Sul delitto al Circeo di Luciano Curino

Sul delitto al Circeo Questa LItaliaJ Sul delitto al Circeo Il processo per il delitto al Circeo è anche processo alla violenza sessuale di gruppo, fenomeno che in pochi anni è diventato piaga sociale. Ecco due notizie di questi giorni. Una viene da Roma: «Una ragazza di IS anni, Alessandria P., è stata violentata da cinque giovani che poco prima l'avevano rapinata insieme col fidanzato, mentre si trovava nei pressi di Castel di Guido. La ragazza è stata ricoverala al San Giovanni e giudicata guaribile in 15 giorni». La seconda viene da Niscemi, iiTSicilia: «La diciottenne Daniela M. si era recata con la sorella, il fidanzato e due giovani in gita alla periferia del paese. Sul posto sono giunte due automobili con sei giovani, i quali hanno circondato il gruppetto e, con la minaccia delle armi, hanno costretto Daniela a seguirli. La giovane è stata portata via e rilasciata dopo aver subito violenza dai sei». Sequenze da «Arancia meccanica» che stanno diventando quotidiane nelle nostre cronache. Fino ad una decina di anni fa l'aggressione sessuale era quasi sempre opera di un «isolato», che veniva definito maniaco o bruto. Oppure «mostro», quando la vittima era un bimbo. Dice un criminologo americano: «Una volta questi delitti erano appannaggio di vecchi lascivi al loro tramonto sessuale, di adulti paidofili, di provinciali repressi e incapaci di crearsi una partner. Fenomeni, in ogni caso, individuali. Adesso lo stupro trova seguaci soprattutto tra i giovani e i giovanissimi, che sono portati ad agire in gruppo, senza alcuna vergogna». Aggiunge un sociologo: «L'azione di gruppo, anzi, costituisce uno stimolo, quasi che. i teppisti sentano il bisogno di farsi coraggio a vicenda e cerchino, nell'atto di sopraffazione sessua-le, uno sfogo di carattere vanda lieo, una dimostrazione della propria, distorta, mascolinità». E' stato notato che adesso i giovani fanno tutto in gruppo, il bene e il male. Lo stupro di gruppo, che ha quasi caratteristiche di delitto rituale, è fenomeno che in America ha dimensioni spaventose. Si legge in una relazione: «Si violenta dappertutto: nelle vie maleodoranti delle metropoli, negli androni di certi fabbricati suburbani, negli ascensori, persino nella metropolitana. I bersagli non hanno limiti d'età: sono state violentate bambine di 11 anni e vecchie di 80». Ragazze indossano magliette di cotone con la scritta: «Castrate rapists», castrate gli stupratori. La giornalista Susan Brownmiller ha pubblicato un libro sull'argomento: «Against our will». contro la nostra volontà. Afferma che ogni anno 55 mila americane denunciano di essere state violentate, ma in realtà il numero è dieci volte superiore, attorno al mezzo milione. «Nove su dieci preferiscono tacere, anche se in seguito soffriranno di turbe fisiche e psichiche. Il silenzio gli è imposto dalla vergogna, qualche volta dalla paura. Dalla certezza, anche, che lamentarsi non serve a niente. Attualmente, soltanto il due per cento degli aggressori sono identificati, arrestati, condannati». In Francia, ufficialmente le vittime sono 2500 l'anno. Ma gli stessi funzionari di polizia sono convinti che la realtà è assai peggiore: non meno di 100 mila casi l'anno. E domenica scorsa le femministe hanno tenuto a Parigi un congresso per donne vio- I lentate, lo slogan era: «Ogni tre j 1 minuti una donna in Francia ! viene violentata: compagne stu- ' prate, è ora di finirla!». Le autorità consigliano le donne ad imparare il karaté, a tenere nella borsetta quelle bombolette a gas che possono disorientare un aggressore. Ma le infermiere parigine che rincasano dai turni di notte non si fidano tanto della bomboletta e nella loro borsa hanno lunghe forbici per difendersi dai teppisti del sesso. Comunque, né il karaté né le forbici sembrano scoraggiare le bande di stupratori, e a Parigi è sorta la «SOS Femmes», una associazione di mutuo soccorso per le donne che subiscono violenza. Nel comitato direttivo ci sono medici, assistenti sociali, avvocati, sindacalisti: naturalmente, donne. Dicono alla «SOS Femmes» che le ragazze e le coniugate, tutte le donne, hanno paura perché «una figura d'uomo, in una strada deserta, oggi rappresenta il nemico». In Italia le donne che denunciano di avere subito violenza risultano meno di 1500 l'anno, e molte sono turiste straniere. Ma non c'è da farsi illusioni. Secondo una indagine sul fenomeno, anche in Italia «noi'e vittime su dieci regalano l'impunità ai loro aggressori non denunciandoli». Per i soliti motivi: vergogna, paura, sfiducia. Un paio di anni fa, a Roma, una madre di due ragazzini fu violentata da quattro canaglie. Fece denuncia, che i le procurò guai a non finire: una pubblicità sgradevolissima, malignità e morbosa curiosità dei conoscenti, decine di lettere anonime allusive ed oscene. Finché non ne potè più e cambiò casa, i suoi figli scuola. La ragazza che va a denuncia¬ re la violenza subita, probabil mente è convinta che la sua pa- tola basti. Invece le dicono di tornare con la carta bollata, fare denuncia con nome, cognome e circostanze. La ragazza ascolta, dice che va bene, esce e non si fa più vedere. Oltre la vergogna, rileva una inchiesta sulla violenza carnale, c'è l'angoscia di affrontare l'iter legislativo della denuncia: sottoporsi a visita ginecologica, rispondere a domande del tipo: che contatto sessuale c'è stato? Quante volte? E poi loro che cosa hanno fatto? Lei ha avuto orgasmo? E' sicura, signorina, di non aver fatto niente per provocarli? E se le cose stanno così, non sorprende che sol¬ tanto una su dieci trovi sufficiente coraggio di andare fino in fondo nella denuncia. Resta da rispondere alla domanda: perché i casi di violenza carnale collettiva diventano sempre più frequenti? Criminologi, sociologi, femministe danno risposte diverse. Sarebbe lungo riportarle. Una buona risposta sembra questa, di Susan Brownmiller: «Lo stupro collettivo è stato spesso usato nella storia più come gesto simbolico di presa del potere che non come atto sessuale: così l'hanno inteso le soldataglie di lutti. Ci tempi» e così lo intendono i teppisti di oggi. Luciano Curino

Persone citate: Daniela M., Susan Brownmiller