Oro a Dal Zotto, quarant'anni dopo

Oro a Dal Zotto, quarant'anni dopo Era dal 1936, dalle Olimpiadi di Berlino, che un azzurro non conquistava il primo posto nella gara di fioretto individuale Oro a Dal Zotto, quarant'anni dopo Ha diciannove anni, è di Mestre ed il suo trionfo costituisce una sorpresa - Ha vinto il titolo dopo spareggio con il sovietico Romankov - I francesi lo chiamano "un fou génial", per la sua scherma fatta d'istinto e di fantasia, del tutto rivoluzionaria rispetto ai canoni consueti - "Mi alleno meno degli altri, non trasformo il mio sport in una religione", spiega (Dal nostro inviato speciale) Montreal, 22 luglio. Fabio Dal Zotto, chissà quanti | italiani che sì interessano di sport sapevano prima d'oggi che c'era anche lui nella squadra italiana per le Olimpiadi. Un nome sino I alla notte scorsa da addetti ai lavori, sussurrato come soeranza i nel clan della scherma azzurra («è capace di tutto», diceva nei giorni | scorsi il presidente Nostini, ma . pareva quasi una giustificazione all'inclusione in squadra del dl| ciannovenne mestrino) e cono: sciuto da tecnici e dirigenti stranieri per la bella vittoria nei campionati giovanili di Budapest e per il quarto posto nella Challeng° Rommel di Parigi. In un anno ha fatto tutto quello che in genere ad altri riesce solo, quando riesce, in più stagioni: la orima maglia azzurra, le prime trasferte all'estero, la prima olimpiade, la prima medaglia d'oro. Una ^escalation' che ha dell'incredibile, sostenuta da una scherma del tutto rivoluzionaria rispetto ai canoni consueti. Anche un profano si poteva accorgere, assistendo alla «pou/e» finale di Ieri sera nella stlpatlssima arena (ottomila spettatori) dell'Università di Montreal, che quel lungo e smilzo ragazzo italiano era diverso dagli altri. Il più disinvolto, il più eclettico, il più imprevedibile, ora attaccabrighe ed ora apparentemente apatico, ma in realtà sempre presente a se stesso sino all'ultimo match di spareggio contro il sovietico Romankov, che è stato preso letteralmente d'assalto e schiantato. I francesi, anche per il fatto che la sola sconfitta della finale Dal Zotto l'ha patita proprio ad opera del transalpino Talvard, erano i più entusiasti. «C'est un fou génial», ripeteva a tutti il capo-allenatore Deunadieu, sostenendo che da tempo non nasceva nella scherma europea un talento ancora grezzo, ma di tale valore. Perché tutti riconoscono che il mestrino ha ancora molto da imparare: noi ci chiediamo se imparando non perderà inevitabilmente la freschezza di questi giorni lavolosi. Era dal 1936, dalle Olimpiadi di Berlino, che l'Italia non vinceva la medaglia d'oro del fioretto individuale, la più ambita nel mondo della scherma. Allora fu Gaudini, che seguì la strada aperta da Nedo Nadi. Ora Fabio Dal Zotto rinverdisce antiche tradizioni, esce come dal nulla e infila avversari sulla punta della sua arma andandoli ad assaltare con slancio, o aspettandoli con finta noncuranza. Una invenzione continua, «un artista», mormorava il presidente Nostlnl sull'orlo dell'infarto dopo la serata di gloria vissuta nella scìa di questo ragazzone che impressiona per la freddezza, oer la disinvoltura. Sarà perché siamo abituati a vedere troppi sportivi italiani 'calare le brache' non appena la tensione della gara cresce, che Fabio Dal Zotto nei due giorni di Montreal ci è sembrato un marziano al cospetto delle tradizioni nazionali. Lui adesso finge che non sia successo nulla. Già ieri sera, forse per l'inevitabile emozione, forse per la fatica, indubbiamente anche per carattere, ha sorpreso per il suo distacco nelle interviste del dopo gara. Anche nelle risposte è uscito dagli schemi. Dopo aver choccato tutti in pedana, ha completato l'opera negli spogliatoi, dove con un gesto di forza il gruppo dei giornalisti italiani l'ha strappato al protocollo ufficiale. — La sognavi un'impresa del genere? «Beh, sennò cosa sarei venuto a fare? ». — / compagni dicono che sei matto, simpaticamente inatto, tu che cosa pensi? «Lo dicono perché non sono come loro, perché non parlo solo di scherma, lo faccio altro, anche, e non trasformo in una religione il mio sport. Tanto è vero che mi alleno meno di loro». — Che fai fuori dalla scherma? «Studio, il necessario, e per il resto penso a divertirmi». — Dicono che sei un mostro, che hai il dono di vedere i colpi prima che ti arrivino addosso. «Sì, e magari dicono che faccio anche i miracoli». — Hai mai avuto difficoltà in questi due giorni di gare? «Al primo turno, un po' di emozione. Contro Talvard perché mi hanno rubato due stoccate buone, e potevo arrivare prima alla medaglia d'oro». — Come mai sei parso in difficoltà contro i francesi, meno forti dei due russi che hai invece dominato? «Perché i russi, soero non se la prendano per questo giudizio, sono per così dire inquadrati, non hanno fantasia. Mi è bastato fare qualcosa di strano, portare un colpo da sciabolatore, che sono rimasti lì, sorpresi». — Chi è per te l'avversario più difficile? «Mio cugino Luciano Dorella, tira con me a Mestre, è un ragazzino ma comincia a rompermi le scatole. Arriverà anche lui ad una medaglia. Chissà, poteva arrivarci anche mia madre se non chiudeva la carriera di fiorettista quando sono nato io». Un botta e risposta fuori dai canoni, ma certo per Fabio Dal Zotto — visto come l'ha conquistata, di slancio, senza quasi rendersene conto — la medaglia d'oro non deve sembrare una gran cosa. Magari realizzerà la portata della sua impresa più tardi quando, esaurito il fattore sorpresa, troverà avversari che gli renderanno dura la vita. A Montreal, certo, ha portato nella scherma un'aria nuova. In due giorni ha sostenuto ventitré assalti, ne ha persi solo sei, e chi l'ha battuto una volta è stato poi ampiamente suonato nelle ri vincite. La «pou/e» finale l'ha visto alle prese con i sovietici Romankov e Stankovic, i francesi Talvar e Pietruska, il giovane australiano Benko. Dal Zotto ha vinto quattro Incontri di slancio, Pletruska è stato addirittura stroncato in meno di un minuto, Stankovic che era in vantaggio per 4 a 3 è stato raggiunto con una stoccata in tuffo che ha suscitato le proteste del clan sovietico, ma che il giudice arbitro ha dato buona perché l'azzurro ha "toccato' ancora con un piede per terra. Un tuffo vero, chi l'ha visto in tv ne è buon testimone. Contro Talvard, la sconfitta complicata da due stoccate contestate l'ha portato allo spareggio contro il tenace Romankov, ma neppure nell'assalto decisivo i nervi di Dal Zotto hanno ceduto. Il sovietico si è trovato sullo zero a quattro senza accorgersene, ha avuto spazio per una botta di risposta, poi non gli è rimasto che correre incontro all'avversario e stringergli la mano. Bruno Perucca | I i | . | : Montreal. Dal Zotto nel vittorioso spareggio contro Romankov. L'azzurro ha dominato l'assalto portandosi in vantaggio per 4 a 0 e poi concludendo con un perentorio 5 a 1. Nella foto, un attacco del sovietico che tocca 3l braccio, bersaglio non valido

Luoghi citati: Berlino, Budapest, Italia, Montreal, Parigi