Col fuoco la speculazione attacca Portofino di Filiberto Dani

Col fuoco la speculazione attacca Portofino L'incendio dell'altra notte sul Promontorio è sicuramente di origine dolosa Col fuoco la speculazione attacca Portofino (Dal nostro inviato speciale) S. Margherita, 23 luglio. La grande paura è passata. Il mare di fuoco che ancora ieri sera scendeva lungo le pendici del promontorio di Portofino, verso l'abitato, è stato frenato, arginato e, infine, domato. Ora lo spettacolo è desolante. Larghe chiazze nere nella tipica vegetazione mediterranea del sottobosco, alberi ridotti a fantasmi, arbusti inceneriti. «Poteva andare peggio», dice l'ingegner Alessio Scirè, comandante dei vigili del fuoco di Genova. L'allarme è suonato alle 14,40 di ieri pomeriggio, quando una bianchissima colonna di fumo s'è alzata dal versante del promontorio che si affaccia su Santa Margherita Ligure, in località Giave. A Genova pioveva a dirotto, un paio d'ore prima una tromba d'aria aveva sconquassato il centro della città, ma qui non era caduta una goccia d'acqua. I primi ad accorrere sono stati i vigili del fuoco del distaccamento di Rapallo, ma il loro intervento si è rivelato subito insufficiente perché le fiamme, favorite da un forte vento di scirocco, si erano nel frattempo estese su un fronte di quasi 7 ettari. E' stato necessario chiedere rinforzi. Dalla caserma centrale di Genova sono partite altre squadre, l'allarme ha raggiunto anche il comando della guardia forestale che ha mobilitato uomini e mezzi, compresi quelli dell'Ente autonomo del monte. Da questo momento l'opera di spegnimento ha assunto un ritmo affannoso. C'era il pericolo che il rogo investisse le ville che sorgono a mezza costa (tra cui quella di Leopoldo Pirelli), i folti boschi che scendono verso l'abitato, le preziose fasce coltivate ad uliveti. «Lo scirocco tirava sempre più forte, le fiamme crepitavano sempre più alte, te mevano tutti che l'incendio dilagasse a Portofino Mare», ricorda il comandante dei vigili del fuoco. Fortunatamente non è andata così. Muovendosi nell'aria infuocata e irrespirabile, gli uomini delle squadre di intervento hanno affrontato con decisione il dilatato fronte dell'incendio, riuscendo dapprima a circoscriverlo, poi a ridurlo nelle proporzioni e, finalmente, a spegnerlo. Ancora a mezzanotte bagliori rossastri accendevano il cielo, ma alle 2 l'operazione poteva dirsi conclusa: quasi dodici ore di lavoro. Un bilancio dei danni non è ancora possibile: sono andati distrutti parecchi ettari di bosco, dovranno passare molti anni prima che la vegetazione ricopra nuovamente la zona. Quanti hanno a cuore le sorti di questo promontorio l'unica gemma che ancora si salvi lungo tutto l'arco delle due riviere, si chiedono adesso qual è stata la causa dell'incendio. Il sospetto che si tratti di una causa dolosa (c'è chi mira a fare terra bruciata per aprire, a fini speculativi, spiazzi brulli dove c'è folta vegetazione) ha già trovato nel passato ampie conferme. E' così anche stavolta? Risponde l'ing. Alessio Scirè: «Abbiamo accertato che l'incendio ha avuto più focolai, e questa, indubbiamente, è una curiosa circostanza. Comunque, non voglio pensare sempre al dolo. Chissà, forse i contadini del posto, per pulire il sottobosco, hanno bruciacchiato delle chiazze d'erba. Basta una scintilla sospinta dal vento per provocare un rogo». Andiamo a sentire cosa dicono i contadini del posto. Parla per tutti l'anziano Adolfo Melega: «La solita storia di addossare a noi tutte le colpe. Se incendiari ci sono bisogna cercarli fra quelli che da sempre vogliono portare il cemento armato sul monte. Noi non vogliamo l'asfalto nelle nostre terre». Filiberto Dani

Persone citate: Adolfo Melega, Alessio Scirè, Leopoldo Pirelli

Luoghi citati: Genova, Giave, Portofino, Rapallo, Santa Margherita Ligure