Bilancia alimentare perché è in "rosso"

Bilancia alimentare perché è in "rosso"Disavanzo di quasi cinque miliardi Bilancia alimentare perché è in "rosso" Per rimediare solo due ipotesi possibili: o ridurre molto i consumi o aumentare la produzione agricola Pubblichiamo oggi 11 secondo articolo di Manlio Rossi Dorla sul problemi dell'agricoltura italiana. II primo articolo è comparso sabato scorso. Uno dei più gravi aspetti della crisi economica italiana è stato ed è il pauroso disavanzo della bilancia alimentare. Sino alla seconda guerra mondiale (con l'eccezione per gli anni Ira il 1914 e il 1925) la produzione agricola nazionale era stata in grado di soddisfare gli allora modesti consumi interni e di consentire un saldo attivo nel commercio internazionale dei prodotti agricoli alimentari, l'Italia era cioè esportatrice netta di tali prodotti. Dopo l'ultima guerra la situazione si è rovesciata. Sebbene nel ventennio 1953-1973 vi sia stato un notevole aumento della produzione agricola (a prezzi costanti poco meno che raddoppiata), l'aumento dei consumi agricolo-alimcntari 6 stato tale da imporre un crescente ricorso alle importazioni e da determinare — per il contemporaneo più modesto aumento delle esportazioni — l'eccezionale disavanzo che oggi ci schiaccia. L'aumento di questo saldo passivo ha avuto, per ovvi motivi, un diverso andamento nel corso del ventennio considerato. Modesto sino al 1960 (135 miliardi di lire in media nel 1948-'50, 47 nel 195l-'55, 73 nel 1956-'60) esso è velocemente cresciuto dopo il 1963, quando in lire correnti (legname e pesca compresi) esso raggiunse i 500 miliardi di lire per passare a 1.100 nel triennio 1966-'68, a 1.400 nel biennio successivo. Le cifre relative agli ultimi anni sono stale più volte riportate dalla stampa anche se non sempre correttamente. Conviene quindi ripeterle. Nel 1971 si sono toccati i 1.700 miliardi, nel 1972 i duemila, nel 1973, 5.300, nel 1974, 3.900, nel 1975 si è ridisecsi a 3.500, ma — se gli aumenti registrati nel primo quadrimestre 1976 dovessero estcndersi all'intero anno — rischiamo di raggiungere e superare i 5 mila miliardi di lire. Lo straordinario aumento degli ultimi anni è stato naturalmente in gran parte determinato dalla impennata dei prezzi agricoli sui mercati internazionali, dal più cospicuo aumento dei prezzi dei prodotti importati rispetto a quello degli esportati, nonché dalla generale inflazione e dalla particolare svalutazione della lira. Se, tuttavia, si rifà il calcolo a prezzi costanti 1963 (come in un pregevole recente lavoro del servizio studi della Banca d'Italia: « La bilancia alimentare dell'Italia nell'ultimo ventennio » a cura di Massimo Roccas) si vede come nel decennio 1963-73, malgrado un aumento della produzione agricola nazionale del 40 per cento, il saldo passivo della bilancia commerciale agricolo-alimcntarc sin risultato alla line del decennio pari a due volte e mezzo quello iniziale (1.300 miliardi di lire per l'anno 1973 rispetto ai 500 miliardi del 1963: il calcolo e, tuttavia, fatto su dati in lire correnti non comprensivi di tutte le voci incluse nell'usuale statistica dell'Istat). L'aumento dei consumi e delle importazioni sono una conseguenza di vicende ben note: l'aumento della popolazione (13 per cento in vent'anni) e l'aumento dei redditi pro-capite (più che raddoppiati a prezzi costanti nello stesso periodo). Lo studio citato ricorda in particolare come: i consumi alimentari pro-capite si siano più che raddoppiati nel ventennio; £\ gli aumenti dei cosiddetti consumi « ricchi » (carne, zucchero, ortofrutticoli, lattiero cascari) siano stati maggiori di quelli « poveri »; £l il consumo dello zucchero si sia più che triplicato e quello delle carni più che quadruplicato; £K la quantità di calorie, di proteine e di grassi nella nuova dieta degli italiani sia rispettivamente cresciuta del 20, 25 e 90 per cento rispetto a quella di vent'anni prima, portando l'Italia (salvo che per i grassi) a livelli di consumo molto vicini a quelli dei Paesi altamente industrializzati; Ck il non grande dislivello nei consumi alimentari pro-capite tra l'Italia e gli altri Paesi vada principalmente attribuito alla situazione delle Regioni meridionali, nelle quali i consumi procapite sono ancora del 27 per cento più bassi che nel rimanente d'Italia. La divulgazione di questi dati elementari può servire a togliere di mezzo le facili illusioni e ad impostare correttamente i possibili rimedi. Chi li considera attentamente si rende conto che la situazione resterà gravissima anche in avvenire, anzi tenderà ad aggravarsi ulteriormente nel tempo. Una riduzione immediata del saldo passivo della bilancia alimentare, infatti, potrebbe aversi solo nel caso in cui si realizzasse Cuna o l'altra di due ipotesi ugualmente inconsistenti: una drastica riduzione dei consumi alimentari degli italiani o uno straordinario aumento generale ed immediato della produzione agricola nazionale. Queste constatazioni non significano che non ci sia nulla da fare. All'invero c'è moltissimo da fare, sia nei tempi brevi che in quelli medi e lunghi. La lotta per ridurre il disavanzo alimen¬ tare e, tuttavia, possibile solo a condizione di: A disarticolare questo problema nelle numerose sue componenti; A individuare e mettere in atto per ciascuna di esse una serie di specifici interventi; ffk articolare le politiche relative in modo diverso a seconda che il problema nei singoli settori appaia particolarmente gra¬ ve in termini reali o in termini monetari. Nel prossimo articolo si cercherà di sviluppare analisi e proposte in questa direzione. Si spera, cosi facendo, di contribuire alla concretezza dei futuri programmi governativi, senza la quale — come è stato detto in un precedente articolo — il nuovo governo ricadrebbe nella impotenza dei precedenti. Manlio Rossi-Doria

Persone citate: Cuna, Manlio Rossi, Manlio Rossi-doria

Luoghi citati: Italia