I bagni proibiti sulle spiagge di Genova E' l'esempio di un "divieto all'italiana" di Filiberto Dani

I bagni proibiti sulle spiagge di Genova E' l'esempio di un "divieto all'italiana" I bagni proibiti sulle spiagge di Genova E' l'esempio di un "divieto all'italiana" La decisione è dell'ufficiale sanitario, contraria al parere del Comune - I cartelli ci sono ma la gente li ignora (Dal nostro inviato speciale) Genova, 17 luglio. I cartelli che vietano i bagni ci sono, ma la gente fa finta di niente: tuffandosi abusivamente in mare, le può capitare tutt'al più di dover pagare ai vigili sanitari mille lire di multa. Al rischio di buscarsi un'infezione non ci pensa proprio: l'amministrazione comunale genovese non ha forse invitato alla fiducia i bagnanti dicendo che questo mare non è peggiore degli altri? Certo, lo ha detto, tant'è vero che s'è guardata bene dal vietare i bagni. Ma, allora, chi ce li ha messi sulle spiagge quei perentori cartelli che hanno praticamente cancellato il mare di Genova dal panorama balneare? Ce li ha messi l'ufficiale sanitario del comune, il professor Giuseppe Lombardo, ligio alla circolare del ministero della Sanità (primo giugno 1971) che non consente la balneazione quando i colibacilli superano le cento unità per decilitro d'acqua marina. Ed è appunto il caso del mare di Genova. Ci si chiederà: com'è possibile che l'ufficiale sanitario del comune possa proibire ciò che il comune non intende proibire? Giriamo la domanda a un personaggio che in questi giorni di caldo soffocante ha più che mai il dente avvelenato, il dottor Alberto Benone, presidente del sindacato nazionale dei gestori di bagni marini. Risponde: «L'ufficiale sanitario ha avuto due buone ragioni per agire così: la prima è che, nella sua veste di funzionario, è obbligato ad attenersi scrupolosamente alla circolare ministeriale di cui è diretto destinatario; la seconda è che, non avendolo fatto l'anno scorso, ha dovuto subire un processo che, dopo una prima condanna, s'è peraltro concluso in appello con la sua assoluzione dall'accusa di aver omesso quanto di sua competenza per impedire la balneazione in acque inquinate». Alla vigilia di questa stagione balneare, dunque, il professor Giuseppe Lombardo accerta che il tasso d'inquinamento marino è superiore alla norma, nega il nullaosta sanitario a più di ottanta stabilimenti balneari genovesi (si salvano soltanto quelli di Vesima, all'estremo ponente, due di Voltri e tre di Nervi, all'estremo levante), poi passa la patata bollente all'amministrazione comunale, chiedendo al sindaco di ordinare il divieto di balneazione. Scoppia il finimondo. I gestori dei bagni marini insorgono con veemenza assieme ai loro trecento dipendenti stagionali, l'associazione di categoria decide a furor di popolo di ricorrere al Tar, il tribunale amministrativo regionale, la giunta comunale si riunisce d'urgenza e discute per ore e ore. Risultato? Al momento, e siamo al 28 maggio, nessuno. Il sindaco Fulvio Cerofolini, socialista, spiega: «Non sono vincolato alle circolari ministeriali. Ho il dovere di ordinare il divieto di balneazione soltanto se c'è pericolo per la salute pubblica. Interpellerò degli esperti per sapere da loro se questo pericolo c'è». E arriviamo ai giorni nostri. Ecco, in sintesi, la risposta degli esperti: i tassi d'inquinamento marino rilevati dall'ufficiale sanitario non sono di per sé indicativi di pericolo per la salute pubblica e, pertanto, non richiedono un divieto di balneazione. Adesso il sindaco, tranquillizzato, può respingere la richiesta dell'ordinanza, i gestori dei bagni marini tirano un sospiro di sollievo, i genovesi oppressi dall'afa si accingono ad invadere con esultanza le loro spiagge. Invece, non cambia niente, tutto rimane come prima. L'ufficiale sanitario, memore dei trascorsi guai giudiziari, continua a negare i nullaosta, i gestori sono costretti ad avvertire, con tanto di cartelli, che nei loro stabilimenti l'affezionata clientela può soltanto arrostire al sole, le spiagge, insomma, restano «off limits» ai bagnanti. E, allora, che differenza fa il si del sindaco contro il no dell'ufficiale sanitario? Spiega Alberto Benone: «Da un punto di vista pratico la differenza è rilevante: se qualcuno fa il bagno in acque proibite dall'uffioiale sanitario i gestori degli stabilimenti balneari non hanno alcuna responsabilità e il bagnante deve pagare una piccola contravvenzione. Se ci fosse l'ordinanza del sindaco, invece, i gestori verrebbero coinvolti: una grossa multa, l'arresto fino a tre mesi, l'iscrizione al casellario giudiziario». C'è anche un lato grottesco. «Parecchia gente — dice il presidente dei gestori — va nello stabilimento balneare, prende la cabina per il bagno di sole, poi corre a tuffarsi in mare nelle vicine spiagge libere perché lì non ci sono i cartelli che vietano la balneazione. E non mi chieda perché non ci sono: evidentemente si sono dimenticati di metterceli. Così in quelle spiagge, che sono sempre affollatissime, tutti possono fare il bagno senza timore d'essere contravvenuti». E il ricorso al Tar? C'è speranza che venga accolto e che le spiagge possano essere riaperte prima che finisca la stagione balneare? Alberto Beno-, ne risponde senza perifrasi: «Per quest'anno non c'è più niente da fare. Ormai siamo rassegnati. Un giurista sta lavorando attorno al nostro ricorso: ci servirà per l'anno prossimo, perché va da sé che questa situazione si ripeterà per quattro o cinque anni, non prima cioè che entrino in funzione i depuratori. Ci batteremo ancora una volta per dimostrare che le acque genovesi sono idonee alla balneazione, molto più idonee dì quanto lo siano atlre della Penisola dove non viene fatto alcun divieto. L'anno scorso i colìbaoìllì oscillavano tra i 109 e ì 275 per decilitro d'acqua, quest'anno sono scesi a livelli ancor più modesti, ep pure il ministero della Sanità continua ad osservare il limite rigido di 100 nonostante le direttive della Cee che giudicano accettabili le acque con duemila colibacilli. A Genova, poi, si dà addirittura la multa a chi si bagna in tratti di mare dove i colibacilli sono poco più di cento». A tutt'oggi sono stati multati poco più d'una cinquantina di bagnanti: la contravvenzione va da mille a quarantamila lire. «Ma i vigili sanitari — dice il presidente dei gestori — danno sempre il minimo, mille lire, e lo danno quando non ne possono proprio fare a meno. Creda a me, facciamo veramente ridere i polli». Filiberto Dani

Persone citate: Alberto Beno, Alberto Benone, Fulvio Cerofolini, Giuseppe Lombardo

Luoghi citati: Genova