Da 7 anni l'ondata di violenze insanguina l'Irlanda del Nord di Franco Mimmi
Da 7 anni l'ondata di violenze insanguina l'Irlanda del Nord Da 7 anni l'ondata di violenze insanguina l'Irlanda del Nord (Nostro servizio particolare) Londra, 11 agosto. Domani sono sette anni. 7 anni da quando la violenza iniziò uno dei suoi tanti ricorsi cui l'Irlanda è da secoli abituata (cento anni fa, nel 1868, divenuto primo ministro, Gladstone dichiarò: «La mia missione è pacificare l'Irlanda»). Domani è l'anniversario della manifestazione durante la quale, nel 1969, scoppiarono a Londonderry i disordini che hanno riaperto il ciclo, e l'anniversario sarà probabilmente occasione di nuovi, forse più gravi episodi. In questi sette anni, in pratica nulla è cambiato: le stanche iniziative del governo britannico non hanno prodotto alcuna vera evoluzione nella situazione della provincia. Gli unici cambiamenti sono stati quelli via via verificatisi nei metodi seguiti dai terroristi dell'Ira (l'esercito repubblicano clandestino dei cattolici) e de'l'Uda (l'associazione dei protestanti). Di volta in volta, bersagli dei mitra e delle bombe sono stati i soldati inglesi, i poliziotti, i cittadini qualsiasi, i sospetti di connivenza. Ora tocca di nuovo ai 14 mila militari britannici che se ne stanno lontano da casa a considerare tristemente la loro impotenza. Cercar di comprendere lo spirito che anima la guerra irlandese significa tuffarsi nell'irrazionale. Ciò che muove gli uomini dell'Ira è più un sentimento che una teoria: l'indipendenza da Londra, la riunione alla repubblica irlandese: un sentimento mai sopito da quando il trattato di Eamon De Valera e di David Lloyd George, nel 1931, riconobbe l'autonomia delle sei province settentrionali sotto la sovranità del governo di Londra, creando uno Stato in cui la maggioranza protestante non poteva non prevalere e finire col discriminare la minoranza cattolica. Ma è proprio l'irrazionalità della situazione che non consente soluzioni. Il governo inglese sa che se non avverrà un cambiamento, spari e bombe dei cattolici continueranno a fare vittime. Ma sa anche che se avvenisse la riunificazione del Nord con il Sud, a cambiare sarebbero solamente gli autori delle stragi, verrebbe la volta dei protestanti di sparare e tendere agguati. E non è neppure vero che le braccia del governo di Dublino siano aperte alle province settentrionali. Esistono problemi che la Repubblica irlandese non è pronta ad affrontare: c'è la situazione economica dell'Ulster che in questi sette anni si è fatta drammatica, vi sarebbero le disparità sociali derivanti dalla riunificazione. E c'è anche il pericolo che i protestanti non accettino la decisione, che assumano il potere con un colpo di mano. Questo potrebbe portare solo a due soluzioni: l'esodo al Sud di tutti i cattolici non disposti a continuare una guerriglia disperata, o la definitiva sottomissione, il soggiacere cioè alle violenze dei protestanti. E Dublino, che non potrebbe rimanere inerte, sa di non avere la forza militare necessaria a por fine con la forza a un simile stato di cose. Londra è conscia anche di ciò, come del fatto che ritirare l'esercito sarebbe un tradimento nei confronti della maggioranza protestante e al tempo stesso il segnale di via libera alla guerra civile. Franco Mimmi
Persone citate: David Lloyd George, Eamon De Valera, Gladstone
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