Andreotti deciso: governo nella prossima settimana

Andreotti deciso: governo nella prossima settimana Malgrado continuino a persistere difficoltà Andreotti deciso: governo nella prossima settimana Roma, 24 luglio. Andreotti è deciso a fare il governo entro la prossima settimana, malgrado le persistenti difficoltà fuori e dentro la de. E' l'unico punto certo, ch'egli stesso ha annunciato oggi rompendo il suo ermetico riserbo, in uno scenario di perplessità, rischiarate soltanto da precise richieste del pei per dare la astensione e da una controversa « apertura » de al quasi aut-aut posto ieri da Craxi a Zaccagnini. Tentiamo di dipanare la matassa, partendo dalla dichiarazione del presidente incaricato: « Martedì, o al massimo mercoledì — ha detto — avrò sia le osservazioni e le integrazioni alle linee programmatiche, sia le necessarie risposte sul voto. Ritengo quindi di essere in grado di poter sciogliere la riserva a metà settimana. Nel frattempo completerò il giro d'orizzonte per il programma di governo incontrandomi anche con i presidenti delle Regioni e con l'Associazione delle Province italiane ». Occorre pesare, ovviamente, ciascuna parola. Va detto subito che Andreotti non preannuncia, formalmente, di sciogliere la riserva in chiave positiva. Gli ambienti a lui vicini, però, interpretano la frase nel senso che accetterà il mandato di formare il nuovo governo, che aveva preso « con riserva » dal Presidente della Repubblica martedì 13 luglio. Il punto centrale della dichiarazione, però, riguarda «le necessarie risposte sul voto». La frase, generalmente, è interpretata come diretta alla democrazia cristiana che, infatti, deve rispondere — ed è per questo in imbarazzo — alla richiesta di Craxi di pronunciarsi subito chiedendo l'astensione determinante del pei. E' evidente che se Andreotti ha ritenuto indispensabile pronunciarsi oggi, qualche buon motivo deve averlo. Iersera aveva partecipato alla riunione con Zaccagnini e la delegazione de (Bartolomei, Piccoli, Galloni). Aveva «preso il toro per le corna» quando si è trovato di fronte alle obiezioni di Bartolomei, portavoce diretto di Fanfani sull'astensione determinante da chiedere al pei. Andreotti aveva detto, in sostanza: «Se avete un altro, si faccia avanti. Se non c'è, proseguo io». E il «vertice» s'era concluso, malgrado il malumore di Bartolomei, con l'accordo voluto da Andreotti. Zaccagnini stamane, prima di recarsi a Ravenna, aveva avviato quelle «consultazioni interne» promesse a Craxi: parte per telefono, parte di persona. Ha parlato con Arnaud, Gullotti, De Mita e Cossiga, ponendo l'alternativa: la de deve autorizzare Andreotti a continuare oppure deve tentare un'altra soluzione? In ogni caso, deve decidere la delegazione o la direzione della de? Gullotti ha osservato che, non conoscendo ancora la posizione del pei, occorre per ora appoggiare Andreotti. Anche Arnaud e Cossiga hanno chiesto che tutto il partito sostenga il designato. Zaccagnini non è riuscito a contattare Donat-Cattin che, invece, è schierato contro la richiesta di astensione al pei, come lo sono Fanfani e Bisaglia. Piccoli, al contrario, non pone problemi al riguardo. Non è arbitrario il ritenere che Andreotti, parlando di «necessarie risposte sul voto », si sia rivolto alla de. Sembra certa per martedì la riunione della direzione, che però non è stata sinora convocata. E in quella sede, o in altra, dovrebbe esserci il « disco verde ». Ciò lascia prevedere un editoriale di Corrado Beici sul « Popolo » di domani. E' diretto a smentire la tesi di una divaricazione fra Andreotti e la de e a prospettare possibilità di accordo politico, esistendo vasti consensi sul programma nei sindacati e nei partiti, quando si andrà in Parlamento. Il programma, dice Beici, « è responsabilità della de e non effetto di un meccanismo anonimo e privo di paternità, come se il partito si sia comportato da spettatore disimpegnato». La de non voleva il monocolore, ma lo offre come « servizio in condizioni difficili... nel quadro dei propri indirizzi politici e generali e non certo nella considerazione del governo come di un organismo tecnico e neutrale ». Questa frase e l'impegno di « dare un governo al Paese» sembrano all«'Unità» di domani formule ambigue rispetto ad Andreotti per due ragioni. L'organo della de parla di « governo » genericamente, senza precisare l'appoggio specifico ad Andreotti; poi, contrappone la qualificazione politica al governo che Andreotti vorrebbe, invece, soprattutto efficiente sul piano tecnico. Forse è vero, come dice «l'Unità», che Beici riflette «imbarazzo e tensione» esistenti nella de, tanto più dopo un'intervista dell'on. Natta sullo stesso quotidiano comunista di domani. Il capogruppo dei deputati del pei premette, in sintesi, che non solo Andreotti, come presidente, ma la de come tale deve chiedere l'astensione dei comunisti. Questa astensione, inoltre, non può essere chiesta discriminandola da quelle degli altri partiti costituzionali. Per capire, va spiegato che stamane l'on. Granelli aveva detto: «La de non può non porsi il problema di talune eventuali astensioni nella prospettiva di future e auspicabili collaborazioni organiche di governo (evidentemente il psi; n.d.r.) e altre astensioni, invece, nel corretto rapporto con l'opposizione (cioè, il pei)». In sostanza, i comunisti vogliono la caduta di ogni preclusione da parte democristiana. A questo punto si colloca un suggerimento alla de fatto da Vittorelli sull'uAvanti!» di domani. Perché Zaccagnini non utilizza per il governo il «preambolo dì Ravenna»! E' un documento firmato da de, pei, psi, pri, e psdi per dare un governo alla Provincia ravennate (che è domicilio di Zaccagnini), riconoscendo la necessità di un comune impegno. La difficoltà sta tutta nel trasferire il «preambolo» da Ravenna a Roma. Zaccagnini ci proverà? Lamberto Fumo

Luoghi citati: Ravenna, Roma