I delitti, le rapine e i miliardi nel mondo delle bische volanti di Marzio Fabbri

I delitti, le rapine e i miliardi nel mondo delle bische volanti Gioco d'azzardo a Milano, una piaga insopprimibile I delitti, le rapine e i miliardi nel mondo delle bische volanti Guerra di bande per il controllo delle zone - Le principali bische fanno capo a uno dei maggiori boss della mala milanese - Anche in questo settore la polizia è impotente (Nostro servizio particolare) Milano, 12 agosto. Settore secondario del gioco d'azzardo, ma molto redditizio e proprio per questo al centro di una recente guerra di bande, è quello delle bische volanti. In diverse zone della città a ora differente capita di vedere capannelli di persone che per ore e ore vanno avanti a giocare a dadi. La bisca più famosa è quella dell'Aréna. Per tutta la notte su un circolo tracciato a terra con la vernice bianca rotolano i dadi e si puntano milioni. Questa attività per le grosse organizzazioni di malviventi non è solo fonte di guadagno diretto, ma serve anche per tenere legati i «fedelissimi» cui queste bische vengono date in gestione. E' chiaro che questi punti della città costituiscono un punto di incontro di delinquenti. Poche settimane fa i clienti della bisca dell'Arena sono stati rapinati. Un giocatore della bisca della «Trecca», dietro il mercato ortofrutticolo, è stato ucciso a colpi di pistola. Intorno ai dadi fiorisce tutto un genere di attività secondaria. C'è un addetto ai servizi, procura ai giocatori bibite fresche d'estate e bevande calde d'inverno; panini, noleggia sgabelli per giocare più comodamente. Se è il caso procura anche la ragazza con cui spendere magari la somma che si è appena vinta. Vende armi. Attualmente le bische principali in funzione, oltre alle due già citate, sono quella del Giambellino, un quartiere a Sud, quella di via Palmanova (a Nord), della Stazione Garibaldi, della Stazione Centrale e quella dei tassisti. Quest'ultima è la più curiosa. «Apre» alle tre di notte e va avanti fino all'alba. La gestisce un tassista ed è frequentata soprattutto dai suoi colleghi. Tra l'altro, oltre a essere una delle più tranquille, è anche quella dove il gioco è meno alto. Le più grosse bische volanti fanno capo a uno dei maggiori boss della mala milanese del dopoguerra: Francesco Turatello, detto «Francis, faccia d'angelo». Ha 32 anni, esordi nel mondo della malavita a 15 anni, in compagnia di altri teppisti; picchiò a sangue un cittadino che aveva ironizzato sulla sua tenuta da «teddy boy». Due anni più tardi partecipò all'attacco contro una salumeria di via Teodosio, il cui titolare era sospettato di avere fatto una «spiata» alla Guardia di Finanza. A vent'anni, negli ambienti della «mala» era già qualcuno; dal gangster americano Nelson ereditò il soprannome di «faccia d'angelo». Collezionò arresti per furto, detenzione di armi e reati minori. L'8 agosto 1966 a Bruxelles partecipò a una rapina contro una banca del centro, fu catturato dopo uno scontro a fuoco. «E sì — ha commentato nel corso di un'intervista concessa dalla clandestinità — che quella rapina lì l'ho proprio fatta». Sua inseI parabile compagna d'avventu' ra e amica del cuore è la ballerina Emilia Luciana Zennari, detta Lia. Per l'assalto del '71 alla Stefer di Roma (150 milioni) è stato incriminato un'altra volta. Malgrado parecchi ordini di cattura, anche per omicidio, è sempre libero e dirige buona parte delle attività criminose in città. Una "patente" Il suo «controllo» è stato messo in pericolo dall'arrivo sulla piazza del clan degli slavi. Per presentarsi alla «mala» locale hanno rapinato un ristorante e ucciso il proprietario che tentava di reagire. Hanno ottenuto quasi subito una «patente» di «duri» e sono stati accettati. All'inizio hanno fatto i manovali, rapi¬ ne ordinate dai boss, regolamenti di conti, avevano l'autorizzazione a lavorare in proprio, ma dovevano pagare tangenti. Di recente, hanno preferito alzare la testa e cercare di diventare «clan» indipendente. Lo hanno dimostrato il 23 luglio assalendo una bisca in piazza Cartagine. In pieno pomeriggio, prima delle 16, sono arrivati. Scesi dalle auto hanno sparato subito. Ma anche la difesa è stata immediata. Uno slavo è rimasto a terra senza vita, un guardaspalle dei «gestori», i fratelli Pais, è andato all'ospedale. Nel mondo delle bische volanti, oltre a questi che vengono considerati «episodi», la vita è abbastanza tranquilla. Innanzitutto il gioco è assolutamente regolare. I dadi «garoccati», e cioè truccati con una pallina di piombo all'interno che favorisce certi numeri, sono banditi. Tempo fa ne venivano usati di trasparenti che venivano in aereo da Las Vegas: 70 mila lire il paio. Assicurano gli habitués che è possibile vincere anche forti somme e andarsene in tutta tranquillità senza che magari il pregiudicato che partecipava al gioco si sogni neppure di rapinare «un compagno di dadi». Certo bisogna stare attenti a non commettere «errori», come per esempio quello di cercar di spacciare banconote false o assegni a vuoto. Con le prime c'è qualche indulgenza. Chi se ne accorge va vicino allo spacciatore e con un sorriso gli chiede se forse non si è sbagliato. Se però accade una seconda volta si passa alle pistole. Sull'assegno sco perto, detto «cabriolet», vengono concesse anche dìlazio ni. Poi la punizione: sempre la stessa. Anche queste bische sono frequentate, in parte, da non delinquenti, gente definita «regolare», naturalmente gli altri, i «balordi», sono la maggioranza. Una sera un protettore cui il gioco andava particolarmente male ha chiamato la sua «ragazza» e l'ha mandata a casa a prendere qualche spicciolo: è tornata con venti milioni in biglietti da cento. Per alcuni una sera andata particolarmente male può essere la spinta, la mattina presto, per fare una rapina. Una volta, raccontano, due ragazzi hanno rapinato un ufficio postale di viale Monza, poi, di corsa, sono andati nella bisca di via Palmanova e mentre la polizia faceva delle battute per rintracciarli, hanno perso in mezz'ora tutto il bottino. Quindi, altra rapina e via. Tutto inutile Anche contro questo tipo di bische la polizia può fare poco. L'ultima volta, poco tempo fa, sono state fermate 160 persone. C'è voluto dalle 23 alle nove del mattino per appurare che non c'erano ricercati. Per gli altri la solita denuncia a piede libero. Il processo si farà, forse fra qualche anno, e si risolverà con una condanna a 200 mila lire complessive per magari venti denunce. La sera dopo, allo stesso posto, il gioco era ripreso. Unica vera arma contro le case da gioco, spiega la polizia, sono le denunce anonime, sempre precise e veritiere, fatte da concorrenti che vogliono rubare la clientela. E' quindi ovvio però che per una che chiude ce n'è almeno un'altra che fa ottimi affari. Quanto denaro muove dunque il gioco? «E' impossibile fare un conto, mancano troppi dati», dice il funzionario responsabile dell'apposita sezione della questura dottor Giordano. Si calcola comunque che solo le bische volanti, le uniche di cui si possa fare una stima credibile, vedono un movimento di oltre 10 miliardi l'anno. Marzio Fabbri

Persone citate: Emilia Luciana Zennari, Francesco Turatello, Pais, Stazione Garibaldi, Trecca

Luoghi citati: Bruxelles, Las Vegas, Milano, Roma