Carlo Marx parla a fumetti di Fabio Galvano

Carlo Marx parla a fumetti Carlo Marx parla a fumetti Pungenti e talora irriverenti vignette di Rodolfo Marcenaro spiegano l'ideologia del padre del comunismo • Dal nostro inviato speciale) .Milano, li marzo. Fumetto di Carlo Marx ei Federico Engels, titolo Manifesto comunista, editore Otta- , Viano di Milano. Sarà in libreria fra una decina di giorni, j Uno scherzo? No. Anzi, è una i cosa piuttosto seria, che farai discutere e polemizzare, non solo in Italia. Per la prima volta uno dei documenti basilari del comunismo interna-' zionale. quello che compendia le opere dei due «padri della. rivoluzione», è presentato in i una forma che susciterà forsei qualche accusa di «lesa maesto», ma che ha l'indubbio pregio di rendere meno ostica i la lettura e la comprensione j di un testo essenziale tento per chi nel comunismo crede, ; quanto per gli avversari delle ; dottrine marxiste: il fumetto. Rodolfo Marcenaro. 39 anni, genovese trapiantato prima in Piemonte, poi a Firenze, infine in una modesta ca- ! setta di campagna poco di- \ stante da Varzi, dove fa di tut- : to. dal muratore allo spaccalegna, ha lavorato ininterrot- ; tornente per quattro mesi alle j 98 pagine di questo testo diseguato Un uomo votato all'ideologia comunista italiana, deciso a diffondere il «verbo» nel momento di maggior gioita di Berlinguer e compagni? Niente affatto: non è necessario «leggere fra le righe» per rendersi conto che il suo sforzo artistico vuole essere, oltre alla divulgazione dì un testo essenziale che molti non si sono mai presi ìa briga di consultare, un riattiamo all'ortodossia marxista. «Ho sempre votato pei, anche se non sono iscritto — dice Marcenaro — e oggi sono in crisi perché non capisco questo partito, il quale mi travisa i dogmi in cui ho sempre creduto. Capisco la necessità di un pluralismo delle idee, ma non mi va che il mio mondo ideale possa fare politica in questo modo, accettando anche un pluralismo partitico. Il comunismo cerne l'ho sempre inteso 10 è un salto qualitativo nella vita dell'uomo; quello di Berlinguer è un passo indietro». Basterebbero un paio d'altre frasi di questo genere a fare di Marcenaro non solo un critico di Berlinguer, ma anche la fotocopia del marxi- j sta intransigente. Lo conosco invece per un mite, un idealista che farebbe mille battaglie con il pennarello o l'inchiostro di china ma neppure mezza con la spada, e non posso quindi vedere nel suo Manifesto a fumetti il benché minimo segno di un ritorno alla violenza, al di là di quante possano essere pungenti e amare la parola o l'immagine. Molte parole «La notte scorsa, a Parma, I ho discusso fino alle quattro di notte — mi spiega Marcenaro — e come la maggior | parte delle discussioni anche quella non è servita a niente.! Perché? Semplicemente perché si discute in preda all'ignoranza più assoluta. Sono pochi quelli che conoscono ' bene il Manifesto e ho sentito 11 bisogno di volgarizzarlo». j La prima operazione è consi- ! stira in una «pulizia» del Un- j guaggio: «laddove» è diventato «dove», tanto per fare un esempio: le traduzioni del testo originale, tutte piuttosto vecchiotte, potevano essere ostiche da un punto di vista linguistico oltre che concettuale: «Per questo il mio lavoro è stato doppio: prima rendere leggibile il Manifesto, di cui nel mio libro non manca neppure una frase, e secondo illustrarne il contenuto in modo didattico ma anche spiritoso, per rendere l'insieme più appetibile. Non ho avuto alcuna consulenza "dogmatica", per cui ho fatto anche un paio di errori d'interpretazione che ho corretto in bozza; ma sono stato liberissimo di toccare a modo mio tutti i tasti e tutti i personaggi, da Solzenicyn a Pnolo VI, dallo stesso Marx alle immagini del proletario e del borghese, con il tocco dissacrante di chi vuole parlare chiaro». La descrizione di alcune sue vignette è praticamente impossibile, perché estratte dal quadro dell'opera completa risulterebbero snaturate, si presterebbero a interpretazioni solo in superficie umoristiche. Non è necessario conoscere l'autore per apprezzare il risultato. Che sia stravagante lo ammette egli stesso: è un comunista nato per reazione all'oppressione dei padri barnabiti nell'esclusivo collegio Carlo Alberto di Moncafieri, e rafforzato, ancora ra gazzino. dai gesuiti di Genova; uno che dopo la seconda liceo scientifico al Galileo Ferraris di Torino ha puntato tutto sul liceo artistico, a Firenze, che ha alternato tranne per il periodo di "naia" — una vita da «dirigente creativo» per case produttrici di caroselli televisivi a mesi senza una lira per mangiare, e che ha avuto il coraggio di trascinare una giovane e graziosa moglie torà anche due figli) in questa vita disordinata ma soprattutto avventurosa. Come sarà accolto, questo libretto gustoso ma rigido nel suo tradizionalismo ideologico, da un pei in evoluzione? Sarà criticato? Marcenaro non ha dubbi: «Sara criticato, perché il pei d'oggi non può accettare un'adesione cosi totale al Manifesto. Io invece ritengo che l'analisi e la critica della società fatte da Marx siano ancora valide. Lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo esiste ancora (e questo è. ovviamente, il tema dominante in decine di vignette fumettatej. Non si deve credere, però, che io sia andato alla ricerca di punti di contrasto con il pei; questo, semplicemente, non sarebbe vero. Dirò di più: non sono neppure andato alla ricerca organica di un messaggio. Ho puntato tutto sui diritti dell'uomo, cercando di fare luce su certe distorsioni del concetto di qualità della vita, concetto che un comunista vede in modo diametralmente opposto rispetto a un borghese. E faccio anche un discorso anticlericale: la Chiesa, come l'industria e il commercio, è un centro di potere, un meccanismo di sfruttamento; solo che opera sul piano della coscienza». Il fumetto, nelle sue intenzioni, diventa un mezzo espressivo e didattico, non più puramente d'evasione, e acquista dignità nel campo delle comunicazioni di massa. La figura del proletario lavoratore, che anche senza gli occhi a mandorla ricorda certe immagini pechinesi di ometti dall'aspetto modesto, con pantaloni blusa e berretto floscio a visiera, è in continuo conflitto (perdente, perché quella di Marx era una critica in negativo del sistema capitalista! con il «borghese», un grassone dal riso bieco, in bombetta, giacca e farfallino nero, pantaloni a righe, sdentato, violento e oppressore: è la vittima continua di ogni ingiustizia sociale, ma anche il destinatario di un futuro di giustizia; la fatica da una parte, lo sfruttamento dall'altra, fino alta riscossa. I temi, come si vede, non sono nuovi: né sono nuovi certi corollari allegorici di Marcenaro. che da sempre accompagnano la contestazione comunista del sistema: quello che è nuovo è lo spirito che anima l'intero libro, al di fuori della dialettica dei comunisti nostrani, ma altrettanto — se non più — lontana dal comunismo di Mosca. «Gli attuali ideologi sovietici — dice j Marcenaro — sono più lontani da Marx di quanto non lo I sia Berlinguer. Ma Berlinguer I non può criticare il sistema ' sovietico facendo risalire que| gli errori a Marx. Non è met| tendo in discussione la dittai tura del proletariato come ] origine degli errori in Urss ] che si può costruire qualcosa in Italia: la dittatura del proletariato era e resta il punto di partenza di ogni libertà. Marx doveva essere difeso; questo, modestamente, credo di avere fatto». Fabio Galvano