Perché hanno perso il senso della vita?

Perché hanno perso il senso della vita? VERSO LA DEMOCRAZIA CON GRADUALITÀ E IMPAZIENZA Grida in piazza a Madrid La lotta politica è uscita dalla clandestinità - Ma né il governo, ancora autoritario, né le opposizioni sono in grado d'affrontare il problema decisivo: una crisi economica assai grave - Senza elezioni non può concludersi un "patto sociale" (Dal nostro inviato speciale) Madrid, agosto. Quale Spagna domani? Una Spagna franchista e senza Franco non è neppure pensabile. Dopo essere state tenute estranee alla politica per quattro decenni, ora le masse colgono Qualsiasi occasione, magari una fiera o la festa del santo patrono, per scendere in piazza e fare politica, cantare cori libertari, agitare bandiere proibite. E' una specie di voluttà, una frenesia, un acre senso di libera uscita, da un capo all'altro della Spagna, nelle città e nei villaggi. E non c'è un De Gaulle che possa dire: « Ragazzi, la ricreazione è finita, tornate in classe ». Il re si suppone sia liberale, il nuovo capo del governo Suarez nel suo discorso programmatico non ha fatto neppu¬ re una volta il nome di Franco e ha promesso più democrazia, l'esercito sta a guardare in un silenzio enigmatico, la polizia spesso si tiene a prudente distanza dalle folle agitate dall'ebrezza della libertà. Oggi quasi tutti dicono che il franchismo è in via di rapida decomposizione, ed è vero. Però va anche detto che. Franco vivo, il franchismo da una decina di anni andava via via perdendo autorità e forza: era un sistema senescente al pari dell'organismo fisico del «Caudillo». Già nel 1967, un anno prima del «maggio francese», gli studenti a Madrid mettevano continuamente a soqquadro l'Università, e Franco si vedeva costretto a chiuderla per lunghi periodi, facendo arrestare centinaia di persone. In seguito la contestazione al sistema si diffuse tra le masse operaie: grazie alle clandestine « comisiones obreras » si organizzarono scioperi, sempre più scioperi, fino a coinvolgere migliaia di lavoratori. Di nuovo arresti, molti arresti, licenziamenti, condanne severissime. Però gli scioperi continuarono lo stesso, anzi divennero dì anno in anno più numerosi. E accanto alle Ccoo (Commissioni operaie) si affermarono altre organizzazioni sindacali, la Ugt (Unione generale dei lavoratori) e la Uso (Unione sindacale operaia). Per una di quelle imprevedibili astuzie della storia, fu il benessere economico ad avviare il declino del franchismo. Per Franco era facile imporre l'obbedienza a una Spagna povera, contadina e patriarcale, chiusa all'Europa. Nel 1955 il reddito a testa degli spagnoli era di 250 dollari l'anno, quello degli italiani quattro volte tanto. Noi allora cominciavamo appena a farci l'utilitaria a rate, la casa di cooperativa, i primi elettrodomestici. E tuttavia gran signori eravamo nel confronto con gli spagnoli. Qualche anno dopo cominciò il « milagro »; ed ebbe uno slancio persino maggiore del nostro « miracolo economico ». Vi contribuirono gli aiuti americani, le rimesse di milioni di emigrati, uno straordinario « boom » turistico e gli investimenti di capitali stranieri attirati dalla stabilità governativa, dal basso costo del lavoro e dalle agevolazioni fiscali. Oggi il reddito medio degli spagnoli si aggira sui 2400 dollari l'anno, quello degli italiani sui 3000 dollari. E pare che la Spagna sia diventata la decima potenza industriale nel mondo. La rapida crescita economica comportava naturalmente radicali cambiamenti nella società spagnola. Una massiccia e continua migrazione interna spopolava le campagne e andava a formare intorno alle città cinture operaie irrequiete e difficilmente controllabili. Gli emigrati all'estero, quando tornavano a casa, descrivevano e indirettamente propagandavano i metodi di lotta dei sindacati e le loro conquiste nella Francia o nella Germania. E le folle dei turisti introducevano modi di vivere più ricchi e disinvolti di quelli prevalenti tra gli spagnoli. In breve, il «milagro» falciava molta erba sotto i piedi di Franco: una Spagna non più contadina, non più povera, non più chiusa all'Europa, in definitiva significava una Spagna non più rassegnata a subire la dittatura. Franco fiutava tra i suoi sudditi le amarezze represse, il serpeggiare di nuove inquietudini, e una volta a Siviglia, nell'aprile 1967, diede questo pubblico avvertimento: « Se col pretesto del confronto delle opinioni ciò che si cerca realmente sono i partiti politici, si sappia che questo non avverrà mai, nella maniera più assoluta ». Rigore inutile Ora, se si vanno a guardare gli annuari economici e giudiziari, si trova un costante parallelismo tra sviluppo economico e aumento delle condanne pronunciate dal Tribunal de orden publico. Quali i reati più frequenti? Organizzazione o partecipazione a scioperi, associazione o propaganda illegale, concorso in manifestazioni non pacifiche. Sono espressioni molto elastiche e che in pratica davano a quei tribunali un potere repressivo illimitato. Tuttavia arresti, condanne e torture servivano sempre meno a circoscrivere il contagio degli scioperi. In prima fila figuravano le categorie meglio pagate e che perciò avevano maggiori margini di resistenza: per esempio, i minatori delle Asturie. Talora a incrociare le braccia erano decine di migliaia di persone e lo facevano per mesi interi. E sempre sotto Franco, già sei 0 sette anni fa, cominciarono gli scioperi politici. A un certo punto gli imprenditori si videro costretti a trascurare nelle trattative 1 sindacati ufficiali, e a intendersi sottobanco con i sindacati clandestini. Era inevitabile. I primi infatti, i sindacati del regime, erano organismi burocratici, per il moda..come erano formati rav$rk\\.ixtavano uno strumento padronale e poliziesco. Viceversa i sindacati nati nella clandestinità erano guidati da uomini ben addestrati alle lotte operaie, sindacalisti che non badavano a sacrifici e a pericoli pur di portare avanti le richieste delle categorie che li avevano eletti. Molti finivano in carcere, ma altri ne prendevano subito il posto. La decomposizione del franchismo era resa evidente anche dall'opposizione di una parte del clero, specie di quello più giovane. All'immagine tradizionale dì un « Cristo Re » ì preti contestatori cercavano di sostituire quella di un « Cristo operaio »: ossia un Gesù che non stava a fianco e a protezione del regime, ma in mezzo al popolo, vicino ai lavoratori, ne condivideva le ansie e le speranze. Coerentemente quei preti si rifiutavano di indossare tuniche o sia pure giacchette nere: Cristo, dicevano, si vestiva come un qualsiasi lavoratore. Esemplare il caso di don Mariano Gamo, parroco nella « cintura rossa » di Madrid. Poiché dal pulpito formulava esplicite e circostanziate accuse contro il regime, più volte era stato percosso da squadre di « guerriglieri dì Cristo Re » anche all'interno della chiesa, persino mentre stava celebrando la Messa. Condannato a tre anni di reclusione per propaganda illegale, gli era stato concesso di scontare la pena in un convento. Don Gamo tuttavia chiese, insistè e infine ottenne dì passare i tre anni in un carcere comune. Svolta nel 73 Intorno al 1973, sotto l'urto della crisi economica mondiale, il « milagro » spagnolo cominciò a impallidire. I Paesi industrializzati non avevano più bisogno di mano d'opera spagnola, anzi ne mandavano indietro contingenti sempre più numerosi, calava il turismo calavano gli investimenti di capitali stranieri, di riflesso aumentava il numero dei disoccupati. L'ottantenne Franco appariva sempre più di rado in pubblico, magro e vacillante, il simbolo visibile di un regime al tramonto e di un Paese malato. Per quieto vivere egli attenuava i rigori sulla stampa, sui sindacati non ufficiali, sulle associazioni politiche, ma non per questo riusciva a tenere a freno un Paese che voleva vivere all'europea, e che nelle sue manifestazioni estreme dava luogo ad attentati terroristici sempre più frequenti e sanguinosi. Un mese prima della sua ultima e mortale malattia, in un soprassalto di collera, il vecchio dittatore reagì a questa Spagna ribelle facendo fucilare cinque giovani a Burgos, a Barcellona e Madrid. Avvenne il 27 settembre l'anno scorso. Il successivo 20 novembre Franco morì. I cronisti annotarono due fatti singolarmente contraddittori. Davanti alla salma del dittatore sfilarono centinaia di migliaia di persone per tre giorni e tre notti ininterrottamente: di certo molti erano i cu¬ riosi, ma molti apparivano sinceramente commossi. Il secondo fatto registrato fu la scomparsa dai negozi delle bottiglie di spumante e di champagne: andarono a ruba, le ultime scorte furono vendute a prezzi incredibili. Oggi i mali del franchismo, che la censura riusciva in parte a nascondere, stanno venendo alla luce tutt'insieme, spietatamente. La diagnosi è dì un Paese molto malato. L'aspetto che più preoccupa è quello economico. La crisi, arrivata qui tre anni fa, in ritardo rispetto ad altri Paesi, continua ad aggravarsi. Un milione i disoccupati, e il loro numero aumenta da un mese all'altro. Nei primi quattro mesi del '76 il costo della vita è aumentato di quasi il 12 per cento, e di questo passo potrebbe arrivare al 30 per cento alla fine dell'anno. La bilancia del commercio con l'estero prevede un passivo per il 1976 di oltre otto miliardi di dollari: nessun Paese al mondo ha un passivo così grande. Gli investimenti produttivi si sono ridotti a quasi niente, e la fuga di capitali all'estero, calcolata in lire italiane, dovrebbe essere sui 200 miliardi il mese. A motivo dei prezzi elevati, la Spagna attira meno turisti e meno valuta dall'estero (nelle Baleari alcuni grandi alberghi vengono chiusi e trasformati in appartamenti residenziali). Le ore di lavoro perdute per scioperi sono sui livelli italiani, e sì diffonde l'assenteismo. Intanto i lavoratori chiedono e ottengono salari sempre più elevati: nel 1975 (l'ultimo di Franco) il costo della vita aumentò del 14 per cento, i salari del 34 per cento. Tra le eredità negative lasciate da Franco la crisi economica è certamente la peggiore. Non è facile convincere la gente a vivere secondo le possibilità del Paese, facendo sacrifici. E come avviene di solito quando si è colpiti dalla nevrosi del benessere materiale, le diverse categorie dei lavoratori si rincorrono per avere aumenti salariali via via maggiori. Come rimediare a una situazione che complica i già difficili problemi della politica? Se sulla diagnosi gli esperti si trovano più o meno d'accordo, sui metodi di cura le opinioni differiscono moltissimo. Per esempio, « los del bunker », quelli del fortilizio franchista, restano arroccati nella convinzione che per risanare l'economia occorrono sistemi autoritari, repressivi: è gente smemorata, e non ricorda che quei sistemi avevano perso ogni efficacia negli ultimi anni dello stesso Franco. All'estremo opposto troviamo chi sogna una rivoluzione con sbocchi maoisti, come se la Spagna e la Cina fossero la stessa cosa. La terza via, la più convincente, è quella indicata dall'opposizione democratica: occorre demolire le strutture del regime franchista, restituire la sovranità al legittimo titolare, il popolo, avviarlo a diventare protagonista del suo destino. Solo così, dicono politici, ed economisti democratici, sarà possibile concordare un patto sociale tra lo Stato, la classe lavoratrice e gli imprenditori. E il primo passo da fare sono le elezioni generali politiche, in modo che possa formarsi un'assemblea costituente, un Parlamento che dia agli spagnoli un assetto costituzionale confacente ai suoi bisogni e alle sue aspirazioni. La proposta appare sensata e senza alternative. Tuttavia non piace, e si capisce, ai vecchi detentori del potere politico ed economico; e sono tuttora molto forti. Complessivamente la situazione è quanto mai ingarbugliata. Diceva Goya che « il sonno della ragione ingenera mostri ». Nel caso della Spagna la ragione fu addormentata per 40 anni, e ora i mostri spuntano dappertutto, impetuosamente, e non sarà un compito breve e facile cacciarli via. Nicola Adelfi In Spagna un dialogo governo-opposizione ? Madrid, 9 agosto. L'opposizione democratica spagnola ha deciso, a quanto si è appreso oggi, di ricercare la possibilità di un dialogo unitario con il governo di Madrid, giudicando allo stesso tempo, pur con qualche limitazione, un « fatto importante » l'amnistia promulgata nei giorni scorsi da re Juan Carlos di Borbone. Queste decisioni sono state prese sabato scorso, in una riunione durata oltre sette ore, dai partiti che fanno parte di « Coordinación democràtica ». Nel corso della riunione sono stati approvati due documenti. Uno, intitolato « All'opinione pubblica », si riferisce all'amnistia; l'altro, « Condizioni per il dialogo governo-opposizione », annuncia il tentativo di dare vita a un organismo unitario dell'opposizione per trattare con il governo. (Ansa)

Persone citate: De Gaulle, Gesù, Goya, Juan Carlos, Mariano Gamo, Nicola Adelfi, Suarez