L'uomo e il "caso" di Luigi Firpo

L'uomo e il "caso"LA RIVOLUZIONE DI JACQUES MONOD L'uomo e il "caso" Jacques Monod è morto a Cannes, il 31 maggio scorso, a soli 66 anni; nel '65 era stato insignito del premio Nobel per i suoi studi di biologia cellulare e dal 71 dirigeva a Parigi il prestigioso Istituto Pasteur. Il suo nome non sarebbe uscito dalle cronache austere della ricerca scientifica senza la risonanza mondiale di un suo piccolo libro, che anche in Italia è stato venduto a decine di migliaia di copie: Il caso e la necessità, apparso nel 1970 col sottotitolo inusitato di « saggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea ». Sono poco più di 150 pagine (illuminate di francese ciarle, ma vergate con l'asciutta brevità che caratterizza la saggistica anglosassone), che si propongono un fine duplice e arduo: da un lato, illustrare i progressi strepitosi della microbiologia negli ultimi decenni, lungo quella tra le frontiere del conoscere scientifico su cui sono stati realizzati i successi forse più entusiasmanti; dall'altro, riproporre una visione dell'uomo nel cosmo che di questi accertamenti faccia intero conto, visto che l'uomo stesso è il prodotto più complesso dell'intera biosfera e rappresenta il momento in cui la « vita » raggiunge un cosi alto grado evolutivo, che le consente di ripiegarsi a scrutare e definire se stessa. Libro sintetico dunque, e arduo da assimilare per il profano, cui troppe carenze d'informazione, troppe cadute di memoria, vuoi nel campo fisico-chimico, vuoi in quello matematico-statistico, rendono ostiche talune pagine, gratuiti certi passaggi, inesplorabili le tecniche affascinanti che hanno consentito di ricostruire con tanta precisione la finissima, complicatissima, eppur lineare, « ingegneria della vita ». Su questo libro, che dubbi oscuri e insoddisfazioni pungenti mi aveva lasciato a suo tempo in prima lettura, mi è parso doveroso tornare — oggi che Monod se n'è andato — per rivisitare un luogo della mente con animo reso partecipe da una scomparsa precoce, che ripropone, proprio nella figura di un « esploratore della vita », quel senso di brevità sconfortante, di fragilità caduca, di troppo alto prezzo della fatica del vivere, che sempre ci coglie quando vediamo qualcuno dei migliori cadere prematuramente vittima della cieca fatalità che sembra svilire ogni umano sforzo. E una rilettura non può che arrestarsi a quello che è il nodo centrale non soltanto del libro di Monod, ma di tutto il pensiero scientifico contemporaneo e, per conseguenza, di ogni visione globale dell'essenza dell'uomo. Descrivendo l'unità biologica fondamentale, la cellula, Monod giunge convincentemente a definirla una macchina, una prodigiosa macchina chimica perfettamente autosufficiente (in determinate condizioni ambientali) e capace di riprodursi indefinitamente senza la minima variazione, così come in effetti si conoscono sulla Terra specie immutate da centinaia di milioni di anni. In altri termini, l'organismo vivente è totalmente chiuso a qualsiasi « informazione » esterna capace di modificarlo e l'invarianza è un suo carattere costitutivo. ★ ★ Tuttavia la realtà che abbiamo sotto gli occhi, la prodigiosa varietà delle forme viventi, il dinamismo dell'evoluzione, che ha dato vita alle specie più complesse e differenziate partendo da unità elementari, attesta esattamente il contrario e non si spiega se non con una unica ipotesi e cioè come perturbazione del meccanismo cellulare, come un granello di polvere che inceppa il cronometro, come un « errore ». Ciò significa che non l'ordine immutabile, ma il disordine occasionale, l'intoppo imprevisto, è alla base dell'evoluzione, cioè « soltanto il caso è all'origine di ogni novità... il caso puro... libertà assoluta ma cieca », unica risposta concepibile per spiegare l'immensa varietà delle creature viventi. Poiché questa è la sola soluzione possibile, malgrado la nostra orgogliosa renitenza ad accettare di essere un prodotto del caso, e malgrado la repulsione che esseri abituati a proporsi fini e ad operare razionalmente per conseguirli provano visceralmente verso ogni forma di cieco meccanicismo, queste sono le conclusioni — indubbiamente sconvolgenti — cui la biologia approda. Tutte le antiche e confortanti ideologie vengono co¬ sì accantonate: da quelle animistiche delle varie « forme » spirituali calate a plasmare la materia inerte, fino a * quelle vitalistiche, che nella stessa materia presuppongono impulsi finalizzati e si esauriscono in retoriche declamazioni (come nel caso della dialettica della natura di Engels). Restano, da un lato, la macchina perpetua, dall'altro il guasto inopinato, la « mutazione » casuale che innumerevoli volte deteriora, indebolisce, disadatta ciascun essere | vivente e la sua discendenza (la morte, la singola morte individuale, non è che la somma di innumerevoli e infinitesimi guasti cellulari), ma qualche volta invece Io diver-, sifica positivamente, lo rende' più idoneo a lottare con l'ambiente e a sopravvivere: come se un fulmine, inopinatamente, smerigliasse le valvole di un motore o un sasso scagliato da un bambino abbellisse il profilo di una statua. ★ * Forse mai come su questo punto si è potuto assistere in passato ad una più radicale divaricazione fra senso comune e ragione scientifica, fra indagine della natura e valori etico-religiosi. Né da questa strettoia si esce, se non per entrare in un'altra, anche più angosciosa, cui porta l'analisi di ciò che siamo soliti chiamare il « caso ». Occorre distinguere infatti — dice Monod — il caso apparente o meramente « operativo », cioè una serie di situazioni in cui si applica il calcolo delle probabilità per stabilire le frequenze di fenomeni che, presi uno per uno, non sono affatto casuali. Basti pensare alla classe ben nota dei giochi d'azzardo, basati sul principio delle probabilità equipollenti. Ma se si esamina da vicino anche uno dei più semplici fra questi giochi, per esempio quello della moneta lanciata a testa e croce, sarà facile constatare che l'esito di ogni singolo lancio dipende dallo stato di attenzione del lanciatore cdai residui di acido lattico nel-1 la muscolatura del suo brac-1ciò, dalle tracce vischiose aderenti ai suoi polpastrelli, dalle acque che levigarono per miliardi di anni in quella data forma il ciottolo su cui la moneta rimbalzerà, dal centro di gravità del dischetto metal- lico, dalle sue ammaccature I impercettibili: in una parola, da una miriade di fattori as- \ solutamente incomputabili con i mezzi ordinari a disposizione, ma non per questo meno rigorosamente deterministici. Nel momento in cui il biscazziere fa schizzare la pallina della roulette e pronuncia il rituale « Rien ne va I plus », un calcolatore smisurato potrebbe in teoria valutare velocità relative, curvature, incidenze e rimbalzi, fino a predire con assoluta sicurezza in quale casella essa finirà per adagiarsi. Qui si tratta dunque di « caso » in relazione ai nostri mezzi conoscitivi, cioè di evento determinato da una cosi complessa e variabile serie di fattori da non essere prevedibile se non in termini di frequenza. Tutte le previsioni sociali sui comportamenti di massa, dai sondaggi politici a quelli commerciali, si fondano su questo principio, che surroga la conoscenza analitica (impossibile) con quella statistica. Diverso è invece, sostiene Monod, il « caso » delle coincidenze assolute, che si verificano quando due sequenze causali totalmente indipendenti si vengono a intersecare: l'esempio del medico Dupont, che va a visitare un nuovo ammalato e viene ucciso dal martello sfuggito allo stagnino Dubois, che sta riparando una grondaia, dovrebbe rappresentare questa casualità « essenziale », realmente fortuita, riducibile nell'esempio citato al concetto corrente di « cattiva sorte ». Invece — e qui sta il nodo del problema — si tratta di un evento perfettamente analogo a quello della moneta gettata in aria, anche se caratterizzato (ma solo in apparenza) da un grado ben maggiore di implicazioni e interferenze. Se è vero che a far trovare il medico là, in quell'istante preciso, concorrono tutta quanta la sua vita passata e la sua intera ascendenza biologica, se è vero che ciò vale anche per la sventatezza del lattoniere, lo stesso discorso involge senza residui il modo in cui il lanciatore di moneta getta il suo dischetto nell'aria. Solo se analizzo come unità separate e indipendenti il « sistema Dupont » ed il « sistema Dubois » il loro interferire assume aspetto casuale; ma in un sistema di ordine superiore (ad es. il « sistema Parigi ») là ferrea 1 catena delle cause torna a sal" 1darsi inesorabilmente, ★ ★ E' certo un caso che, affacciandomi alla finestra sotto un cielo nuvoloso, la prima goccia di pioggia — quella goccia, quelle molecole di acqua — mi cada sulla fron- I te;- ma un cas0 nel senso della imprevedibilità (perché \ quella goccia? perché lì? per- I che allora?), non in quello della rottura dell'ordine cosmico, della gratuità (verrebbe da scrivere della « libertà ») di un evento, che soggiace inve-1 ce con tutta evidenza ad una catena di cause fisiche precise e ineluttabili. Il caso così si annulla e si I riafferma intero il dominio della necessità. Non è dunque per questa via che si supera il principio di ragion sufficiente e si restaura il caos cieco e inspiegabile degli Epicurei. All'interno di un universo deterministico, non si esce dalla visione rigorosa di Laplace, nella quale il caso non esiste, Dio è un'ipotesi non necessaria e la libertà umana un'illusione. Oppure se ne esce, ma per altri varchi, mettendo in forse lo stesso concetto di causa: fra pochi mesi cadrà il rinnyantenario di quel numero 43 della « Zeitschrift tur Physik » in cui un fisico tedesco ventiseienne enunciava il principio di indeterminazione. Con Heisenberg cominciava davvero una nuova storia (o forse soltanto un nuovo equivoco inquietante). Ma è da questo punto che mi piacerebbe ascoltare qualcuno, più competente di me, che riprendesse il discorso. Luigi Firpo

Luoghi citati: Cannes, Italia, Parigi