Andreotti figura dantesca di Stefano Reggiani

Andreotti figura dantesca Fantacronache di Stefano Reggiani Andreotti figura dantesca Un giusto rimprovero rivolto all'esame di Stato, che s'è appena concluso nelle scuole superiori, riguarda l'astrattezza dei temi d'italiano. Per esempio: «Dante, nostro contemporaneo». Si obietta: ci sono stati dopo Dante altri autori impegnati nella politica e nelle lotte di corrente. Basti un nome: Andreotti. Le sue origini politiche e letterarie sono antiche, ma la sua presenza perdura. Dunque, «Andreotti, nostro contemporaneo» era un tema tempestivo da proporre agli studenti, in modo da stimolarne, in un largo confronto di riferimenti e di sovrimpressione, la naturale capacità critica. Lo raccomandiamo per la prossima maturità e intanto tentiamo due tracce di svolgimento, che mettano subito a frutto la cultura scolastica. 1) Svolgimento lirico idealistico. «Già sin dalle prime prove di scrittore, nella biblioteca vaticana, Andreotti rivelò la sua tendenza al dolce stil novo, la capacità di condensare nelle parole i più segreti sentimenti dell'animo e insieme di mimetizzarli. Si ricordi il sonetto rivolto a Guido Gonella, allora collaboratore dell'Osservatore Romano: "Guido, vorrei che tu, il Papa ed io fossimo presi per incantamento", dove l'allegoria si fonde con la speranza politica e l'incantamento prefigura il 18 aprile e la vittoria de. E' del 1946 la "Vita nova" dove l'Andreotti disegna un impegno che potrebbe definirsi come ministerìalità, cioè presenza continua al potere. Sono concetti che il Nostro svilupperà nel "De vulgari eloquentia", difendendo contro il latino, ormai desueto, il linguaggio democristiano, una specie di prosa aperta, capace di rendere astratto il concreto e corposo l'imprendibile. «Qual era in quei primi anni l'ideologia dell'autore? Nel "De Monarchia" si ipotizza uno Stato retto da un sovrano illuminato (De Gasperi?) il quale prenda consiglio dal Vaticano. Difficile dire, nell'abile mescolanza dei poteri, se l'Andreotti fosse in quel tempo guelfo o ghibellino. Una sua opera enigmatica (" La sciarada di Papa Mastai") potrebbe farlo ritenere guelfo, ma una eostante attribuzione storica ("il ghibellin fuggiasco") ha latto credere per lungo tempo che egli avesse una vocazione laica. E' certo comunque che il Nostro superò presto la sua insofferenza ironica verso gli avversari ("Ahi, psi, vituperio delle genti") per giungere alla sfumatura solidale negli anni del centro-sinistra ("Era già l'ora che volge al desìo"). «Il concetto di Desìo torna frequentemente nella sua opera, talvolta unito al nome di un ministro ("Quale Colombo dal desìo chiamato "), tal altra inteso semplicemente come sinonimo di ministero. Che cos'è il potere per Andreotti? Egli l'ha detto nella sua opera maggiore, divisa in novantanove legislature ideali: è una commedia, nella quale s'incontrano animali (la lonza, la lupa), ma anche uomini liberi (Ulisse, Catone) e persino donne (Beatrici). Gli estimatori del Nostro che si contano numerosi in tutto l'arco costituzionale (raffigurato dall'autore nel cielo delle beatitudini) hanno poi chiamato questa commedia Divina e tale è giunta sino a noi, segno di una vitalità e di una forza che l'Andreotti ha mantenuto nei decenni. Concludendo, si può ben dire che Andreotti, oltre che un personaggio della nostra storia passata, è anche nostro contemporaneo». 2) Svolgimento storico critico. «Il confronto tra le opere più antiche ("Rime petrose") e le più recenti del nostro autore ("La sciarada di Papa Mastai", "Ore tredici, il ministro deve morire") rende chiaro che tutta la sua azione letteraria e politica si è mossa verso sinistra. Con cautela, seguendo una visione tolemaica dell'universo politico, tipica degli anni della sua formazione, ma anche con finezza. Scegliendo nella sua Commedia come guida Virgilio ("Georgiche") un poeta esponente dei principi della coltivatori diretti, il Nostro ha dimostrato di voler essere vicino al mondo del lavoro, senza rifiutare il peso della tradizione. «La sua ideologia, quale appare nelle opere, è quella di un guelfo liberaleggiante che si sposta francamente verso posizioni marxiste e non teme il confronto. La prima parte della sua Commedia è infatti un continuo dialogo con i diavoli, personaggi sotto i quali, secondo la simbologia medievale, si nascondono i comunisti. I diavoli sono ritratti, è vero, con durezza, senza veli, ma non mancano gli accenni di simpatia e i momenti di accordo. Del resto il verso "Pape Satan, Pape Satan Aleppe" è ormai inteso dalla critica moderna come l'anticipazione chiarissima dei programma economico del governo col quale Andreotti avrebbe chiesto la collaborazione di tutte le forze costituzionali, comunisti compresi. Soltanto la malevolenza dei suoi pochi avversari può infatti affermare che il Nostro si celi sotto formule sofisticate e che ami la trattazione enigmistica. «I suoi presunti enigmi sono spesso esercizi di bello scrivere. Già celebre, dopo quella di Papa Mastai, la sciarada del pei che gli si attribuisce. La riportiamo testualmente: "Il mio primo è necessario a tutti; le seconde danno i lor frutti; il terzo inver, è l'emblema del poter". Facile la soluzione: la prima parole è "ber", il bere è una cosa indispensabile a tutti; la seconda parola indica le "lingue", i modi del comunicare politi co che, dopo tanto dialogo, danno frutti; la terza parola, simbolo del potere, si condensa in una lettera, "R", la quale per Andreotti vuol dire Rimanere, Restare al proprio posto. Il tutto è Ber-lingue-r, cioè il nome del segretario comunista. Come dubitare che un autore di sciarade così abile, non lo sarà altrettanto nel condurre il governo?».