Spacciava cocaina pura a un falso tossicomane di Fabrizio Carbone

Spacciava cocaina pura a un falso tossicomane Spacciava cocaina pura a un falso tossicomane Usa: preso io spietato Berenguer mentre investe soldi di sequestri Iniziata la carriera con le rapine, passò ai rapimenti - "Lavorava" con la banda Bergamelli Coinvolto nella rapina di piazza De' Caprettari, in cui fu ucciso l'agente Marchisella (Dalla redazione romana) Roma, 20 agosto. Jacques René Berenguer, l'imprendibile, il duro, il braccio della banda italo-marsigliese di Albert Bergamelli, è caduto in trappola come un topo, cercando di spacciare a New York cocaina pura (160 milioni di lire) a un falso tossicomane, poliziotto in borghese. La notizia, arrivata a notte fonda in Italia, ha fatto sussultare di gioia il questore di Roma, Ugo Macera, e il capo della squadra mobile, Ferdinando Masone. Berenguer era diventato un incubo: sceso a Roma dal Nord — stando alle indagini della magistratura e della polizia —, si era messo a disposizione di Bergamelli, come killer di punta di una banda che dalle rapine passò poi ai sequestri di persona. Questa mattina, le autorità italiane hanno avuto la conferma ufficiale con un telex dagli Usa. Berenguer è stato identificato senza ombra di dubbi dalle impronte digitali. Al momento della cattura, infatti, era in possesso di un passaporto intestato a Guy Sebane, un marocchino residente in Francia a cui era stai to rubato il documento l'estate scorsa a Ostia. Il capo della mobile Masone ha rivelato ai giornalisti che, una decina di giorni fa, gli agenti della narcotici ame ricana avevano un'informativa: erano sulle tracce di un trafficante che sapevano aver frequentato ambienti della «mala» di Milano e Roma. A Roma arrivò anche una fotografia scattata col teleobiettivo. «Ci parve Berenguer — dicono alla questura — e allora chiedemmo di vedere se avesse per caso un tatuaggio al braccio: una rosa dei venti». Nei giorni scorsi, un altro telex informò la nostra questura che l'uomo aveva un tatuaggio. Com'è possibile che un gangster della fama del marsigliese sia caduto nella trappola dei poliziotti newyorkesi? La risposta di alcuni esperti è precisa: dopo i sequestri di richiesto persona, il metodo seguito dai banditi per il riciclaggio del denaro sporco è quello di acquistare droga per poi rivenderla. Ora il problema più j importante è quello di non la ìsciarsi sfuggire Berenguer. '«Abbiamo chiesto subito al ministero di Grazia e Giustizia — dicono alla mobile di Roma — di inoltrare la pratica dì estradizione. C'è il rischio che Berenguer venga messo in libertà dietro cauzione (700 e passa milioni di lire) e sparisca di nuovo». L'arresto di Jacques René Berenguer è un duro colpo per l'anonima sequestri. Stamani il questore di Roma aveva dichiarato di poter ritenere «sgominata» la banda italo-marsigliese. Nel primo pomeriggio, una delusione è giunta da Lecce, in Puglia. Tra gli undici evasi fuggiti dal penitenziario c'è anche — è stato confermato ufficialmente — Maffeo Bellicini, considerato una «mente» della stessa organizzazione. Il curriculum vitae di Berenguer bandito è impressionante. Nato a Saint-Magrim in Francia da padre tunisino e madre francese, Jacques René compirà quarant'anni il 27 ottobre prossimo. Comincia la carriera delinquenziale a Marsiglia nel giro della prostituzione. A Nizza, durante una sparatoria con la «mala», viene ucciso un poliziotto. Gli indizi portano a Berenguer, che viene arrestato e rinchiuso nel carcere di Verdun: è il primo morto che gli viene attribuito. Il marsigliese evade, passa la frontiera e arriva in Italia. A Genova riprende lo sfruttamento della prostituzione nella zona del porto. Quando viene uccisa una «ragazza di vita» dal suo protettore, le indagini si dirigono su Berenguer. Rintracciato a Venezia, viene arrestato. Si proclama innocente e inscena clamorose manifestazioni di protesta sul tetto di quell'istituto di pena. Viene scarcerato per decorrenza dei termini (infatti non gli era stato fatto il processo). In libertà provvisoria viene mandato al soggiorno obbligato di Montottone, provincia di Ascoli Piceno. Il 4 dicembre del '74 sparisce dal paese dove doveva firmare ogni giorno il registro delle presenze. Approda a Roma all'inizio del '75 e — secondo la polizia — si mette subito agli ordini di Bergamelli (arrestato il 29 marzo scorso a Roma dalla squadra mobile). Il 21 febbraio dell'anno scorso, c'è la rapina in piazza de' Caprettari a poca distanza dal Pantheon, in pieno centro. I ban- diti fuggono sparando: viene ucciso l'agente di polizia Giuseppe Marchisella, di guardia al portone d'ingresso dell'ufficio postale. La guardia muore davanti agli occhi della fidanzata, Clara Calabresi, che si toglie la vita a Barletta una settimana dopo. E' il terzo delitto che viene attribuito al Berenguer, sempre latitante. Pochi giorni dopo la rapina di piazza de' Ca prettari, un pregiudicato di 17 anni, Claudio Tigani, viene trovato morto carbonizzato nella sua auto. Il fatto viene ricollegato alla rapina e per la polizia anche questa volta c'è la mano di Berenguer. Tigani infatti avrebbe noleggiato alla banda le automobili usate per le rapine. Da questo momento, Jac- ques Berenguer diventa la ì «primula rossa». Tutti gli epi sodi più violenti della mala romana gli vengono attribuiti: cinque sequestri di persona: il costruttore Andreuzzi, l'industriale Ortolani, il re del caffè Danesi, la giovane Marina D'Alessio e la farmacista Ziaco. Bottino della banda Bergamelli - Berenguer: quattro miliardi e mezzo in contanti esenti da tasse. Con questa somma a disposizione, una banda può centuplicare il capitale acquistando droga pesante all'origine e spacciandola in Europa e in America. Berenguer fu dato per morto da una voce che circolava negli ambienti della mala romana e che — stando alla polizia, a ragione — era stata messa in giro ad arte per allontanare le ricerche. Fu dato per fuggito all'estero, ma poi sembrò essere ritornato. Secondo le indagini svolte, il Berenguer lasciò l'Italia alcu- ni mesi fa, subito dopo larre sto del suo capo Bergamelli. Pare sia passato dal Nord Africa, poi dal Sud America. Sta di fatto che lo hanno preso a New York, con le mani nel sacco. Alcune considerazioni sull'arresto di Berenguer vanno fatte a mente fredda. Se quest'uomo è responsabile di tutto quanto gli viene contestato, lo deciderà la giustizia. Certo è che il marsigliese era stato arrestato e messo in galera a Venezia. Allora aveva sulla coscienza due delitti. Ma la magistratura non trovò il tempo di processarlo e fu messo in libertà, con la soluzione del domicilio coatto che, sappiamo bene, non serve a nulla. Se fosse stato condannato allora (premesso che fosse colpevole) non avrebbe j pci più potuto nuocere. Fabrizio Carbone i !