Parla coi defunti per conto terzi di Liliana Madeo

Parla coi defunti per conto terzi Parla coi defunti per conto terzi La psicanalista dei più poveri In Calabria una donna ha il potere di mettersi in contatto medianico con i morti (tutti i giorni, escluso il venerdì) - E risponde alle domande su amore, interessi, salute ed affari (Dal nostro inviato speciale) Vibo Valentia, 9 agosto. La casa, piccola e bassa, dall'aspetto decoroso, è al centro del paese: Paravati, nel vibonese, circa duemila abitanti prevalentemente dediti all'agricoltura. Sull'uscio, un cartello scritto a mano: «Chiuso dal 26 luglio al 9 agosto». Qui abita Natuzza Evolo, definita «la radio dell'aldilà», una donna la cui specialità consiste nella comunicazione con i defunti, tutti i giorni a certe ore, escluso il venerdì. Una bimba dagli occhi nerissimi e l'aria assai svelta ci viene incontro sul marciapiede e annunzia: «La nonna è malata. E' andata in ospedale». Le vicine, raggruppate sulla soglia di una casa e intente a cucire, le fanno eco aggiungendo che Natuzza è partita per qualche giorno, per riposarsi. Poi, sulla strada, arriva una delle figlie di Natuzza, reggendo in collo un piccino. Non sa dire bugie. Dietro la promessa di una visita breve, per rivolgere alla madre soltanto un saluto, ci fa entrare. C'è un'anticamera, con qualche sedia e un Barnbin Gesù sulla paglia, in una specie di teca. Una gran tenda rossa. Dietro, una specie di cappella con altare, fiori e lumi, una statua della Madonna, alcune file di sedili, silenzio, una grande semplicità. La fama di Natuzza è var.ta. Arrivano pullman da ogni parte d'Italia. D'estate anche due-tre in un giorno. Vengono gruppi dì parrocchiani, accompagnati da suore e da esponenti del basso clero. Alcuni ritornano per conto proprio, nella speranza che Natuzza nel frattempo abbia parlato con un proprio congiunto: «Ma se questi non viene, io non posso farci niente: mica posso disturbare le anime dei morti!», lei dichiara con semplicità. Ufficialmente le alte gerarchie ecclesiastiche la ignorano. Ci sono libri che raccontano la sua storia collocandola nel quadro della religiosità popolare, e perizie mediche che documentano i fenomeni in lei riscontrati, studi di cultori di parapsichica, documentazioni sui suoi stati letargici, le essudorazioni ematiche, ì momenti di telecinesi. Formalmente il suo «caso» nacque il 29 giugno 1939, quando aveva 15 anni: quel giorno Natuzza riceveva la Cresima dal vescovo di Miteto nella sua cappella privata. Avvertì un brivido e sentì scorrere per la schiena «come un verme», «qualcosa di freddo e di bagnato». Sulla camicia s'era disegnata una grande croce di sangue. L'indumento, con una relazione dell'arciprete della cattedrale di Mileto, monsignor Francesco Pititto, fu inviato a Padre Gemelli. Questi comunicò al vescovo che «si trattava di un non raro caso di isterismo». Era l'inizio, per Natuzza, di un'esistenza che si snoderà tutta all'insegna dello straordinario e del dolore (fu rinchiusa per due mesi nel manicomio di Reggio Calabria, le fu rifiutato l'ingresso in convento quando espresse il desiderio di prendere i voti, ogni anno vive con il corpo piagato i giorni della Passione di Cristo). Il contatto con il sacro, l'accesso al confine fra il quotidiano e l'insolito, fra la vita e la morte, fra la realtà di questa terra e la realtà di un altro ordine, avevano anche un altro significato per lei, praticamente figlia di nessuno e andata a servizio quando aveva appena otto anni, due volte emarginata in quanto donna e in quanto di umilissime orìgini: era la conquista del diritto a esistere, la possibilità di conquistare uno spazio altrimenti negato per esprimere in qualche maniera la propria individualità. Nella piccola cappella Natuzza è seduta con le mani raccolte in grembo. E' una donna sui cìnquant'anni, bruna, con occhi neri e fondi. Parla in dialetto, usando le parole con proprietà. «Sono stanca, tanto stanca», si scusa. E' la tensione per questi dialoghi con i morti? Sono queste presenze che le affollano la mente, anche quando è sola o dorme? «No — replica — io parlo con i morti quan do vengono. E mi danno i loro messaggi. Non mi costa nessuna fatica. E' più logorante per me ascoltare la gente. Ognuno viene qui con un problema. Sento sempre discorsi dolorosi. Mai uno che venga a raccontarmi una gioia». Che tipo di problemi i suoi visitatori vengono a porle? «Co la salute, lo smarrimento davanti a una malattia e una decisione da prendere. Poi la crisi degli affetti, la solitudine, il desiderio di amore». E lei che può dirgli? «Io sono un tramite, lo strumento di cui Dio ha voluto disporre perché le anime dei morti possano essere vicine ai loro cari, e perché le sofferenze della terra siano alleviate». Lei sì accorge quando qualcuno viene qui per semplice curiosità, e magari non crede né imeln in Dio né nelle sue capacità? «Ma questo non è un problema! Uno può essere credente e essere cattivo. Le anime belle possono trovarsi anche nei non credenti, ansi». Pv.t aiutare tutti? «No. A volte certe anime non le vedo, o non le riconosco. Allora non posso inventarmi le risposte da dare, tanto per far contento chi è venuto fin qui!». Racconta un episodio. Una ragazza frequentava un giovane, lo aveva anche presentato ai suoi. Ma lui non parlava di matrimonio. Per quale motivo? Poteva la nonna defunta illuminarla? La nonna defunta apparve a Natuzza, presente la ragazza. Le disse « Non è cosa, figlia mia ». Natuzza riferì. La ragazza insistè, chiese spiegazioni. La nonna tagliò corto: « Prendi informazioni ». Il parroco del paese di cui il giovane era nativo mandò notizie rassicuranti sulla moralità del personaggio. La ragazza tornò trionfante. Mostrò la lettera a Natuzza: « Vedete, il vostro angelo custode si è sbagliato! Voi vi siete sbagliata!». Natuzza non incassò. Replicò: « Diciamo che anche la vostra nonna si è sbagliata! ». Chiamata in causa, la nonna riapparve e insistè nel suo consiglio. « Questa volta la ragazza scrisse ai carabinieri — conclude Natuzza. — Essi la informarono che il giovane era sì bravo, ma sposato e con due figli. Allora lei ritornò da me e mi chiese scusa, a me e al mio angelo custode ». Muove quietamente le mani, tutte percorse da cicatrici, segni rossi, ombre di piaghe precedenti. Segue lo sguardo e ammette: «Durante la Passione mi copro di piaghe: alle mani, ai piedi, alla testa e al costato. Allora veramente mi sento male e vorrei essere dispensata da questa predilezio ne del Signore». E' semplice, la curiosità non l'imbarazza. Ma si difende da domande che mirino ad accertare le sue facoltà: se suda ancora sangue, se restano ancora tracce di immagini e di preghiere sui fazzoletti messi a contatto della sua pelle. Fa anche lei domande. Non usa lo spazio concessole dalle sue facoltà come un potere. Si potrebbe paragonare l'incontro a una seduta di psicanalisi, in cui la distanza fra analista e analizzando non esiste e non è istituzionalizzata. Seduta sulla sua sedia di legno, Natuzza fa pensare a una sorta di psicanalista dei poveri. Una psicanalista che ha abbattuto le gerarchie, i ruoli, il sapere come potenza, e non si trincera dietro questi steccati per esaltare il suo professionismo e umiliare chi — soffrendo — va a chiederle aiuto. Liliana Madeo Bella a passeggio Costa Azzurra. Quattro passi in attesa del bagno (Team)

Persone citate: Francesco Pititto, Gesù, Paravati

Luoghi citati: Calabria, Italia, Mileto, Reggio Calabria, Vibo Valentia