Voci d'un imminente colpo di Stato contro il colonnello di Ferdinando Vegas

Voci d'un imminente colpo di Stato contro il colonnello Voci d'un imminente colpo di Stato contro il colonnello Libia, un paese pieno di contraddizioni espresse dall'imprevedibile Gheddafi E' difficile accertare la verità, ma non è del tutto da escludere che le voci rimbalzate da Washington a Israele, circa un imminente colpo di Stato contro il colonnello Gheddafi, abbiano un qualche fondamento. Esattamente un anno fa di questi giorni, nell'agosto 1975, la notizia, diffusa dal Cairo, di un fallito tentativo per rovesciare Gheddafi risultò confermata, dapprima da fonte ufficiale libica, poi dallo stesso leader in più di un discorso tenuto pubblicamente. Egli accennò, anzi, anche a una precedente cospirazione, sostenendo che l'una e l'altra erano state «motivate da ambizioni personali»; che certamente vi saranno state, ma sole non bastano a spiegare il ripetersi dei progetti o dei tentativi di sovversione. Vi saranno pur dissensi sulla linea politica da seguire, com'è naturale avvenga in un regime «rivoluzionario» che, da una parte, deve curare e insieme controllare il tumultuoso processo di sviluppo della Libia e, dall'altra parte, si prefigge di svolgere un ruolo primario nelle complesse e confuse vicende del mondo arabo. Ne consegue che la Libia è un paese pieno di contraddizioni, come dimostrava con approfondita analisi un ampio servizio, un vero e proprio saggio, apparso sul numero di giugno 1975 di Le Monde diplomatique. E tutte le contraddizioni si raccolgono, sono personificate nel colonnello Gheddafi, l'estroso, ardente e così spesso imprevedibile leader della nuova Libia, sorta con la «rivoluzione» del primo settembre 1969, da lui stesso guidata. E' un profeta, Gheddafi, come ritengono coloro che lo esaltano? Oppure è un «tiranno individualista», come ha detto un suo avversario interno, il capo del fallito complotto dell'anno scorso? O si deve credere ai suoi nemici I esterni, dall'egiziano Sadat al sudanese Nimeiri, che lo qualificano addirittura come un pazzo? Se si considera soltanto la retorica dei discorsi di Gheddafi, si possono forse condividere, secondo i punti di vista, simili giudizi estremisti; sotto la retorica, però, sta una realtà molto diversa e molto più seria, quella di un giovane capo che sente di avere una missione da compiere per il suo popolo e più ancora per l'intero mondo arabo. Quando, nell'aprile del '74, Gheddafi abbandonò tutte le sue funzioni, «politiche, amministrative e tradizionali», passate al primo ministro Jallud per dedicarsi al «lavoro ideologico e organizzativo di massa», è ben possibile che l'abbia fatto non tanto per rivalità interne al gruppo dirigente, quanto veramente per meglio svolgere, alla base, la sua missione. Con tutti gli elementi di esaltazione fanatica propri di uno spirito profondamente religioso, con le ingenuità e l'avventatezza di chi certamente non ha fatto studi di scienza politica, comunque ] Gheddafi si propone degli obiettivi ragionevoli: impiegare le ingenti risorse petrolifere per il benessere dei libici e spingere gli arabi verso quell'unità che non a torto egli considera condizione essenziale per un'effettiva rinascita araba. Ora. mentre sul piano interno sono stati conseguiti cospicui, innegabili successi, sul piano internazionale e interarabo in particolare, le cose sono andate in maniera del tutto opposta. Le federazioni o unioni affi ettatamente proclamate, ora con l'Egitto e il Sudan, ora con la Tunisia, sono rimaste sulla carta, nate morte, procurando un unico risultato, negativo: che Gheddafi considera traditori Sadat, Ni- | meiri e il primo ministro tunisino, Nouira, che hanno fatte fallire i suoi piani. Non paiono quindi infondate le accuse di Nimeiri che il complotto dello scoiso luglio per assassinarlo muovesse dalla Libia; e lo stesso vale per analoghe accuse provenienti dall'Egitto e dalla Tunisia. Gheddafi, in questo modo, ha raggiunto lo scopo opposto a l quello che si proponeva; peggio ancora, seminando disunione e rancore nel campo arabo, ha gravemente danneggiato la causa palestinese di cui è ardente paladino. j Quasi non fosse già sproporzionata alle reali possibilità della Libia l'aspirazione alla leadership del mondo arabo, Gheddafi più di una volta ha esplicitamente promesso aiuto a tutte le minoranze oppresse, dai musulmani delle Filippine al Fronte di Liberazione Eritreo, all' Ira irlandese. Che poi l'aiuto sia stato concretamente erogato e in che misura, oppure no, questo è impossibile saperlo, dato che ovviamente le voci relative sono segrete. Per un verso, dunque, Gheddafi si è procurato nemici in tutto il mondo; per altro verso ha spinto i suoi avversari interni a valutare come pericolosa una politica così freneticamente attivistica e senza alcun risultato tangibile. Unendo insieme questi due motivi, forse si possono spiegare i tentativi di rovesciare Gheddafi. I Ferdinando Vegas