Torino sotto processo di Aldo Viglione

Torino sotto processo Dopo gli amabili rilievi mossi dal console di Francia Torino sotto processo I giudizi di monsieur Fieschi hanno suscitato molti commenti - Intervengono Firpo ("Torino non è rassegnata, ma sempre in prima fila ha resistito al raddoppio della popolazione in un decennio") ; Viglione ("E' vero, ci sono isolamento e declino") e Oberto ("Non è mancata la prospettiva europea") CI siamo occupati giovedì scorso dell'intervento svolto al « Rotary club - da Georges Fieschi per sei anni console generale di Francia a Torino. Possiamo considerarlo un « processo » ai piemontesi. Processo garbato e benevolo, s'intende, condotto con l'animo di chi ama Torino e ricorda con nostalgia il fascino delle «dolci colline-, dei palazzi barocchi, della borghesia. Ripensando agli ultimi cent'anni di storia e In particolare al recente periodo della tumultuosa Immigrazione, ricco di fatti drammatici, ma anche di fermenti vitali, Fieschi muove due rimproveri al Piemonte: l'essersi messo in disparte dopo la « conquista » d'Italia di fronte ai grandi problemi nazionali, sicché al peso economico e sociale, che gli ha conferito una dimensione europea non ha corrisposto un adeguato peso politico; il non aver compreso subito il significato dell'Immigrazione di massa, la realtà nuova che emergeva. All'attivo del bilancio Fieschi segna invece una ripresa recentissima dello • spirito combattivo > in politica 3 si augura che questa ripresa continui perché l'Italia e l'Europa ne hanno bisogno. Sono dichiarazioni che hanno Interessato, com'è comprensibile, parecchi lettori (lo testimoniano telefonate e lettere di critica e di consenso ricevute in redazione). Abbiamo chiesto pertanto il parere di esponenti del mondo culturale e politico torinese. Ne può derivare un utile momento di riflessione sulla nostra storia passata e recente. Secondo il prof. Luigi Firpo, docente di storia delle dottrine politiche alla nostra Università, le dichiarazioni di Fieschi « sono colme di esprit de finesse, di buona cultura », ma anche • di luoghi comuni'. Il prof. Firpo precisa: ■ Non è con II "fascino discreto della borghesia" o con la "dolce collina" che si può tentare di comprendere la Torino d'oggi. Una città di 600 mila abitanti, che in un decennio ne accoglie più che altrettanti, quasi tutti poveri, e legati a costumi diversi (sragiona chi parla d'inferiorità, ma diversità si, spesso radicale), a ideologie contadine, è miracolo se non viene travolta. E Torino, malgrado tutto, è ancora In piedi, in virtù di pazienza antica, di senso del dovere, di capacità di adattamento e di sacrificio. Certo, l'amore per il proprio lavoro, il farne II centro dell'Impegno e dell'eticità, hanno generato una certa ristrettezza dì visuale, una "fuga" dalla politica, vista quale delega fiduciaria a chi deve far funzionare lo Stato come un'azienda e dar fastidio II meno possìbile a chi ha giorno per giorno I suol problemi da risolvere-. • DI qui — continua II professor Firpo — // malgoverno e II sottogoverno, la dilapidazione urbanistica, la scarsa differenziazione industriale, la privatizzazione delle gestioni: e Roma — cioè lo Stato — sentita come remota, ostile, inef'iclente, spogliatrice, Insidiosa, palude di corruttori e di corrot¬ ti. Di qui una certa passività fatalistica, una resistenza soltanto passiva. Ma dire che i piemontesi ripiegarono al Nord, sgomenti per la "potenza" dell'amministrazione papalina e borbonica, è ignorare che quelle burocrazie erano larve Impotenti, una pura e semplice vergogna dell'Europa civile. Al contrario, l'amministrazione dell'Italia unita si Inzeppò d! fin troppi piemontesi, attirandosi antipatie con II rigorismo del Sella e del Lanza, anche se ingentilì 1 orino col decoro di tanti e tanti funzionari in pensione. Furono poi i bassi stipendi, le migliori occasioni offerte al Nord dalle imprese private, il clientelismo tradizionale del Sud, la cronica debolezza del politici opportunisti a costruire lentamente, Inesorabilmente, la gran macchina che oggi inceppa e dissangua il poco che resta dello Stato ». li prof. Firpo conclude: « DI tutto questo Torino è responsa- bile solo nella misura in cui ha badato troppo al " fare ", senza alzare la testa, senza riflettere abbastanza sui problemi generali del Paese. Pure, ogni volta che si tirano le somme dei bilanci culturali, Torino è II In prima fila: sia quella di Gramsci e di Gobetti, o l'altra di Persico e di Guatino, quella della Resistenza o quella della ricostruzione, quella dell'immigrazione caotica e pur controllata e potentemente assimilata, o quella che oggi chiede a gran voce rinnovamento, austerità di costume, senso del bene comune, solidarietà civile Non le " roses d'antan" abbiamo nel cuore, caro console Fieschi, ma il senso che le oscure virtù antiche della nostra gente sono le sole che permetteranno In futuro la sopravvivenza non di questa città soltanto, ma del mondo degli uomini ». Dopo I rilievi critici dello storico, vediamo I giudizi di due uomini politici, il presidente della giunta regionale del Piemonte avv. Viglione. e il capogruppo consiliare de alla Regione avv. Gianni Oberto, ex presidente della giunta regionale. I loro giudizi appaiono in linea di massima positivi (e può apparire singolare dal momento che quando Fieschi parla di « isolamento • del Piemonte chiama in causa, come responsabile, proprio il mondo politico). Il consenso di Viglione è ampio. Egli sostiene che le affermazioni dell'ex console francese sono « sostanzialmente esatte » . E prosegue: « £' fuori dubbio che il ruolo politico e culturale del Piemonte nell'ambito della società italiana, abbia subito un declino negli ultimi decenni. Si potrebbe aggiungere qualcosa sulle cause di questo declino, che individuerei innanzitutto nelle " chiusure " corporativofeudali dei maggiori potentati economici del Piemonte e nella condizione di subalternità a cui la de ha condannato per oltre 20 anni le Istituzioni democratiche locali ». Viglione sottolinea infine: « E' altrettanto indubbio che In questi ultimissimi anni la società piemontese sta mostrando segni di risveglio, una nuova presa di coscienza della propria funzione nazionale ed europea. In quest'ambito, e Fieschi lo riconosce, hanno esercitato un ruolo decisivo i partiti del movimento operaio ». li consenso di Oberto è accompagnato da due riserve. La prima riguarda l'« Incomprensione » del carattere dirompente dell'immigrazione di massa. Secondo Oberto sarebbe meglio dire che « / piemontesi l'hanno accettata senza rendersi conto immediatamente delle Implicazioni. E ciò ha causato tra l'altro la mancata o ritardata creazione delle necessarie Infrastrutture ». Secondo punto: il provincialismo del mondo politico. Oberto osserva che questo giudizio non è condiviso da altri osservatori. E aggiunge: « Proprio il sindaco Peyron ad esempio aveva proposto Torino come centro della Cee. Ouesto significa avere una visuale limitata? Vero è invece, che è poi mancata la necessaria spinta dei nostri parlamentari per la realizzazione del progetto. E, allora, sotto questo profilo Fieschi può avere ragione ». Critiche e consensi, smentite e puntualizzazioni: il « processo » continuaClemente Granata L'avv. Gianni Oberto Il prof. Luigi Firpo L'avv. Aldo Viglione