Einaudi intimo

Einaudi intimo I RICORDI DEL SEGRETARIO Einaudi intimo Ricominciare la vita a settarit'anni: più esattamente, iniziarne una nuova, irta di difficolta e di incognite; accettare virilmente le responsabilità del potere; imporre la propria autorità colla sola forza della ragione, tale fu l'impresa che Luigi Einaudi riuscì a portare a compimento negli anni che seguirono il suo ritorno in patria dopo quattordici mesi di esilio. Del suo operato come governatore della Banca d'Italia, come ministro, e infine come presidente della Repubbli ca credo che non vi sia italiano clic non sia al corrente: la figura di Einaudi appartiene oramai alla storia. Ma pochi conoscono, forse anche a cagione del carattere chiuso dell'uomo, che cosa si celava dietro alla figura ufficiale, l'intimo segreto di quella tempra eccezionale, chiamata a dare la piena misura di se proprio a quel punto della vita che, come Einaudi stesso ricordava. Dante aveva indicato come suo termine estremo. Questo segreto, un volume da poco uscito nella collana delI'« Ente per gli studi monetari, bancari e finanziari Luigi Einaudi » contribuisce non poco a rivelarlo. Si tratta di una raccolta di scritti di chi fu a fianco di Einaudi durante quegli anni cruciali (1945-1957), Antonio d'Aroma, « segretario privato del Presidente », come allor si diceva, ed ora da molti anni condirettore generale della Banca dei Regolamenti Internazionali a Basilea. Il libro, modestamente intitolato Luigi Einaudi, memo rie di famigfia e di lavoro, è una testimonianza eloquente dell'affetto e della devozione che Einaudi sapeva ispirare a chi gli stava vicino, ed è anche un contributo all'ulteriore conoscenza del suo pensiero attraverso il carteggio, sinora inedito, Einau di-Pasquale d'Aroma (padre dell'autore e altissimo funzionario dello Staio) legati l'uno all'altro da una viva amicizia, oltre che dalla comune vocazione per i problemi tecnici e scientifici dell'economia e della finanza. Ma per chi non sia particolarmente versato in materia finanziaria, bancaria o economica, l'interesse maggiore, starei per dire il fascino di questo libro, è nell'illustrazione penetrante c perspicua, attraverso innumere voli nota/ioni ed episodi, dell» più marcanti caratteristiche della personalità di Einaudi, del suo moilo di lavorare e di affrontare i problemi, dei suoi gusti, oserei dire persino delle sue idiosincrasìe. Questi aspetti di Einaudi intimo erano già in parte noti a chi ebbe la ventura d avvicinarlo e di avere con lui dimestichezza; ma nessuno più del suo giovane collaboratore poteva esser in grado di conoscerli da vicino, e di registrarli con un'attenzione fedele, che ricorda quella con cui Eckermann registrò, in un libro famoso, i detti e gli atteggiamenti di Goethe. « Le /unzioni di un segretario » scrive d'Aroma « possono essere suggestive o mortificanti in dipendenza della natura, del carattere, della mentalità della persona a favore della quale sono esercitate. Quelle del segretario, del collaboratore di Luigi Einaudi, grazie all'umanità, all'urbanità dei suoi modi, al fa scino della sua persona, al suo ininterrotto insegnamento moni le e civile, alla varietà dei suoi gusti, alla sconfinata immensità di una cultura sempre protesa versa l'esterno, mai chiusa in si stessa, generosa e freschissima, erano Ionie di un arricchimento •pirituale che si rinnovava incessantemente. Era come un viag gio ininterrotto nel suo pensiero ». Degli espisodi che d'Aroma ci narra, la ristrettezza dello spa zio mi consente di citarne soltanto due, che mi sembrano as sumere quasi un valore emblematico, riferendosi l'uno all'inizio, l'altro alla fine del settennato presidenziale. Riguarda il primo la redazione del messaggio che F.inaudi avrebbe letto ai due rami del Parlamento riuniti al momento della sua assunzione alla suprema carica dello Stato. Quella mattina dell'I 1 maggio llMK. ultimala la stesura del documento e partito De Cìasperi. che del messaggio era venuto a prender visione nella villetta di via Tuscolana dove gli F.inaudi allora abitavano, come se nulla fosse il neo presidente volgendosi al suo segretario, lo invitò a riprender assieme la composizione di una lettera in inglese rimasta per qualche tempo interrotta in seguito all'irrompere di così inaspettati eventi. « // da vere », commenta d'Aroma, * per Luigi Einaudi non aveva confi ni né misure, andava assolto in ogni caso con scrupolosa dedi zione ». Sette anni più tardi, l'uomo di Sialo tornato professore serbava immutato il suo atteggiamentc im;>criurbabilc verso i compiti quotidiani, grandi o piccoli che fossero, colla stessa serena accettazione del destino. Trasmcs so a Roma al suo successore l'o nere del mandato presidenziale appena varcata la soglia della casa di Dogliani, andava a scovare — è ancora d'Aroma che racconta e che commenta — in uno scaffale della biblioteca un volume delle memorie di SaintSimon per farsi rileggere le pagine dedicate alla morte di Luigi XIV, «e trarne filosofici amntae stranienti sulla natura umana, predisponendosi cosi, con mali ziosa saggezza, a fronteggiare il mutamento di consensi formali che accompagna gli uomini illu stri quando essi non sono più in grado, per decadimento fisico o per aver deposto le insegne del comando, di dar concreta testimonianza del loro potere materiale ». Sono notazioni come queste., di cui abbonda il libro, a fai rivivere dinanzi ai nostri occhi l'Einaudi intimo, quello che pochi conobbero e che si rivelava soltanto nel commercio familiare. F. proprio nel secondo episodio narrato dal d'Aroma mi par di ravvisare un'ulteriore caratteristica dell'uomo, forse sin qui non sufficientemente rilevata perché in apparente contraddizione coll'iconografìa ufficiale: voglio dire quella « maliziosa saggezza », quella sottile venatura d'ironia che traspariva alle volte dai suoi giudizi sugli uomini e sulle cose, e talora persino su sé stesso, ironia che faceva pensare a quello che gli inglesi soglion chiamare scuse of humour. Mi torna alla mente, a questo proposito, un episodio al quale fui direttamente legato e che illustra assai bene, mi sembra, questa caratteristica, un episodio relativo alla visita compiuta da Einaudi a Oxford, nel giugno 1955. per ricevervi il dottorato honoris causa già da i~.npo decretatogli da quell'Università e da lui differito sino al termine dell'ufficio presidenziale Io ricoprivo allora a Oxford la cattedra di « Studi Italiani », ed a me si rivolse il Public Ora tor. l'oratore ufficiale dell'Univer¬ sità, per raccogliere i dati ncces sari alla redazione dell'indirizzc in latino che sarebbe poi state rivolto all'onorando durante la solenne cerimonia del conferimento della laurea d'onore. Ricordo che mi stupì la minuzia colla quale l'anziano latinista mi interrogò su Einaudi, sulla sua vita privata e non soltanto pub blica, sui suoi passatempi o bob bies oltre che sulla sua attività scientifica e politica: ed io par lai naturalmente più del biblo filo e dell'agronomo che dell'eco nomista e dell'uomo di Stato intorno ai quali le autorità acca demiche non avevano certo bi sogno di ragguagli. Non fu quindi una sorpresa per me di vedere che nel testo del discorso ufficiale, distribuito a stampa a tutti i partecipanti alla cerimonia, l'amore di Einaudi per la terra e la sua gioia nel coltivarla fossero ricordati come caratteristici dell'uomo. jVwwr ad villani vitasque suas se re■ « ora si ritirerà nella sua dimora agreste e nei suoi vigneti », diceva l'oratore, citando le parole di Cicerone circa il godimento che la vista di una campagna ben coltivata può procurare alla vecchiaia. Ma quello che non avevo previsto era che il testo latino, a proposito dei vigneti del Senatore, recasse in calce una nota, in inglese, per spiegare che « il suo Barolo è fra i migliori e più celebri vini dell'Italia del Nord ». « Ma cosa c'entra il mio Barolo con la laurea d'onore! » esclamò Einaudi tosto che ebbe preso visione del testo a stampa: « sembra una reclame del tutto fuori luogo ». Responsabile dell'informazione, confesso di essermi sentito non poco imbarazzato di fron.e al venerato e amatissimo Maestro: il quale tuttavia si rasserenò ben presto quando gli feci presente che un tiro più birbone era stato giocato qualche tempo prima al Presidente della Repubblica francese, Vincent Auriol, venuto ad Oxford per ricevere la laurea d'onore proprio nell'anno in cui un cavallo di nome « Oriol » aveva vinto il Derby: il che aveva porto l'estro al «- Pubblico Oratore » di elaborare ardite co erudite elucubrazioni latine intorno alla singolare omonimia Evidentemente, il scuse of humour gli aveva preso la mano, ma anche forse il gusto tutte britannico di « umanizzare » i personaggi illustri con lievi toc chi personali o peisin anche frivoli, seppur tali solo in appa renza. Einaudi riconobbe subite che la nota sul Barolo andava Iella in questa chiave, e quasi mi sembrò che finisse per ralle grarsi che quel suo proverbiale amore per la terra e, perché non dirlo, quella sua esperta cono sccn/a elei buon vino trovassero riconoscimento in un documen to che. per la fonte da cui proveniva e per il profilo che trac dava di lui come studioso, co me maestro e come uomo, gli era riuscito tanto gradito. A. Passerin d'Entrèves ti 'li Luigi Einaudi

Luoghi citati: Basilea, Dogliani, Italia, Oxford, Roma