Whisky e ricordi con Pinter e Valli

Whisky e ricordi con Pinter e Valli "Terra di nessuno,, a Prato Whisky e ricordi con Pinter e Valli Prato. 24 aprile. dTranne qualche riverenza a MBeckett e un paio di sberleffi da Ionesco, la nuovissima com-1 cmedia di Harold Pinter, rap-ippresentata al Metastasio di ■ qPrato a un anno esatto dalla ' dprima londinese, è dalla pri-1 rma all'ultima battuta di una ! .chiarezza cosi torbida, o di i un'ambiguità cosi netta, che;rsi vorrebbe credere all'autore I quando si stupisce e si scan ! dalizza. o finge di stupirsi e di scandalizzarsi, di qualsiasi i interpretazione dei suoi testi che non sia rigorosamente 1 letterale. Terra di nessuno «è ; quello che è» si sarebbe tenta ti di dire parafrasando il titolo di una sfortunata commedia di Moravia sul linguaggio (e Terra di nessuno è soprattutto una commedia sul linguaggio), scritta nella Illusione che il chiacchiericcio ita- oliano abbia le doppiezze, leidreticenze, !e impenetrabilità della conversazione inglese. Avrebbe allora ragione chi l nella commedia leggesse un messaggio globale, una mas siccia metafora, una continua allusione, un gigantesco doppio senso come lo è, dice Ce sare Garboli nella prefazione al testo pubblicato da Einaudi, la lingua inglese in cui è espressa? Niente affatto. Terra di nessuno dice soltanto la verità e nient'altro che la verità, non è una parabola sulla vita, ma la vita stessa colta nell'attimo in cui si tirano le somme (e non importa il momento: i conti con noi stessi li possiamo fare a qualsiasi età ) e si constata che è davveman's land» .I iro una «no mans land» la'quale «non si muove, non . cambia. non invecchia, dura ! in eterno silenziosa e Dtoc:a. I le». Non si può più voltar pa- lgina (ma quando mai lo si è potuto?) o cambiare argomento: «Nient'altro potrà mai succedere». Tutto questo è detto con estrema semplicità, e con un po' di civetteria, da due vecchi che in una stanza ermeticamente chiusa come tutte le stanze dì quell'universo concentrazione.rio che è il teatro di Pinter. parlano non del presente, che è assai vago, non del futuro, che non esiste «ancora Beckett), ma del passato che, ahimé, è altrettanto vago o addirittura inesistente. Nei loro discorsi, nelle loro liti, nei loro «ri ricordi?» scanditi da lunghe e minacciose pause di whisky, vodka e champagne (l'alcool è un po il sangue di questa vita effi merà), non c'è soltanto la no stalgia dei «vecchi tempi» e il rimpianto della giovinezza, ma anche il timore e il terrò- re che quei tempi e que'la giovinezza siano soltanto il sogno dì un sogno. Il passato di Hirst, artista e scrittore «arrivato», ormai serrato nella sua casa-tanaprigione di lusso, e il passato di Spooner, artista e scrittore «fallito», e che il primo ha raccattato in qualche pub o. forse, in un parco frequentato da omosessuali, quel passato è mai dubbio che sia mai esi- stito e più Pinter pare darne ita prove e moltiplicare i rife- rimenti ad esso, meno ne sia-mo sicuri, come non saremomai certi che quei due si siano veramente conosciuti e che siano stati persino amici, come talvolta sembra. Altrettanto inattendibile è la coppia di «giovani» che fanno da camerieri, gorilla e guardini a Hirst e goffamente imitano i rapporti e le rotture fra i due «vecchi» accumulando con le loro chiacchiere un presente di ricordi per un'ipotetica continuazione di Terra di nessuno Una volta, parlando di Pinter. era un luogo comune citare Cecov. Oggi sarebbe anche un abbaglio. Se mai, si potrebbe buttar li il nome di Eliot (a parte il richiamo al poemetto Terra desolata ) per quel tanto o poco di allusività o di simbolo che s'annida dietro l'innocente quotidianità dei versi delie sue commedie. Ma che cosa cercare dietro il dialogo di Pinter e perché cercare qualcosa? Perciò la più straordinaria battuta di questa straordinaria cornine dia è: «Lo sai che cosa succe rie Quando c'è luce in una .stanza, e all'improvviso la lu ce se ne va? Te lo faccio vedere io. Succede questo» (e chi la dice spetcnc In luce), Ed e per questo che se un rilievo si può fare all'imeni Rente e raffinata messinscena di Giorgio De Lullo, è di cer care di suggerire che le paro ie vogliano talvolta dire «al tro„ dando ad esse un alone e una risonanza chele caricano di pseudo significati. Anche l'imponente scenografia di Pizzi vorrebbe portare subito lo spettatore in una parabola, o addirittura retrocederlo nell'alvo materno. Il che an drebbe benissimo se Pinter avesse scritto non un dram ma sul linguaggio ma una re cherche della memoria. Ciò non togiie cne lo spettacolo. accolto con grandissimi consensi, abbia momenti assai intensi e, in generale, un'aderenza non solo esteriore al testo pinteriano. Anche perché, avendo al lo ro fianco il giovane Mauro Avogadro, di una giusta arroganza, e il massiccio Antonio Meschini, vi recitano due attori come Romolo Valli e .Giorgio De Lullo: l'uno con un'immobilità da bonzo della I cultura e di se stesso e con una camminata da alcoolizza- ; ito che sono da manuale (e 'ffntlte come, nelle pause fa . tintinnare il ghiaccio.nel b.c ! 1 ""ro con abito e un I colletto sgualciti e lisi come il lviso e andatura cascante di un relitto di un'improbabile Bohème. Alberto Bland

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