Andreotti "ignora" la vicenda di Lamberto Furno

Andreotti "ignora" la vicenda Andreotti "ignora" la vicenda Roma, 19 luglio. La «bomba Schmidt» non avrà alcun effetto, se non una spinta positiva a «stringere» sugli sviluppi delle complesse trattative che Andreotti sta conducendo per risolvere la crisi. Il giudizio nasce da un sondaggio che abbiamo condotto oggi interpellando circoli di ogni genere, da quelli istituzionali a quelli vicini al presidente incaricato e ai partiti, inclusa un'intervista con l'onorevole Giancarlo Pajetta, autorevole portavoce del pei, «pietra dello scandalo». Occorre dire che dopo le prime, immediate reazioni a caldo, è stato necessario sollecitare commenti e valutazioni sulla minaccia rivelata venerdì scorso dal Cancelliere tedesco, ospite ufficiale degli Stati Uniti. Schmidt ha sostenuto che Germania Occidentale, Francia, Inghilterra e Stati Uniti hanno concordato al vertice di Portorico di non concedere prestiti all'Italia nel caso in cui i comunisti siano partecipi del governo. La decisione sarebbe stata presa in una colazione di lavoro, fuori della sede ufficiale della conferenza e assenti Moro, Rumor e Colombo, che guidavano la numerosa delegazione italiana. Palazzo Chigi, bersagliato di critiche da parte socialista e comunista, ha reagito ieri con una nota ufficiosa in cui precisava che Moro, Rumor e Colombo non furono informati di quanto si sarebbe tramato alle spalle dell'Italia. «Quali che siano le valutazioni che altri governi fanno sulla situazione politica in Italia — concludeva la nota presidenziale — è motivo di rammarico che siano espresse in modo non appropriato ». Se il linguaggio diplomatico si limita a queste formule, le reazioni che si raccolgono sono molto più incisive e dimostrano che la ripulsa delle ingerenze nei fatti interni è comune a tutte le forze politiche democratiche. Andreotti continua impassibile la propria opera di paziente tessitura di «ciò che unisce» come se il cancelliere. Schmidt non avesse parlato affatto. Si direbbe che il presidente incaricato si rifiuti di prendere in considerazione le dichiarazioni dello statista tedesco nella convinzione che siano state dettate da malintese esigenze di propaganda elettorale interna, visto che la socialdemocrazia germanica è. tallonata dalla democrazia cristiana tedesca. La risposta che si raccoglie in questi ambienti è che le ga- ! ranzie opportune all'Occiden- j te, in cambio di prestiti ben remunerati, le danno i democratici italiani che sono impegnati nel confronto dialettico con il pei. Si rileva anche che le pressioni di Schmidt non possono riguardare la democrazia cristiana, che punta su un accordo programmatico, ma non operativo e di governo, con il pei, il cui «coinvolgimento» nell'esecutivo e ancor più nella maggioranza è teoricamente richiesto solo dai socialisti. Non sembra sia toccata valutazione più preoccupata alle «precisazioni» attribuite a fonti del Dipartimento di Stato circa la «formula Kissinger»: essa ammetterebbe accordi con i comunisti nel Parlamento, sul programma e, sembra, persino su eventuali sottosegretariati senza precludere i prestiti all'Italia. «Se è vera questa "dottrina" è piuttosto ridicola», ha osservato una fonte Inolto qualificata. Sentiamo Pajetta, portavoce della «pietra dello scandalo», il pei. «Schmidt ha detto tante cose contraddittorie, in parte per necessità elettorali contro la Cdu (la de tedesca) che lo incalza da destra. Intervenne anche nella campagna elettorale italiana, ma non certo per utilità del psdi che ha perso metà dei suoi voti. I 12 milioni e 600 mila voti del pei dimostrano la ripulsa, per dignità nazionale, di interventi così grossolani». I timori che il pei sia al governo bloccano, comunque, i crediti. Pajetta: «La Germania non ha mai aiutato l'Italia senza interesse o per fiducia nella de. Per l'ultimo prestito si è garantita con l'oro della Banca d'Italia. Anche gli altri governi hanno ritenuto utili accordi e scambi finanziari. Noi abbiamo già detto di non pensare che l'Italia, con il pei al governo, dovrebbe negare la necessità e l'utilità dei rapporti d'ogni genere con la Comunità Europea e gli Stati Uniti». Però i partners sono quanto mai riluttanti. Pajetta: «Al di là della propaganda elettorale, bisogna tener conto della realtà politica. Noi non pretendiamo di entusiasmare Schmidt, Giscard d'Estaing. Quanto al Presidente Usa non sappiamo chi sarà. Però può darsi che questi signori siano abituati male da chi ha sinora rappresentato l'Italia in assemblee internazionali. In noi avreb bero interlocutori più gelosi anche della dignità nazionale Non confondiamo l'elemosina elettorale con i rapporti fra Stati che devono essere di reciproco rispetto. Perciò rispondiamo con sdegno a questo tentativo di ricatto inammissibile e persino incomprensibile nella forma». Vi sdegnereste anche per analoghi interventi sovietici? Pajetta: «Alla conferenza comunista di Berlino abbiamo detto in modo inequivocabile che per i comunisti non ci deve essere nessun partito e nessuno Stato-guida». E se il pei andasse davvero al governo, cosa accadrebbe? Pajetta: «Se i comunisti, come credo, interverranno sempre più nella vita dello Stato, se saranno presenti nel governo — e non vedo come possa essere solido senza di noi —, alcuni dei signori che si sono espressi in varie lingue nei nostri confronti chiederanno a noi di dimenticare quel che hanno detto». La «bomba Schmidt» influirà sulla crisi italiana? Pajetta: «C'è un aspetto ne-gativo ed è l'atteggiamento te-nuto a Portorico dai nostri ministri morituri: esso non sarà mai abbastanza condannato. Però c'è il fatto positivo della reazione nella quale è prevalsa, in generale, la ribellione o almeno la critica. Queste disgraziate espressioni di Schmidt hanno determinato un sussulto dello spirito nazionale ». Lamberto Furno