Il caso Manzoni è sempre aperto

Il caso Manzoni è sempre aperto Il caso Manzoni è sempre aperto Claudio Varese, « L'originale e il ritratto. Manzoni secondo Manzoni », ed. La Nuova Italia, pag. 210, L. 3.300; « Manzoni. Guida storica e critica », a cura di Lanfranco Caretti, ed. Laterza, pag. 279, L. 2.800; « Manzoni prò e contro », a cura di Giancarlo Vigorelli, Istituto di Propaganda Libraria, 3 voli, di pagg. 762, 987, 996, complessivamente L. 25.000. C'è, nella nostra cultura, ora sotterranea, ora clamorosamente in evidenza, una linea continua di polemiche che ha come punto di riferimento il Manzoni, e che ha motivazioni soltanto in parte letterarie, ma più spesso etiche, politiche, sociali, di comportamento. Per nessun altro autore della nostra letteratura si incontrano prese di posizione così stridentemente contraddittorie e inconciliabili, non soltanto nell'ambito dei giudizi critici sull'opera, ma anche nelle considerazioni sull'uomo, sulle sue idee, sulle sue posizioni. Accade così che la scelta degli « umili » come protagonisti dei Promessi Sposi appaia ora il gesto che rivoluziona e distrugge la tradizione sublime e aristocratica della nostra letteratura (e non soltanto della nostra), ora, invece, un modo di togliere dignità e valore esemplare al discorso letterario, ora la conseguenza di un paternalismo intriso di sufficienza e di senso della superiorità, ora il punto massimo di coscienza sociale raggiunto dalla cultura italiana dell'Ottocento. Oppure accade che la lingua del romanzo sia giudicata artificiosa e astratta, o, al contrario, autenticamente profetica della lingua nazionale unitaria a cui stiamo soltanto ora arrivando; che il cattolicesimo manzoniano appaia conformista e reazionario, o vitalmente originale e molto avanzato nella considerazione delle classi sociali e nell'impegno di rinnovamento della Chiesa; che la storia appaia, nei Promessi Sposi, ora giudicata in una prospettiva radicalmente pessimista e svalutativa, ora rappresentata nella luce di un vagheggiato e promosso progresso civile e politico. Uno dei punti più controversi è anche dato dalla conclusione del romanzo: un lieto fine che mette tutte le cose a posto e pacifica le contraddizioni e i contrasti; oppure una conclusione ironica e problematica, che non cancella affatto il senso di un mondo e di una storia dove regna l'ingiustizia, e dove ogni anche minimo risultato positivo, come è il finale matrimonio dei due promessi, costa alla provvidenza un'enorme fatica. 11 grandissimo merito del nuovo libro manzoniano di Claudio Varese, che si intitola L'originale e il ritratto. Manzoni secondo Manzoni, è di concretare decisamente il concetto di « idillio », in rapporto con le discussioni e le prese di posizioni teoriche e di poetica della contemporanea cultura europea. In essa l'idillio viene indicato come tipico della società moderna, dove la classe media, cioè la borghesia, rappresenta ormai l'unico ambito in cui possa davvero attuarsi la poesia (secondo quanto dichiara Schiller). Il Varese con molta esattezza e in modo convincente dimostra come il Manzoni, se mai, anche attraverso il Fauriel, fu tentato dall'idillio, nei Promessi Sposi, lo respinge e supera rifiutando proprio quell'unione di virtù e fortuna e quella rappresentazione della certezza della felicità che sono tipiche dell'idillio; e, invece, riducendo nettamente io spazio destinato all'idillio (quello di Lucia e di Renzo) e, anzi, ponendone radicalmente in crisi le forme con il confrontarlo subito con gli ostacoli del mondo. Neppure l'ultimo capitolo del romanzo restaura l'idillio, elusivo, problematico, dominato com'è ancora dalla memoria dei guai trascorsi e dal pensiero della fragilità della felicità raggiunta, che essa stessa si incrina ancora, a tratti. Non meno ricchi di approdi documentatamente persuasivi sono gli altri saggi del libro dove ad esempio il Varese esamina il difficile rapporto del Manzoni con la storia da un lato e con la letteratura dall'altro, fino alla dichiarazione conclusiva di irrimediabile iato fra i due modi di affrontare il reale e la rinuncia conseguente alla letteratura. Come anche appare dalle molte e molto equilibrate pagine che il Varese dedica alla critica manzoniana soprattutto a quella che l'opera del Manzoni ha letto con maggiore o minore evidenza in chiave accusatoria o, almeno, polemica, è, questo, un libro «per Manzoni» (anche nel senso della molta e viva luce che getta sui nodi più controversi del problema manzoniano): da leggersi, quindi, accanto alle due recenti raccolte di testimonianze sull'opera wianzoniana, l'una, più sintetica, curata da Lanfranco Caretti e preceduta da un felicissimo «ritratto» critico del Manzoni, l'altra davvero monumentale, a cura di Giancarlo Vigorelli, che, invece, mette al fondo come conclusione il suo lucido e suggestivo discorso sulle ragioni della presenza (celebrata o irrisa o condannata) del Manzoni nella cultura italiana (ma non soltanto italiana) di più di un secolo e mezzo. Manzoni prò e contro è una vera e propria enciclopedia manzoniana, che contiene quasi quattrocento «voci» e te 'de a mettere davanti al lettore itti i conti, davvero tutti, che sono stati fatti con il Manzoni. Non sono mai stati conti tranquilli, come già abbiamo detto: ed è possibile verificarlo fin dai primi interventi, che appaiono addirittura contraddittori fra di loro, fra ammirazione e riserve, quando sono dovuti a uno stesso autore, come si può vedere con il Tommaseo, il Leopardi, Stendhal, il Giordani, il Cattaneo. L'opera manzoniana si pone davvero come segno di contraddizione che non accenna a saldarsi neppure con lo scorrere degli anni, fra gli anatemi degli scapigliati (Praga, Tarchetti, Arrigo Boito, ma con la significativa eccezione del Dossi) e del Carducci, e le celebrazioni del Nievo, del De Sanctis, del Rovani, del De Marchi e anche del Verga; fra le contestazioni ideologiche di Gramsci e di Moravia o quelle letterarie di Saba, di Vittorini, di Priestley, di Santucci, di Dessi, e la riconoscenza 0 l'ammirazione di Hofmannsthal, di Pirandello, di Bacchelli, di Gadda, di Bremond, di Bassani, di Ford Madox Ford e di tanti altri. E non parliamo dei critici, fra 1 quali, tuttavia, il giudizio, con il trascorrere del tempo e soprattutto oggi, appare, pur con differenze notevoli quanto a metodo e impostazione, molto meno problematico e soggetto ad alternanze di fondo, essendo presso che unanime il riconoscimento, se non d'altro, della centralità dell'opera manzoniana nella vicenda della letteratura e della cultura italiana ed europea del secolo scorso. G. Bàrberi Squarotti

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