I vincitori di Tall al Zaatar "scorporreranno" il Libano di Mimmo Candito

I vincitori di Tall al Zaatar "scorporreranno" il LibanoDopo la strage si parla di una "soluzione politica,, I vincitori di Tall al Zaatar "scorporreranno" il Libano (Dal nostro inviato speciale) Beirut, 14 agosto. Un silenzio incredibile domina Beirut. La caduta di Tali al Zaatar può segnare una svolta nella lunga storia della guerra libanese, ma molti temono una reazione militare del fronte progressista. La città cerca di capire quale sarà il suo futuro; qualche raffica dispersa di mitra- j ghetta; pochi colpi di mor- [ taio riaccendono brevi attimi di fuoco, poi riprende l'attesa. Si ha notizia di movimenti di truppe a sud e sulle montagne. Un nuovo fronte potrebbe esplodere nella zona di Aitura, 30 chilometri a nord-est da qui. Ma il problema è anzitutto politico. Non è ancora certo se ci saranno due Libano, intanto ci sono due Beirut: con la conquista di Tali al Zaatar, i cristiani conservatori controllano ora completamente Beirut-est; quanto ai quartieri occidentali della città, erano da tempo sotto controllo palestinese e jumblattiano. Le truppe della Lega araba, che dovevano schierarsi tra i due campi, stanno ancora nei loro alloggiamenti dell'aeroporto; assolutamente inutili per due mesi, potrebbero ricevere adesso l'autorizzazione dei falangisti a fare la loro bella figura sulla linea di demarcazione. La vittoria militare dell'altro ieri ha segnato, per le forze della destra libanese, anche la conquista dell'iniziativa politica: consumata la celebrazione del trionfo (è stato cancellato anche il nome di Tali al Zaatar, si chiama ora Collina Huani, nome del capo militare della Falange che vi era morto un mese fa) si è subito passati alle proposte dirette a solidificare i risultati del successo. Gemayei afferma che l'amministrazione del nuovo Libano dovrà essere molto decentrata. Frangie prepara la convocazione d'un nuovo consiglio dei ministri, il pro-siriano Suleiman al Ali sostituisce Ararne alla guida del governo. Quanti temono la spartizione del Paese trovano, in questi tre atti, elementi assai concreti di conferma. Il progetto non è tuttavia alla fase di attuazione. La Siria — ormai elemento risolutivo di questa lunga crisi — deve affrontare le reazioni interne della sua politica libanese: a Damasco ci sono stati gravi incidenti alla notizia della caduta di Tali al Zaatar, il blocco della frontiera non consente di controllare le voci degli attentati e di decine di morti nelle manifestazioni di protesta per l'intervento militare a fianco dei falangisti. Il generale Assad è costretto a muoversi con cautela, i continui attacchi del Cairo e di Bagdad — che lo accusano di aver tradito la causa palestinese — trovano ascoltatori sensibili nel milieu politico siriano. Arafat, il grande sconfitto di Tali al Zaatar tenta di recuperare l'iniziativa: invia telegrammi a tutti i capi di Stato arabi, li chiama alla convocazione urgente di un nuovo vertice. Ma fino al 25 c'è la conferenza dei non - allineati a Colombo, e i presidenti del Medio Oriente non hanno alcuna intenzione di rinunciare al loro viaggio nell'altro continente. Si è piuttosto scettici a ritenere esaurita in un telegramma la reazione dei palestinesi al «giovedì nero» di Beirut. Il trauma è stato violento, sono tornati i ricordi del settembre di Amman: il popolo palestinese avverte oggi intera la sua solitudine, c'è il rischio di una radicalizzazione della lotta. Sul piano militare Tali al Zaatar è stato un grave errore. La posizione era indifendibile, soprattutto per la presenza di migliaia di donne e bambini, ma Arafat sperava di riuscire a conclude¬ re un compromesso politico: l'accordo del 29 luglio tra siriani e fedayn prevedeva l'immediato avvio di una discussione a tre con la destra libanese, la trattativa avrebbe bloccato ogni iniziativa bellica dei falangisti. Damasco, invece, ha fatto di tutto per ritardare questo incontro tripartito, e le milizie cristiane hanno avuto tutto il tempo necessario per chiudere la partita. Molti palestinesi, e così l'Egitto e l'Irak, dicono che Assad è stato complice di Gemayel: è difficile stabilire fino a qual limite si spinga il realismo politico del presidente Assad; certamente dà rilievo ai sospetti la presenza del colonnello Al Madani (consigliere militare di Hafez al Assad) nella zona cristiana di Beirut il giorno del massacro di Tali al Zaatar. La sinistra libanese chiama i suoi sostenitori ad armarsi e preparare la rivoluzione; ma in questo momento (ed è una delle vittorie politiche dei falangisti, forse la più importante) Jumblat e Khatib hanno una posizione molto emarginata: la guerra libanese, politica, economica, confessionale, ha finito per apparire invece come una guerra nazionale contro i palestinesi, una guerra di liberazione contro un invasore più o meno straniero. Chiuso in un angolo, Arafat mostra grandi difficoltà d'iniziativa politica. Il rischio è la scelta d'una risposta militare per coprire questa incapacità. Nessuna illusione è possibile. I sequestri di persona e le esecuzioni sommarie di cristiani iniziatisi ieri a Beirutovest come reazione a Tali al Zaatar sono stati bloccati su¬ bito da Jumblat e Arafat. Ma c'è una tensione terribile, e le strade sono più che mai deserte. A est, i falangisti avevano sequestrato stasera una cinquantina di profughi di Tali al Zaatar, molti erano bambini: minacciavano d'ucciderli, hanno ceduto soltanto dopo molte ore. La catena delle stragi non è ancora troncata. Mimmo Candito