Shakespeare raro a Borgio Verezzi
Shakespeare raro a Borgio Verezzi Shakespeare raro a Borgio Verezzi Lo spettacolo presentato da Giancarlo Cobelli, protagonista Giorgio Albertazzi (Dal nostro invialo speciale) Borgio Verezzi, 17 luglio. Con tutto che Shakespeare sia il prezzemolo del teatro italiano — Slabili, compagnie e gruppi ne intasano i loro cartelloni — « Pericle, principe di Tiro » non era mai stato rappresentato da noi. E' vero: è nel mazzo degli apocrifi, i primi due atti non sono sicuramente di Shakespeare, sugli altri rimane qualche dubbio, e infine non si tratta davvero di un capolavoro. Resta il fatto che nessuno aveva ancora portato sulle scene, in italiano, l'incredibile storia di un re che, fuggendo di terra in terra, perde prima la moglie poi la figlioletta ma quando ormai le piange per morte, le ritrova come in un savio romanzo a lieto fine dove tutti i nodi si sciolgono, i buoni finiscono di patire •— c'è chi si sposa, chi recupera il trono — e i cattivi vengono regolarmente puniti. Questo « happy end » moralistico Giorgio Albertazzi ce lo ha risparmiato. E non è la sola cosa buona del suo adattamento: pur traducendo il testo originale con un rispetto che altri arrangiatori solitamente non hanno, lo ha tagliato dove si poteva e si doveva tagliarlo e, dove zoppicava, l'ha raddrizzato con battute di altre tragedie shakespeariane. E ha risolto con finezza il finale ricordandosi di un poemetto di Eliot, « Marina », ispirato proprio al « Pericle » e dando alle peregrinazioni del protagonista per i mari di un fantastico Oriente il senso di un viaggio anche ■bell'anima, di una ricerca della verità che, come diceva Agostino in « De vera religione », non può che essere dentro di noi. La citazione agostiniana è suggerita dall'ambiente: lo spettacolo al quale Albertazzi collabora come traduttore e come protagonista, si svolge davanti alla piccola chiesa di sant'Agostino (un dubbio: sarà poi lo stesso santo?) sulla non mai abbastanza ammirata e celebrata piazzetta di Borgio Verezzi che quest'anno festeggia dieci anni di rappresentazioni all'aperto. Qui lo scenografo Paolo Tommasi ha costruito, un paio di metri sopra il sagrato, un palcoscenico inclinato dal quale il regista Giancarlo Cobelli fa sbucare, come ombre evocate dagli Inferi, i personaggi del dramma shakespeariano. Il palcoscenico è così una sor¬ ta di antica mappa di terre emerse e di acque dove tre buche rettangolari — bocche dell'Ade — vomitano di quando in quando gli attori, per poi inghiottirli di nuovo quando la loro parte è finita, e stanno anche ad indicare i regni, le isole, le città di questo Ulisse del Medioevo che è Pericle. Più medievale che rinascimentale sia perché alcune fonti usate da Shakespeare si rifanno ad antiche storie latine ed ellenistiche tramandate nell'età di mezzo, sia perché al Medioevo ancoru appartiene il poeta John Gower che Shakespeare introduce di persona nel dramma affidandogli i prologhi nei quali Gower riassume ed espone tutto ciò che non si potrebbe rappresentare. Cobelli ha arricchito e ampliato il personaggio in una sorta di divinità marina, facendolo anche intervenire nei travestimenti o con le battute di questa o quella figurina minore. E il mare con le sue tempeste è, del resto, il nume capriccioso che regola le avventure di Pericle: tra apparizioni velate e incappucciate, in un fitto intrico di reti, da una pittoresca fungaia di ombrelli e baldacchini come segnacoli dei luoghi deputati, emerge e beccheggia talvolta la prua della nave del principe, ed è un bellissimo effetto, anche se la ripetizione lo spoglia poi dell'incanto La rappresentazione e varia e colorita: i costumi di Tommasi sono di una sunluosa stracceria, le luci di quarzo accendono abbaglianti chiarori, il requiem di Mozart prorompe su tamburi e nenie africane, e gli interpreti si prodigano senza risparmio a cominciare da Albertazzi, un protagonista di" dolcissima trasognatezza e malinconia che ricorda il Prospero della « Tempesta », come Elisabetta Pozzi, freschissima Marina, è una Miranda che ha letto Eliot. 11 giovane Emilio Bonucci è un Gower di ammirevole impegno, Bianca Toccafondi diverte facendo una matrigna da Biancaneve, Alberto Blandi
Luoghi citati: Borgio Verezzi
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