Chiesa e Stato di Arturo Carlo Jemolo
Chiesa e Stato Jemolo aggiorna le sue "Lezioni,, Chiesa e Stato Arturo Carlo Jemolo: « Lezioni di diritto ecclesiastico », quarta edizione. Ed. Giuffrè, pag. 590, L. 11.500. Le riedizioni rappresentano un segno, quasi sempre incon- dsitidetedl'nlecaisvCCiloFfondibile, della personalità dell'autore. Ci sono scrittori e studiosi che nulla correggono, che poco aggiungono, che pigramen- i : te ristampano, appagati nel successo conseguito, soddisfatti dell'utilizzazione dell'opera loro: e ci sono altri — certo una minoranza — che tutto rivedono, che mai si stancano di aggiornare e di integrare, che sempre rivelano l'insoddisfazione, segno indelebile della vocazione scientifica, per i risultati prima raggiunti, per gli approdi prima toccati. Tale 6 uno degli ultimi grandi maestri della cultura italiana di radice post-risorgimentale, Arturo Carlo Jemolo: un uomo di studi e di scienza in cui l'eredità di Francesco Ruffini si fonde con una libera, e personalissima, e sempre nuova interpretazione dei fatti giuridici, mai separati dal nesso storico, delle norme del diritto, mai scisse dal momento del pregiuridico (« un momento che volevamo un tempo ignorare, aggiunge Icmolo. quasi fosse possibile possedere la norma se non sappiamo come sorse, pei quali fini fu elaborata »). Le sue Lezioni di diritto ec clesiastico. un classico di lontanissima orìgine, tornano oggi in un'edizione essenzialmente universitaria ma arricchite di nuovi spunti, di nuove pieghe, di nuove osservazioni. E' l'antico professore di diritto ecclesiastico che mai dimentica lo storico, il cittadino. E' il credente nella libertà religiosa che sa spiegare le radici del Concordato ma anche le sue anomalie, le sue contraddizioni, il suo unicum nei rapporti fra la Chiesa e gli Stati moderni rispettosi dei diritti della fede. E' il maestro, non più in cattedra, che da tutto trae esempi e lezioni: una volta e la vicenda del vescovo di Prato che arricchisce la sua pagina, che stimola i suoi rilievi: una volta è il tema della revisione consensuale del Concordato, invano promossa da un governo di centro-sinistra, quello dell'on. Moro, nella quarta legislatura repubblicana, nell'ottobre 1967, che obbliga lo studioso a manifestare il suo pensiero, a mettere in luce il suo scetticismo sulla possibilità che significativi risultati siano raggiunti, nonostante le tante speranze riposte, le tante illusioni alimentate. * Chi scrive è ancora sceltico — si può leggere nell'ultima edizione del trattato di Jemolo — sulla revisione bilaterale, che deluderebbe tulli se toccasse solo punti di minimu importanza, mentre è urduo pensare a grosse rinunce della Santa Sede sulle materie del matrimonio e della istruzione ». Due materie, aggiungiamo, in cui l'evoluzione I spontanea della società civile c i stata più rapida di lutti i nego ziati fra governi o di tutte le riscrve della diplomazia. Dal re ■ ferendum abrogativo del divor Fpsicrdctdmdazdgpcarrzio agli stessi progetti in atto di riforma della scuola secondaria superiore, dimentichi del l'articolo 36 in re o addirittura aggiranti lo stesso, anche se prò- | venienti da fonti cattoliche. j C'ò una logica della Coslitu i zione che non può non vincere ' sulle norme pattizie, anche re jnorme pattizie, ccpitc in un tessuto costituzionale. E' la grande lezione di Jemolo, prima dalla cattedra e poi dalla stampa, in questo trentennio. Intimamente nnli-con- cordatario (chi ha dimenticato ! le pagine mirabili del '44 sulla j pace religiosa d'Italia »?). so-1 .„™m;t.:„„: spetto» di tutte le comm.st.on> ; e contaminazioni fra Cesare cjPietro, erede di una tradizione di separatismo giuridico mai j solcata di anticlericalismo, Je- molo ha sostenuto o anticipato nei suoi corsi universitari le posizioni che poi la magistratura. ' inizialmente sorda o resistente. ' ha fallo proprie all'indomani I del centro-sinistra e soprattutto negli Anni Settanta. | Spesso isoluto fra i giuristi italiani. Jemolo rivendicò in i tempi non sospetti quello che ormai appartiene a" i comune della coscienza laica - ì '. 2!""lica, o almeno cattolico non clericale: cosi la parità fra le varie confessioni religiose, al di fuori dei limiti impliciti nell'articolo 7 e nella respinta « canonizzazione costituzionale » dei I Patti l.aterancnsi; cosi la prevalenza delle noimc costituzionali sulle clausole concordatarie ; co j si la costituzionalità della leggi ,di divorzio, assai prima del referendum, anche nella sua ap plicazione ai matrimoni cosid detti concordatari; cosi la dub bia costituzionalità del procedi mento di delibazione delle scn lenze ecclesiastiche matrimonia li. come risulta dalla rcccnlissi ma ordinanza della Corte di Cassazione. Tiriamo fuori dai vecchi seaf fali la prima edizione di queste 1|i ,7 ; .. -»-----1trattato, gli Elementi di diritte lecclesiastico pubblicati da Val jSecchi nel 1927. due anni prima| dclla firma dei Patti Laterancnsi, in regime ancora di separatismo giuridico, con la Legge delle guarentigie sempre vigente. E sostiamo sull'ampio rilievo dato dal giovane professore dell'Università di Bologna, proprio nelle ultime pagine del libro, alle « confessioni diverse dalla cattolica ». alla « confessione israelitica ». alla « confessione valdese ». alla « comunità della Chiesa greca ». alle « minori Chiese protestanti italiane ». E' il segno della scuola, ancora operante (ma per poco), di Francesco Ruffini; è la grande : regola della tolleranza e della libertà religiosa che si oppone in anticipo alle ammiccanti tentazioni dell'unione fra la Croce e l'Aquila, per un nuovo immaginario e illusorio primato. Cinquant'anni sono passati da quella prima edizione. Jemolo li ha impiegati tutti a servire le sue idee, a diffondere i principi di una tradizione e di una etica in cui liberalismo e fede dei padri non si oppugnavano, non si contrastavano (ma anzi traevano reciproco alimento, senza bisogno del braccio secolare). In uno dei suoi « Pensieri della sera », raccolti in Anni di prova, Jemolo confessava di avere sperato soprattutto in due momenti: negli anni '44-'46. gli I anni della Liberazione e del | « roveto ardente ». quando si ! sognava un'Italia corretta e pu¬ lita, come l'avevano voluta gli uomini migliori del Risorgimcn ] to, c nella breve stagione del pontificato giovanneo. Cosa rimane di quelle speran zc? La malinconia che earatte rizza le ultime pagine di Jcmo lo — ultimissima quella su Buo j naiuti nel!» terza pagina di que sto giornale — ci fa misurare la distanza fra le idealità coltivate e nutrite e la realtà di una società tormentata ed incerta. « £ tuttavia — chiudiamo con le parole di Jemolo — tuttavìa vorrei — non sempre vi riesco — ma vorrei sperare ». Giovanni Spadolini Francesco Ruffini
Persone citate: Arturo Carlo Jemolo, Francesco Ruffini, Giovanni Spadolini, Giuffrè
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