Ora arrivano tanti turisti di Mario Deaglio

Ora arrivano tanti turisti Ora arrivano tanti turisti E' certo un bene, ma rivela la gravità della crisi del nostro Paese Durante le vacanze pasquali il numero di turisti stranieri giunti in Italia ha largamente superato quello degli ultimi anni. Siamo tornati, ha scritto qualcuno, ai « tempi d'oro » del turismo. Ed è proprio in quest'affermazione, purtroppo profondamente vera, che e possibile cogliere il senso profondo della crisi, economica ma certo non solo economica, che travaglia il nostro Paese. Oggi il tentativo italiano di seguire il modello di industriali!zazionc dell'Occidente appare, se non fallilo, pc,' lo meno seriamente compromesso. Nel corso di questi anni, spes-o offuscata da problemi congiunturali che sviavano l'attenzione generale, si £ verificata in Italia una lenta erosione delle basi di un'economia industriale di tipo occidentale, lenza peraltro che si creassero le premesse per un'evoluzione in senso collettivista. E' praticamente scomparsa la Borsa, quale meccanismo per convogliare il risparmio dei privati alle imprese; il sistema creditizio risulla profondamente alterato dal « diritto di prelazione » (quasi si potrebbe dire dui « diritto di preda ») del settore pubblico: le regole dell'economia mista sono stale spesso violale e rese inutili dall'espansione indiscriminata delle partecipazioni statuii: all'interno delle fabbriche, unni di incomprensione tra Imprese e sindacali si sono tradotti in migliaia di miliardi di investimenti non falli, in centinaia di migliaia di posti di lavoro non creati. Ilutto questo senza che si sia riusciti u dare il via ad un qualsiasi processo di programmazione o di razionalizzazione economica, per cui i governi risultano sempre più impotenti, non solo ad influenzare, ma anche a capire quello che sta succedendo sono i loro occhi. Si torna, dunque, al turismo, e si esaltu l'afflusso dei turisti stranieri come uno dei principali modi per uscire dalle difficoltà della congiuntiti a. IV innegabile che le nostre speranze di raddrizzare la bilancia dei pagamenti si fondano, tra l'altro, su di un sostanzioso aumento dell'apporto turistico e sui progressi che riusciremo a compiere nell'espor (azione di beni ancora vicini all'artigianato. L'industria - leggera » giù caratterizzava il « modo italiano di fare industria ». ma oggi ricade su di essa un compito ben più gravoso nel riequilibrio dei nostri conti con l'estero, l.a stessa lira svalutala che attira i turisti tedeschi ed americani nelle nostre cillà e nelle nostre spiagge favorirà soprattutto la vendila di prodotti di lusso, dalle uulo sportive ai prodotti di modo, dove meno forte risulterà il peso dei mancati investimenti, dello scarso aggiornamento tecnologico. L'Italia si trova oggi costretta a vivere vendendo u basso prezzo prodotti di elevala qualità mentre per vent'annl, con le utilitarie, gli elettrodomestici, le macchine per scrivere si era guadagnala un posto nel mondo industriale vendendo, a prezzi allora remunerativi anche se moderali, prodotti di mussa con un contenuto originale, se non sempre dal punlo di vista tecnologico, per lo meno da quello funzionale. Il pericolo di quest'evoluzione non è tanto nella diminuzione del nostro livello di vita, che potrà anche non verificarsi nell'immediato futuro, VISIO che la congiuntura mondiale per ora si mantiene favorevole, quanto nel fallo che ci stiamo trasformando in venditori di beni superflui; di cui i nostri clienti faranno tranquillamente a meno alla prima recessione, mentre dobbiamo continuare ad acquistare dall'Otero prodotti indispensabili, u cominciare dui petrolio. In questo ita il declassamento italiano a I':. se industriale di seconda categoria, che deve ricondursi, come si diceva prima, ad un'incapacità culturale di comprendere ed adottare la logica dell'industria. In una simile situazione il rinnovamento del Paese non può non passare per una revisione delle sue « scale di valori », nel decidere quale posto si dc\c assegnare all'industria. Il discorso non deve essere impostato, come troppo spesso in passato, nella prospettiva di quel che succederà nei prossimi mesi o addirittura nelle prossime settimane, ma piuttosto su quale vogliamo sia il nostro avvenire di lungo periodo, che si misura in anni, e meglio ancora in decenni. Mario Deaglio

Persone citate: Otero

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