Il meglio è un lago di Carlo Carena

Il meglio è un lago Il meglio è un lago Tempeste e bonacce nella "Stanza del vescovo" di Chiara Piero Chiaru: « La stanza del vescovo », Ed. Mondadori, pag. 170, lire 3500. Un lago, con tutti i suoi umori e le cornici, che chi ci vive conosce cosi bene, distingue ad ogni ora e ad ogni stagione: la tramontana che lo sommuove come un oceano e lo zefiro profumato di mimose; le ville dalle alte persiane immemorialmente chiuse e le muffe all'interno resistenti anche al sole estivo e alle stufe di maiolica; i caffè vuoti e i barcaioli infreddoliti di novembre o di febbraio. Questi esattamente gli incanti e i torpori subdoli dei laghi, protagonisti del nuovo romanzo di Piero Chiara La stanza del vescovo. Fra le sue stortene esilaranti essi portano un tocco inconsueto, su cui vale la pena d'indugiare, anziché sulla vicenda, forse involontariamente labile, forse inconsciamente impallidita e spremuta negli ultimi sedicesimi del volume. Chiara, luìnese, è, si sa, scrittore di laghi. La sponda lombarda del Maggiore fa da scenario n quasi tutte le sue fortunate narrazioni: dall'indimenticabile Piatto piange, che una quindicina di anni fa lo rivelò al grosso pubblico, fino al recente Pretore di Cuvio. Ma della Stanza del vescovo il lago è la linfa, l'arcano ispiratore dei personaggi e ìi regista delle vicende. Nella prima parte questa realtà è tangibile; le pagine sono tutte un assaporamento di questa creatura umorale, un omaggio lirico a questo an- tico amore. Non c'è quasi. storia, se non per lievi ac- cenni ed episodi: nessun ac-1 cidente, ma descrizioni di passaggi continui su un volto familiare, i sussulti del grande bacino disteso a dormire o risvegliato dai sospiri del vento fra Laveno e Intra, Cannerò e Ascona. E' senza dubbio ìa parte più lelice del libro. Contiene alcune delle più belle pagine scritte sul Lago Maggiore, che pure conta innamorati dalla penna illustre. K certo le pagine più elaborate e ambiziose che il Chiara stesso ab- ! bia mai fornito. Poi nella trama lievemente impostata su questo raffinato ordito prende il soprav- j vento la passione tabulatrice | dell'autore, la storia si prende i suoi diritti. Il racconto — non parlerei di romanzo — si accelera, divertente nelle sue poche figure, malizioso nei suoi episodi ripetitivi, . saporoso nelle divagazioni di cui il Chiara è maestro: ma 1 meno convincente, direi, su questo piano, anche di altre ! j | sue prove Nell'anno successivo alla fine della guerra, un giovanotto è approdato alla darsena d'una dì quelle ville, sopra ad una sua barca a vela fornita di tutta una sua puntigliosa nomenclatura nautica che non avremmo sospettato in un fantastico e in un distratto automobilista come i! Chiara: allo stesso modo che il paesaggio si delinea con una minuzia topografica capace, credo, di invi attere familiarmente nella "ìcenda anche l'ignaro dei luoghi. La villa è abitata da un vispo padrone, il dottor ©rimbellì, dalla sua oss- ta e arcigna consorte, '.. signora Cleofe. e da ''na cognata vedova. Mati'je, tipo boldintano, che fin dal suo primo apparire insospettisce il lettore appena un po' esperto della vita e della natura ( « Era una giovane donna prosperosa, bionda, pallida, con gli occhi grandi e innocenti, un po' flaccida all'apparenza ma ben piantata sopra un torso a fuso dal quale prorompevano, sotto il velo di chiffon che la paludava. due seni da battaglia »). Il veleggiatore viene ospitato nella villa, in una stanza già riservata a un parente vescovo; riprende le sue scorribande lacustri, in cui batte le rivierasche non meno delle rive e delle acque, adesso in compagnia dell'Orimbelli e della cognata, naturalmente aflìatatissimi. Il ritmo delle prime pagine, appunto, scandito dalla pastosità delle fantasie puntigliose e dei lessici sinonimici, rimane ora scavalcato da una ressa di eventi fin troppo fitti, ora comici ora tragici, ta i lora azzeccati talora gratuiti: la morte misteriosa per an negamento della signora Cleo | fe, il matrimonio dei due i amanti, la ricomparsa del I marito disperso in Africa, e > infine il suicidio dell'Orini belli. Un libro che rivela nell'autore il puntiglio e la maturazione di una pagina da cui ci aspettiamo, e a tratti ab- j biamo, assai più del divertito ascolto di una storia go-1 liardica, ove si vuole impriStonare il Chiara, spesso vit-1 tima delle sue stesse qualità j più facili e più efficienti. Pagine spesso da centellinare: dove si trangugiano, mancano il loro incanto; se perdono le loro proporzioni, tradiscono la loro natura. Dove non lo fanno, rimangono come esemplari di una scrittura di tempeste e di bonacce, di metafore anche degli stati d'animo e delle vicissitudini degli uomini, scombussolati dalle bizze della vita. Carlo Carena ! I i Il porto di Intra (stampa dell'800)

Persone citate: Piero Chiara

Luoghi citati: Africa, Cuvio, Intra