Alla conquista del Tirich di Massimo Mila
Alla conquista del Tirich Alla conquista del Tirich Guido Machetto e i suoi compagni sulle grandi vette dell'India Machetto • Varvelli: « Sette anni contro il Tirich », Ed. Dall'Oglio, pag. 270, Lire 5000. Un tragico destino trasforma la recensione in commemorazione. Leggevo questo libro in Val d'Aosta, su un terrazzo in cospetto del Monte Bianco, lo stesso giorno in cui uno degli autori, a pochi chilometri in linea d'aria, precipitava sulla parete della Tour Ronde. E ora Guido Machetto ci ritorna incontro da queste pagine, con tutto il rilievo del suo carattere forte, perfino intollerante, energicamente assertivo d'un certo modo d'intendere l'alpinismo e poco disposto a riconoscere la legittimità di diversi costumi. Quasi un moralista, certamente un puro, anche se preoccupatissimo sempre dell'opinione pubblica, bruciato dalla passione non solo di emergere personalmente, ma anche di portare l'alpinismo in primo piano negli interessi dell'uomo della strada, cosa di cui altri alpinisti fanno volentieri a meno. Nell'estate scorsa aveva scalato due volte il Tirich Mir, che coi suoi 7708 metri è la più alta punta della catena dello Hindukush (l'Himulaya non c'entra): l'aveva scalata prima per un itinerario già percorso da altri, poi, pochi giorni dopo, per una via nuova. Con un solo compagno, Gianni Calcagno, e con un paio di portatori, secondo la sua teoria delle spedizioni ultra-leggere, in stile di commando, come diceva lui, possibile soltanto a chi possedesse le sue spalle quadrate e le sue enormi riserve d'energia. Avevano lasciato di stucco una enorme spedizione inglese, che da quindici giorni armeggiava sulla stessa monta g.na con decine di portatori, per fare soltanto quello che avevano fatto loro appena arrivati sul posto, così, tanto per sgranchirsi le gambe: just for training, come gli disse Machetto, cui non dispiaceva bluffare. Il breve racconto di Machetto è preceduto da due altre parti, una delle quali è la storia della montagna e l'altra la storia delle personali esplorazioni condotte nel gruppo dal torinese Riccardo Varvelli, un innamorato di questa montagna, che vi scalò la bella punta del Dirgol Zom e ritornò nella zona ben sette volte, in qualche caso con la moglie, Maria Ludovica Lombardi che del libro è forse qualcosa di più che coautrice, e perfino coi bambini. E furono loro ad introdurre Machetto al Tirich Mir, una di quelle «montagne di cui ci si può innamorare»: nel 1974, quando Machetto, abituato a fare le grandi salite almeno sempre a due per volta, fece la prima ascensione del Tirich Mir Ovest II, di 7500 metri, e la seconda del Tirich Mir Ovest III. Sicché il protagonista, prima di uscir fuori in persona prima nell'ultima parte del libro, viene già efficacemente presentato nelle pagine introduttive dei due storici della montagna. Massimo Mila
Luoghi citati: Val D'aosta
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