvabile la fuga rivendicata dai Nap I "Nuclei armati proletari" lo hanno scritto in un messaggio ai giornali - Gli inquirenti non escludono che il fuorilegge si sia imbarcato a Gallipoli - Probabilmente Graziano e i suoi complici hanno ottenuto aiuti, prima e dopo l'evasione, dalle organizzazioni locali della malavita - Le battute sulla costa Ionica (Dal nostro inviato speciale) Lecce, 23 agosto. Mille uomini contro cinque. Questo impari braccio di ferro, almeno per ora, è stato vinto da Graziano Mesina e dai suoi compagni di fuga tuttora introvabili. Per l'intera mattinata carabinieri e polizia hanno rastrellato palmo a palmo il rettangolo di terra. compreso tra i paesi di Alezio-ParabitaTuglie e Taviano, sul versante jonico pugliese, ma gli evasi sembrano essere scomparsi nel nulla. L'operazione coordinata è iniziata poco dopo l'alba allo scopo di dare la caccia almeno ai due uomini visti ieri dall'agricoltore Luigi De Matteis, nei pressi dell'auto utilizzata nella fuga da Mesina e da altri quattro per allontanarsi dal carcere venerdì scorso. La «128» verde era stata ritrovata ieri dai carabinieri ben coperta di frasche sulla strada di campagna tra Alezio e Tuglie, a pochi chilometri dal porto peschereccio di Gallipoli. «L'auto era lì da due giorni — dicono i carabinieri — lo conferma un contadino che l'aveva notata già venerdì». Si pensa allora che i banditi si siano divisi: Mesina dovrebbe essere insieme con i nappisti Zichitella e Sofia; Maffeo Bellicini con il quinto evaso. Questa ipotesi si basa sulla considerazione che «Grazianeddu» e Martino Zichitella erano diventa^ molto amici nel carcere di Lecce e che i Nap (Nuclei armati proletari) hanno rivendicato ieri notte con un messaggio inviato alla «Gazzetta del Mezzogiorno» di Bari, la responsabilità dell'evasione. La missiva, inviata da Monopoli, è ora al vaglio del dirigente del Nucleo regionale dell'ex Antiterrorismo (ora «S.d.S.», Servizio di sicurezza), dottor Prencipe che ne sta esaminando la credibilità. Tuttavia non è questa la pista ritenuta la più valida dagli investigatori. Al contrario appare sempre più consistente la tesi dell'aiuto esterno fornito da un'organizzazione controllata dalla malavita locale. Oggi sono filtrati anche i nomi dei «boss» rinchiusi nella casa penale di Lecce, senza il cui permesso «in città e nei dintorni non si muove neanche una foglia»: sono Severino Gagliardi e Umberto Monaco. C'è poi, nello stesso carce¬ re, fin dal febbraio scorso, un ex evaso, fidanzato ad una ragazza che abita ad Alezio, cioè nel paese nei pressi del quale i banditi hanno «posteggiato» la loro auto dopo la fuga. La giovane vive con la madre vedova ed è costantemente controllata dai carabinieri locali. Ora il Sostituto Procuratore della Repubblica, Aldo Petrucci, che conduce le indagi¬ ni sull'evasione di venerdì scorso, dovrà indagare su possibili collegamenti telefonici o colloqui intercorsi tra il detenuto leccese e la ragazza di Alezio. Questa mattina il magistrato ha interrogato di nuovo i quattro evasi catturati lo stesso giorno della fuga, ma non è trapelato nulla di nuovo. E' facile immaginare comunque che i detenuti non parlino facilmente date le re- gole di omertà vigenti in tutte le carceri. Del resto non sembra possibile che i banditi, usciti dalla casa penale con una sola pistola e alcuni coltelli, possano essersi divisi senza essere tutti armati e si ritiene quindi che altre armi siano state consegnate dopo la fuga. Nei pressi della «128» verde ritrovata ad Alezio, inoltre, sono stati rinvenuti dai carabinieri alcuni indumenti nuovi: due paia di jeans, camiciole e qualche capo di biancheria. La stessa organizzazione esterna che ha fatto penetrare le armi nel carcere di Lecce, avrebbe quindi garantito il rifugio e la protezione in seguito all'evasione. Mesina sarebbe già riuscito a fuggire per mare? Il generale comandante dei carabinieri della brigata di Bari, Dino Mincarelli, che questa mattina ha diretto i suoi uomini durante il rastrellamento nei pressi di Gallipoli, allarga le braccia: «Vedete la zona — dice indicando i campi sconfinati verso il mare — per setacciarla tutta, come si deve, non basterebbero 20 mila persone». E in effetti questa terra sembra ideale nel fornire nascondigli ai fuggiaschi. Numerose sono le masserie abbandonate, con vecchi frantoi in disuso e gallerie sotterranee. Poi ci sono gli ulivi, le viti, che non permettono alle squadre di avanzare se non attraverso percorsi obbligati, visibili da qualsiasi rifugio. E ancora nelle campagne sono sparsi i «fornaretti», piccole costruzioni di tufo, antichi forni, adesso rifugio di contadini e pastori: il generale Mincarelli esorta i vari gruppi di carabinieri provenienti da Bari, da Napoli che sostano sul ciglio della strada nazionale al termine dell'operazione. Erano stati stabiliti una serie di «collegamenti a vista»; arrivano gli uomini desolati, descrivono l'infinità di potenziali nascondigli naturali e no incontrati durante le ore di rastrellamento. Il generale indica S. Euterio, un paese nei pressi di Parabita, come punto di riferimento per il termine della battuta e qui arrivano le unità cinofile e i 500 uomini dell'Arma che ripartono per le loro sedi intorno alle 13; sette ore di ricerche si sono rivelate infruttuose. Gli elicotteri, intanto, continuano a sorvolare la zona e le motovedette a solcare le acque dello Jonio nell'ipotesi che i banditi navighino vero la Calabria. Informazioni di una certa rilevanza ai fini delle indagini sono state fornite dal proprietario di un negozio di alimentari di Alezio, il signor Giannuzzi, che afferma di aver riconosciuto uno degli evasi (forse Maffeo Bellicini) in un individuo biondiccio che verso le 9 di venerdì sera comprò dei fazzoletti di carta e dell'acqua minerale nel suo negozio. I fazzoletti, in effetti, sono uguali a quelli rinvenuti dai carabinieri sulla «128» verde abbandonata dai banditi. In mattinata un'altra segnalazione è stata fornita agli investigatori sulla presenza di Salvatore Cucinotta, il detenuto catanese evaso insieme con gli altri ma poi rimasto solo. Cucinotta è stato visto stamane a Torchiarolo, frazione nei pressi di Lecce, ai confini con la provincia di Brindisi. Un'altra serie di perquisizioni eseguite in mattinata in seguito ad una «soffiata» nel rione leccese della «chiesa greca», il quartiere della malavita cittadina, è stata infruttuosa. Silvana Mazzocchi Lecce. Il carcere dal quale sono evasi Graziano Mesina e compagni (Telefoto Ansa)