Una Spagna "legata bene"

Una Spagna "legata bene" VERSO LA DEMOCRAZIA CON GRADUALITÀ' E IMPAZIENZA Una Spagna "legata bene" Era il sogno di Franco, che credeva nei "demoni familiari" e fidava nella "paura della libertà"; ma qualcosa è già cambiato (Dal nostro inviato speciale) Madrid, luglio. La strada al centro di Madrid è corta, stretta, a senso unico e si chiama Calle Claudio Coello. Fu lì che il 20 dicembre 1973 il regime franchista ricevè un colpo mortale, alle 9 del mattino. Se guardate il cornicione di un palazzo alto cinque piani in quella strada, vi accorgete che per un paio di metri è stato rifatto. Lassù andò a sbattere, catapultata da una esplosione, l'auto nera di rappresentanza che recava in ufficio il capo del governo Correrò Bianco, uscito qualche minuto prima da una vicina chiesa. Prima di allora a chi gli domandava che cosa sarebbe successo dopo la sua scomparsa, il vecchio « Caudillo » rispondeva di stare tranquilli. Con i gesti di chi stringe e annoda un pacco o un salame, Franco affermava che ogni cosa era già stata « legata, e anche legata bene »: al vertice un re giovane, mite e che aveva giurato fedeltà agli ideali del « Movimiento », il governo nelle robuste mani dell'ammiraglio Correrò Bianco, uomo duro e alieno da ogni suggestione liberale, e poi le « leggi fondamentali » che assicuravano punto per punto la continuità del regime. All'improvviso la : nificonte esplosione nella Calle Claudio Coello tagliò il nodo centrale di quei legami. Franco aveva compiuto 81 anni, la sua mente spesso si annebbiava, a volte gli accadeva di assopirsi nel corso di solenni cerimonie. Ma quel che più lo preoccupava era di non disporre di un valido sostituto di Correrò Bianco. E vedeva gli spagnoli diventare sempre più inquieti, i terroristi farsi più audaci, la gioventù studentesca battersi a viso aperto contro il regime, le « commissioni operaie » suscitare scioperi dappertutto, sebbene fosse un reato punibile con anni di carcere. Ma lui. Franco, che poteva fare se, per esempio, 30 mila minatori nelle Asturie si mettevano in sciopero per settimane? Dove erano le prigioni capaci di contenere tutta quella moltitudine? Infine Franco si decise a nominare capo del governo Carlos Arias Navarro, 65 anni, già ministro dell'Interno e capo della polizia, che in gioventù sì era distinto nella spietata repressione dei superstiti repubblicani, dopo la fine della guerra civile. Il nuovo capo del governo dej luse Franco? E' probabile. Arias Navarro non era un immobìlista: pensava, e lo disse nel presentarsi davanti alle Cortes, che il regime doveva aprirsi alle esigenze politiche di una società diventata pluralistica di pari passo con l'impetuoso sviluppo economico. Così pensava e diceva Arias Navarro, e tuttavia nell'azione pratica di governo oscillava incerto tra spinte opposte. Più per inerzia che per le sue capacità, riuscì a mantenersi a galla per trenta mesi. Però, specie dopo la morte di Franco 120 novembre 1975), il suo era un campare alla giornata. Da una parte il governo si lasciava strappare molte libertà dai sindacati clandestini, dalle masse scese nelle piazze, dalla stampa quotidiana e settimanale; dall'altra doveva tenere buona la destra franchista, e concederle a volte che la polizia intervenisse con spietatezza. L'episodio più sanguinoso avvenne il 4 marzo scorso, a Vitoria nella Spagna settentrionale, e sei furono gli scioperanti uccisi, molti di più i feriti. Anche in seno al Consiglio dei ministri le riunioni non erano mai placide: quel che andava bene per i ministri « aperturisti », un Areilza o un Fraga Iribarne, ovviamente andava male per gli « immobilisti » Per conto suo, il re viaggia va molto all'estero, ostentava una certa riluttanza a incontrarsi col capo del governo. Il primo giorno di luglio il re licenziò bruscamente Arias Navarro e lo sostituì con un politico dì 43 anni, Adolfo Suarez, poco noto agli stessi spagnoli. Senza dubbio il progressivo deteriorarsi del quadro economi- co ha contribuito in maniera determinante al cambiamento dì governo. I disoccupati sono un milione o più, e la valvola dell'emigrazione si è inceppata, il turismo non promette gran che, nel solo mese di maggio il costo della vita aumentò del 4,5 per cento, soprattutto per l'impennata dei prezzi di alcuni generi di consumo popolare, come il pane e le patate. Intanto, alle difficoltà economiche si aggiungono quelle di natura politica. Sommariamente si può oggi dire che per un verso il franchismo continua a decomporsi, per un altro sussistono tuttora molti legacci imposti da Franco per tenere obbedienti gli spagnoli. Ne derivano situazioni assurde. Fino a qualche giorno fa, la legge permetteva la costituzione e l'adesione a partiti politici, ma il codice penale puniva con molta severità chi lo avesse fatto. Un caso paradossale è indicato dal vescovo di Leon, monsignor Correa de Legarreta. In base alla nuova legge sul diritto di riunione, l'autorizzazione ad adunarsi in più di venti persone e in un luogo pubblico deve essere chiesta alla polizia da chi ne ha interesse almeno dieci giorni prima. E dal pulpito il vescovo ha detto: « Pensate, figlioli miei, ai cortei funebri. Il futuro morto dovrebbe chiederne l'autorizzazione alla polizia dieci giorni prima di rendere l'anima a Dio ». Un'altra anomalia consiste nel fatto che le manifestazioni autorizzate comportano per gli organizzatori rischi maggiori di quelle non autorizzate. Per le prime, le autorizzate, la polizia prescrive molte norme tassative: l'ora e il luogo della riunione, quanti minuti deve durare, il divieto di portare bandiere o cartelloni, il divieto di cantare o gridare, il divieto di scendere dai marciapiedi e invadere la carreggiata. E se qualcuno sgarra, la polizia interviene con metodi violenti, e immediatamente scattano gravi sanzioni, anche pecuniarie, contro gli organizzatori. Se invece una manifestazione avviene senza che ne sia stata chiesta l'autorizzazione, la polizia non può fare niente contro gli organizzatori, anche se ne conosce i nomi. Assurdità, paradossi, anomalie, sono tutte cose che fanno a pugni con la logica e inaspriscono gli animi. Ne è consapevole chi detiene il potere in misura maggiore, il re? Pare di sì. E a giudicare dai primi passi compiuti dal nuovo governo, quello diretto da Adolfo Suarez, si profila la sua intenzione di cercare vie graduali e pacifiche per passare dalla dittatura alla democrazia. Però non è facile, anche a causa delle impazienze dei democratici che vorrebbero un transito verso la democrazia più rapido, più deciso, dopo 40 anni di dittatura, ora che Franco è morto e quasi dimenticato. Sono aspirazioni più che legittime. Tuttavia in un Paese dove la democrazia negli ultimi tre quarti di secolo è vissuta poco e male, i partiti della «rottura» col franchismo, violenta o sia pure patteggiata, esprimono uno stato d'animo più che una linea politica realistica. Tra l'altro quei partiti perdono di vista il vuoto politico esistente non solo in mezzo al popolo minuto, ma anche in vasti settori della borghesia. Secondo un recente sondaggio dell'Istituto di opinione pubblica, il 46 per cento degli spagnoli non sa niente di niente dei rapporti che dovrebbero istituirsi Ira il governo e l'opposizione. La stessa idea di opposizione politica sembra a milioni dt spagnoli una stramberia forestiera. Più o meno siamo sulle stesse percentuali per quanto riguarda il suffragio universale, le riforme costituzionali, la vita dei partiti. Secondo un altro sondaggio, fatto a maggio dal quotidiano ABC, oltre il 50 per cento degli spagnoli intervistati ha detto che vuole tenersi alla larga dai partiti; e un altro 12 per cento ha detto che «probabilmente» non aderirà mai a un partito. Interrogati per quale partito voterebbero se ci fossero elezioni libere, solo il 41 percento ha dato risposte pertinenti, gli altri hanno detto «non voterò per nessuno» oppure «non so». Di questo sottosviluppo politico il responsabile principale è certamente Franco, ma avere individuato l'agente di una malattia non significa l'eliminazione della malattia stessa. E poi va tenuto ben presente che, morto Franco, gli sopravvìve il franchismo. Per ammissione comune, è tuttora molto forte. Lasciamo perdere gli strati superiori della società spagnola che hanno prosperato dentro o ai margini della dittatura e che detengono le leve più importanti del potere politico, economico e burocratico. Lasciamo perdere la polizia, di solito molto comprensiva con le formazioni paramilitari franchiste, e viceversa aggressiva con le masse che protestano per il carovita o contro la disoccupazione. Lasciamo perdere anche le ambiguità di una certa parte deTcZroeTs^nzio^ forze armate, un silenzio tenace ed enigmatico. Soffermiamoci invece sul franchismo primitivo e istintivo, quasi un riflesso condizionato. Genericamente si può definire paura, della libertà. Una volta Franco disse: «Ricordino gli spagnoli che ogni popolo ha sempre a che fare con i suoi demoni familiari. Quelli della Spagna si chiamano spirito anarchico, critica distruttiva, mancanza di solidarietà, estremismo, ostilità reciproca. Qualsiasi sistema politico che porti con sé la liberazione dei demoni familiari nella Spagna significherà la fine di ogni progresso materiale, di ogni miglioramento nella vita dei nostri compatrioti». In altre parole, Franco riteneva che il popolo spagnolo dovesse restare sempre immaturo, sempre minorenne, sempre sottoposto a una tutela ferrea: un popolo insomma sempre «legato, e ben legato». Ora non sarà forse la maggioranza, ma rilevante deve supporsi pur sempre il numero degli spagnoli che temono lo scatenarsi dei «demoni familiari». E' un franchismo che non si vede, silenzioso, ma che si tiene sempre all'erta, che fiutate dappertutto percorrendo la Spagna. Se in una stessa notte, e quasi alla stessa ora, esplodono decine di bombe in diverse città, quel franchismo invisibile e sospettoj so rimpiange subito il tempo di Franco, arriva ad augurarsi che un altro prenda il suo posto. Lo stesso avviene se ci sono conflitti tra una folla tumultuante e la polizia, se il livello degli scioperi sale fino a raggiungere quello italiano, se i ragazzi adottano comportamenti analoghi a quelli dei loro coetanei francesi o tedeschi. Per oggi fermiamoci qui, alla constatazione che esistono due Spagne opposte: da una parte la Spagna impaziente di avere al più presto tutte le libertà democratiche, e che comincia finalmente ad allargare i polmoni dopo essere stata soffocata per decenni; e dall'altra una Spagna che odia il I *?&»A&&JS2gL le strapperebbe via privilegi e prestigio oppure semplicemente, mettiamo un povero campesino andaluso, perché ha paura della libertà, teme che dietro di essa stiano in agguato e pronte a scatenarsi forze demoniache, devastatrici e fratricide. Nicola Adelh ":"'""-'N,V ..^'"'V Madrid. Il premier Suarez e, dietro, il suo predecessore Arias Navarro (Tel. Upi)

Luoghi citati: Madrid, Spagna