L'eredità di Gramsci in "Su populu sardu" di Edoardo Ballone

L'eredità di Gramsci in "Su populu sardu" Indipendentisti al Convegno di Savona L'eredità di Gramsci in "Su populu sardu" Verso un grande partito dei lavoratori dell'isola? (Dal nostro inviato speciale) Savona, 29 febbraio. In una bacheca del museo di Ghilarza c'è una lettera di Antonio Gramsci spedita da Torino alla sorella Te resina. Il politico marxista si sofferma sulla «lingua» sarda ed auspica che l'idioma possa essere parlato e valorizzato dal popolo al momento della sua emancipazione. In questi ultimi anni, un gruppo di intellettuali del Nuorese ha rispolverato la teoria gramsciana adattandola ai nuovi tempi e alle tematiche emergenti. E' nato un periodico intitolato «Su populu sarda», che ha coagulato intellettuali, professionisti e operai attorno alla sua testata Giornale autofinanziato, oggi «Su populu sarchi» vende sulle ottomila copte, ha un bilancio attivo e sta trasformandosi in movimento politico. Che cosa vuole? Innanzitutto una Sardegna indipendente dallo Stato italiano, poi un'isola che adotti come lingua ufficiale il sardo, infine una struttura politica prettamente marxista. Qui a Savona, durante i lavori del primo congresso degli emigrati sardi, il movimento indipendentista ha «assistito» al dibattito ma non è Intervento, anche perché non era stato invitato. La sua ideologia extraparlamentare fa paura agli stessi emigrati, mentre la sua battaglia non è ancora del tutto recepita a livello popolare. Vezio Maxia, studente di scienze politiche a Torino, è uno dei maggiori responsabili del movimento. Siete separatisti? Gh occhi nerocarbone di Maxia si chiudono come per dire che la domanda era attesa. Tutti ce lo chiedono — spiega — e noi continuiamo a dire che non siamo separatisti ma soltanto propensi ad un'effettiva autonomia. Siamo stufi di sentirci una colonia dell'Italia. Vogliamo poter gestire i nostri pascoli senza alcun intervento assistenziale, desideriamo programmare il nostro futuro senza decisioni paternalistiche ed esterne. Dicono che i sequestri più recenti compiuti in Sardegna siano stati organizzati da «Su populu sardu» per autofinanziarsi; insinuano che il movimento vuole iniziare un'ondata di terrorismo; affermano, infine, che questi sardi vogliano unirsi con i separatisti corsi per dar vita ad uno stato autonomo nel cuore del Mediterraneo. Tutte fandonie — dice con stizza Vezio Maxia —, rapimenti e terrorismo sono strumenti di lotta che soltanto i fascisti adottano; quanto poi all'abbraccio con i corsi posso soltanto dire che questi ultimi vivono la condizione di sfruttati da parte della Francia come noi da parte dell'Italia. Siamo entrambi "colonizzati" ma lungi da noi l'idea di un nuovo stato unificato. «Su populu sardu» ha un simbolo: una Sardegna tutta rossa con una stella bianca nel centro. Il periodico che stampa è bilingue, scritto cioè in sardo e in italiano. E i finanziamenti? Ci autotassiamo — specifica Maxia —. Probabilmente, tra qualche tempo, questo movimento si fonderà con lo storico partito sardo di azione di Emilio Lussu e con il Movimento città-campagna: ne dovrebbe nascere ti partito de; lavoratori sardi, una forza che potrebbe giocare un ruolo importante nella strategia politica dell'isola. Il programma è ben preciso: allontanare li basi militari straniere, creare le strutture per una Sardegna realmente «dei sardi», estirpare la cosiddetta borghesia «compradora», ossia parassitaria, per sostituirla con una borghesia illuminata ed imprenditoriale alleata con le esigenze del proletariato. Tutto proprio come predicava Gramsci. Ma avrà un avvenire questo movimento dall'ideologia assai scomoda? Penso proprio di sì — sottolinea Maxia — anche se gli stessi compagni della sinistra ufficiale ci guardano con un po' di sospetto. Ma sono ottimista. Edoardo Ballone

Persone citate: Antonio Gramsci, Emilio Lussu, Gramsci, Maxia