I quarantenni del psi

I quarantenni del psi LA DECAPITAZIONE DELLA VECCHIA GUARDIA I quarantenni del psi Non si riconoscono in un gruppo anagrafico né ideologico, sono separati da grandi distanze, la base è inquieta: s'annunciano per loro tempi diffìcili - Intanto, perduto il carisma, i capi storici s'allontanano Accompagnati da un'ombra di impopolarità, accolti spesso da cronisti impietosi, circondati perfino da un sospetto di parricidio, sono entrati nella scena politica italiana — già così affollata, di volti nuovi — : cosiddetti quarantenni socialisti. In quattro giorni, fra le poltrone e i tappeti di un albergane autostradale della periferia romana, hanno rovesciato il partito, cambiato le maggìoranze, decapitato il \ vertice politico. Sono rimasti essi stessi sorpresi delle conseguenze dei loro discorsi: il parricidio, se c'è stato, è stato preterintenzionale. L'ambiente era quello di una mini-convenzione all'americana, divani e sorrisi, concitazione e corridoi; un trauma pubblico, vissuto sotto gli occhi dei testimoni, davanti ai taccuini dei giornalisti e alle telecamere accese. Gli uomini convenuti al Midas Palace avevano in comune almeno una cosa: una lunga delusione. A marzo, si erano già incontrati per un congresso che era stato unitario solo perché le correnti interne non avevano voluto scontrarsi, e anzi avevano dichiarato un temporaneo armistizio. Ne erano uscite indicazioni politiche o troppo deboli o troppo utopistiche. In giugno, dopo un'incerta campagna elettorale, aveva- no tirato somme scoraggian- ! ti: perduti quattro deputati e quattro senatori, una base sempre più inquieta, le rota- live deZZ'Avanti! ferme per I uno sciopero politico-organizzativo, ma soprattutto la tenaglia dei due colossi sempre più stretta. Il vicesegretario del partito s'era dimesso addirittura davanti al televisore, quando si conoscevano solo le profezie matematiche degli istituti d'indagine statìstici. Così, nel mese di trauma post-elettorale, era maturata l'insofferenza. La « questione socialista », che l'aumen- to dei voti avrebbe potuto coprire o rinviare, esplodeva invece in mille analisi: disordine organizzativo, scarsa militanza, assenza di una proposta originale, gerontocrazia, distacco fra capi e seguaci, declinante prestigio presso le minoranze, un patrimonio culturale inutilizzato e, qua e là, l'incrinatura del clientelismo. Mali comuni a molti partiti, e che nel psi, per comprensibile patriottismo dì simbolo, non si voleva che fossero denunciati dall'esterno, anche se all'interno ne erano tutti persuasi. Mali comuni, che in altri partiti non provocano scissioni né guerre civili, mentre nel psi diventano subito forza centrifuga. Le cronache del Comitato centrale sono note: parole' I \ ' \ I che diventano fatti, una scontentezza che si fa tangibile, si trasforma in voti, dimissioni, vittorie e sconfitte. E' una svolta, e pochi ricordano che Pietro Nenni diventò se gretario dei psi mezzo secolo fa, quando aveva appena 35 anni. Nelle inevitabili semplificazioni narrative, è i I il capo. la rivolta dei colonnelli, il ricambio di generazioni. I quarantenni, appunto. Ma chi sono, se esistono davvero? Nel nuovo gruppo dirigente (che contiene tuttavia uomini di tutte le età), è più facile rintracciare le differenze che i caratteri comuni. I più giovani, è vero, hanno vìssuto esperienze simili, le associazioni universitarie, le federazioni giovanili. Li descrivono come uomini d'apparato, fiori di serra coltivati artificialmente negli uffici studi, nelle anticamere dei capi storici. Le loro biografie politiche sono esigue. Non hanno vissuto direttamente né le grandi glorie né i grandi traumi del socialismo italiano, molti si sono affacciati ai primi incarichi quando addirittura il centro-sinistra era già l'ombra di se stesso: i loro predecessori, sia pur scettici su quella formula, occupavano ministeri importanti. Cre\ scevano lentamente nella ' scia dei leaders più prestigiosi, e anzi l'accusa più frequente era proprio quella \ opposta di oggi, era l'eccesso I di fedeltà, il rapporto gerarchico e non politico con i Del socialismo, ciascuno si forma l'immagine che più gli conviene, che sia un militante c un avversario: un club intellettuale, un'organizzazione di potere o, il più delle volte, una bandiera di vecchi militanti, populismo e primi scioperi, nostalgia e clandestinità. Ai suoi nemici, il più antico partito operaio piace così, come un museo di foto ingiallite, nobili barbe, eroici compagni sconfitti. Ma i quarantenni di via del Corso gettavano un occhio distratto, se non infastidito, ai quadro di Trampolini. Scissioni e riunificazionì erana state vissute con passione o con rabbia, ma dietro le quinte. E il centrosinistra era un esperimento altrui. Il carisma dei leaders era remoto, inarrivabile. E intanto cambiavano faccia anche gli altri partiti, arrivavano i tecnici, i sindacalisti, gli industriali. Il giudizio negativo sul passato era dunque comune, e si solidificava nelle ultime settimane, l'autocritica raggiungeva tutti come uno psicodramma di massa, e dopo l'insuccesso elettorale il partito sembrava ormai a tutti una macchina ansimante, priva di attivisti e di volontari, scarsa di remunerazioni ideali, sorda ai moniti, impermeabile ai suggerimenti. Pochi si chiedevano la ripartizione comune della responsabilità, più facile voltare pagina di corsa, far prevalere il dissenso politico sulla fedeltà obbligata. La riconoscenza non è una virtù di partito, e poi qualcuno doveva pur guidare la denuncia degli errori, tradurla in atti, in verbali, in documenti. Il partito amletico, indecifrabile, problematico, che irrita e attira, che non sceglie, che fugge in avanti, appare all'improvviso, in quattro torridi giorni, uno strumento inservibile. Per loro stessa, immediata ammissione, ì quarantenni socialisti non si riconoscono in un gruppo anagrafico, né ideologico. Non sono i giovani turchi né i capitani portoghesi. Ereditano un partito che Giorgio Galli ha da tempo definito « a debole insediamento sociale, che non premia la militanza né l'attivismo volontario». Fra loro, sono separati da grandi distanze, che non tarderanno ad apparire, quando la nube dell'accusa di congiura sì sarà dissolta-, quando dovranno compiere le grandi scelte. Hanno espugnato lo stesso tavolo uomini che immaginano un socialismo turatiano, o manageriale, e uomini che nutrono i loro dij scorsi di immagini gram\ sciane. Convivono anticomu| nisti convinti con teorici delj la grande alternativa. L'ereI dita è contesa e difficile, ; l'eurosocialismo può avere la | faccia di Mitterrand o quella di Schmidt. I capì storici s'allontanano, la base è ancora inquieta, ì critici più severi insistono sul tasto del moralismo e dell'intelligenza inascoltata. S'annunciano, per i quarantenni, tempi difficile Andrea Barbato Roma. Il passato del psi: Nenni e De Martino all'ultimo Comitato centrale (Telefoto Associated Press)

Persone citate: Andrea Barbato, De Martino, Della Vecchia, Giorgio Galli, Mitterrand, Nenni, Pietro Nenni, Schmidt

Luoghi citati: Mali, Roma