In "M" di Fritz Lang gli incubi prenazisti di Ugo Buzzolan

In "M" di Fritz Lang gli incubi prenazisti In "M" di Fritz Lang gli incubi prenazisti Oggi il celebre film (1951), omaggio al regista scomparso Stasera va in onda M di Fritz Lang e la settimana prossima II grande caldo dello stesso regista. Si deve anzitutto sottolineare l'immediata attualità del breve ciclo e la tempestività dell'iniziativa. Lang è morto il 2 agosto scorso a Los Angeles. A distanza di pochi giorni la tv lo ricorda concretamente con il suo film più celebre del periodo tedesco e con una delle sue più interessanti opere del periodo americano. Per far questo, non si è badato allo schema fisso del cinema, collocato al , a à ' a i a l o . o o a e e lunedi e al mercoledì (o eccezionalmente, per pezzi da «cine-club», al sabato sulla rete 2): e si è infilato M di martedì, sulla rete 2, trovandogli un posto alle 22 e 10 tra i programmi già stabiliti. Questa attualità, questa tempestività vanno molto bene perché, tra l'altro, rientrano nei compiti specifici di una tv che voglia, a fini largamente informativi e divulgativi, agganciare certe operazioni culturali alla cronaca viva. Aggiungiamo, tra parentesi, che l'inserire film con maggiore frequenza di una volta — come da tempo si rileva — avvantaggia la Rai che in ogni caso rinforza le trasmissioni e che può in tal modo controbattere più efficacemente l'insidiosa concorrenza delle altre tv, straniere c «quasi straniere», che offrono cinema tutte le sere. Il nostro i pubblico, sicuramente, non protesta. Abbiamo parlato di ciclo di Lang, ed è un errore. Il ciclo verrà senz'altro, in futuro, quando, con calma, si potranno recuperare Metropolis, Il testamento del dottor Mabuse, lo straordinario Furia, Sono innocente, Anche i boia muoiono, La donna del ritratto, La strada scarlatta ecc. ecc. Questo è semplicemente, a caldo, un primo omaggio alla memoria di un autentico maestro del cinema. Gli spettatori che si metteranno stasera davanti al video non dovranno dimenticare che M ha quarantacinque anni sulla groppa e che probabilmente l'angusto teleschermo non è la sua sede più adatta. Ma l'opera, uscita nel 1931, va conosciuta, ed è fondamentale, come esempio estremo di cinema influenzato dall'espressionismo e come allucinante documento del malessere che sconvolgeva la Germania di quegli anni. Non è che si voglia a tutti i costi cercare nella storia di M (ossia mòrder, assassino) riferimenti al nazismo nascente e dilagante: è la storia di un criminale psicopatico che compie orrendi delitti e che subisce la caccia non solo da parte della polizia, ma anche e soprattutto da parte della malavita organizzata che lo condanna a morte, e in questa vicenda che è tratta dalla realtà (il cosiddetto mostro di Dusseldorf è veramente esistito) non c'è nessuna allusione di carattere politico. Però un film del genere non poteva che nascere dalla disgregazione di uno Stato, dal crollo morale di una società, da una crisi irreversìbile delle coscienze: è un mondo dove organismi ufficiali, e legali, e associazioni di gangsters sono posti sullo stesso piano, in una specie di ossessionante incubo accentuato dalle immagini che il regista di continuo accumula con cupa ed esasperata concentrazione, immagini di strade buie, immerse nella paura della notte, e di misteriosi sotterra nei, e di sinistre facce che paiono maschere tragiche e grottesche. Protagonista è Peter Lorre, che in quello stesso 1931 era stato splendido interprete, in teatro, di Un uomo è un uomo di Brecht, da cui aveva ricevuto grandi lodi: qui è alle prese con il rischioso personaggio di uno psicopatico sessuale ed esprime con intensità, attraverso quella sua faccia gonfia e quei suoi occhi spor¬ genti, l'angoscia di una umanità orrenda, inorridita e degradata. L'altro film che vedremo la prossima settimana è II grande caldo, girato tra il 1953 e il 1954. Sono passati molti anni, Lang si è «americanizzato» e in un certo senso ha aderito ai moduli di Hollywood. Il grande caldo è un poliziesco con Glenn Ford nel ruolo dell'eroe, Lee Marvin in quello del cattivo e una Gloria Graham, dal volto deturpato, nelle vesti della redenta amante del bandito. L'intrigo non è originale, tuttavia c'è un tentativo serio di cogliere storture e corruzioni della vita pubblica americana, e il film, nel suo insieme, è pienamente rispettabile, con Lang che non rinuncia a tirare un paio di zampate da vecchio leone. Ugo Buzzolan

Persone citate: Brecht, Fritz Lang, Furia, Glenn Ford, Gloria Graham, Lee Marvin, Peter Lorre, Sono

Luoghi citati: Germania, Hollywood, Los Angeles