Ce l'hanno tutti con i tedeschi? di Tito Sansa
Ce l'hanno tutti con i tedeschi? Sconcertante editoriale della "Frankfurter Allgemeine,, Ce l'hanno tutti con i tedeschi? (Dal nostro corrispondente) Bonn, 31 luglio. Il nazionalismo sta tornando in auge nella Germania Federale, il seme gettato dal cancelliere Schmidt con le sue critiche e le sue lezioni agli altri Paesi ha trovato un terreno fertile anche nella stampa indipendente, perfino nella prestigiosa Frankfurter Allgemeine, vicina agli ambienti dell'economia e della finanza, che — secondo la logica — dovrebbero avversare il capo di governo socialdemocratico e appoggiare il suo antagonista conservatore, il democristiano Helmut Kohl. Ma evidentemente, quando si tratta di impartire lezioni agli stranieri, i tedeschi non fanno distinzione. Sotto il titolo «Il capro espiatorio», uno dei sei editorialisti del quotidiano di Francoforte, Joachim Fest, autore di un libro su Hitler, tradotto anche in Italia, scrive che la reazione straniera alle « osservazioni » di Helmut Schmidt circa futuri crediti all'Italia ha rivelato un'avversione verso la Germania, e contro i tedeschi in generale, la quale ha radici nell'irrazio¬ nale. Si tratterebbe di una superreazione «di alcune persone con uno scarso senso delle proporzioni, dell'espressione dell'elementare bisogno di un capro espiatorio già descritto nella Bibbia». Joachim Fest scrive: « Il mondo ha bisogno di una nazione odiosa, la quale permetta agli altri di capovolgere le proprie reazioni di colpa. In realtà l'Italia, la gentile Italia, che è precipitata in una situazione fatale a causa di una sfacciata corruzione, dell'egoismo degli interessi particolari e di una diffusa irresponsabilità politica, si presenta come la grande offesa, la quale ha più diritto alla corruzione e all'irresponsabilità di quanto la Germania Federale abbia diritto al benessere che preserva quest'Italia dal collasso ». Insomma, anche Fest ci ricorda che Bonn ha autorizzato la Banca Federale a concedere al nostro paese un credito (peraltro garantito in oro e con tanto di interessi). Incredibile è quanto segue. « Nessun altro paese — scrive il fondista della Frankfurter Allgemeine — ha perse¬ guito i suoi crimini (come la Germania) e ha cercato di espiarli materialmente, la Francia soltanto da poco, dietro il fumo della leggenda della resistenza, ha cominciato a scoprire i collaborazionisti (dei nazisti) e l'Italia festeggia ancor oggi la memoria di Mussolini con i monumenti ». / tedeschi sono gli unici antinazisti, si deduce dall'articolo, e, malgrado questo, furono costretti a fare da capro espiatorio per tutti gli altri, sostiene Fest, fino a quando se ne assunse ufficialmente il compito Brandt, mettendosi in ginocchio a Varsavia. Poi — per fortuna dei tedeschi — capro espiatorio dell'umanità diventarono gli americani, a causa della guerra nel Vietnam. Successivamente le vittime dell'odio furono la Spagna franchista, la Rhodesia, il Sudafrica. Per poco tempo tuttavia. « Il cosiddetto editto sugli estremisti offerse l'occasione per ritornare contro la Germania, e dimostrare che essa è pur sempre l'interprete ideale del ruolo del capro espiatorio ». «L'indignazione contro Hel¬ mut Schmidt è in sostanza l'indignazione contro un guastafeste», continua Fest. «Willy Brandt era un cancelliere che corrispondeva all'immagine del capro espiatorio che si ha nel mondo, mentre Schmidt si comporta come si conviene a un uomo del suo rango nell'Europa che cresce. E' divertente constatare come i maestri e i caporali istruttori della Germania, diventati rauchi in tutti questi anni, da Debré al Dagens Nyheter, da Le Monde ai comunisti italiani e francesi, ora si alzano e danno al cancelliere le qualifiche di "maestro di scuola" e di "sergente". E' necessario non trascurare quanta follia nazionalistica sia venuta a galla in tutte le reazioni ». Il commento di due qualificati giornalisti tedeschi: «Purtroppo molti in Germania si considerano incompresi, affetti da mania di persecuzione». «Si tratta di una pericolosa forma di vittimismo, che ha origini storiche, già nell'epoca guglielmina; è la vecchia scuola di pensiero che giustificò Adolf Hitler ». Tito Sansa
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