Adamo Smith filosofo morale

Adamo Smith filosofo moraleil padre dell'economia moderna Adamo Smith filosofo morale Donald W'inch ha di recente rievocato sul « Times Litcrary Supplcmcnt » l'atmosfera in cui l'Inghilterra, trionfalmente imperiale, ricordò il primo centenario della Ricerca su la natura e le cause della ricchezza delle nazioni, pubblicata da Adam Smith nel 1776. Il culmine delle celebrazioni fu un grande banchetto organizzato dal Politicai Economy Club, a cui parteciparono, sotto la presidenza di Gladstonc, politici, nobili, economisti e studiosi. Dai discorsi allora pronunciati, venne fuori uno Smith avvocato lungimirante, sebbene un po' timido, di tutti quei princìpi d'iniziativa individuale, risparmio e non j ingerenza pubblica ch'erano lai rio costituito la base della prosperità britannica. Anche se ideali più collctti spina dorsale delle opinioni I economiche correnti ed aveva-I] vistici sfidavano ormai quei princìpi, i celcbratori di Smith ! guardavano a lui, in modo e-1 sclusivo, secondo la propria I ottica. Era già del tutto av- j viato il processo che fece di i Smith il « santo patrono » del capitalismo. Ed il processo s'irrobustì, quando l'ideale collettivistico in economia riuscì a concretarsi in istituzioni poli tiche. Così, nel 1926 !6, per il I anniversa. centocinquantesimo anniversa-1 rio della Ricchezza delle na- zioni, ricordato in Inghilterra | ani più modeste conferenze anziché con banchetti, Edwin Cannan potè* attribuire a Smith non già la paternità dell'eco-1 nomia in genere, come s'era usato, bensì soltanto quella ! dell'economia «borghese»,: cioè della dottrina di « quegli | economisti che considerano con favore il lavoro, il commercio e gli investimenti fatti per il guadagno personale ». Ancora una volta Smith era giudicato secondo le scelte del momento. Che capiterà in occasione del bicentenario che cade quest'anno? Si riuscirà, come auspica il Winch, a prendere spunto da esso per comprendere che il secolo XVIII è sufficientemente interessante per proprio conto, così da affrontarlo, assieme con Smith, che ne è significativo rappresentante, non esclusivamente con la prospettiva del secolo XIX? Poiché sono innegabilmente ottocenteschi, con gli eccessi capitalistici, anche quegli ideali collettivistici che il nostro secolo pare far propri !o con slanci fideistici o con inerte rassegnazione. A giudicare da molti articoli già comparsi, anche questo bicentenàrio, Specie ira noi, pare avviarsi sulla vecchia strada. Il conformismo imperante rende quasi obbligatorio valutare Smith con il metro di Marx, l'ermo restando il limite « borghese », i fautori dell'economia « progressiva ». in vena di magnanimità, sono disposti a concedere che Smith si è avvicinalo |ier primo ad alcune grandi verità 0, addirittura, che nella Ricchezza delle nazioni si |xissono « trovare in parte i materiali di costruzione dell'edificio marxiano ». Il che, mentre dà pei scontato che tale edificio sia staticamente ineccepibile, prc-suppone altrettanto gratuitamente che l'opera smithiana sia un cumulo di macerie da cui attingere solo ciò che ora ci piace. Ve tuttavia da sperare che una tra le forme celebrative scelte dagli scozzesi per il bicentenario valga a tenere a freno, nel caso di Smith, il malvezzo storiografico di occuparsi di un autore non pei ciò ch'egli volle essere e fare, Ix'iisì soltanto come « precur- sore » di qualcuno o « anticipatore » di qualcosa. L'Università di Glasgow, infatti, ha allidato alla Clarendon Press la pubblicazione, entro 1 anno, della prima edizione critica d tutta l'opera di Smith, la quale comprenderà anche le raccolte, alcune inedite, di appunti degli studenti che seguirono a Glasgow le lezioni di Smith sulla retorica, la letteratura ed il diritto. Sono già usciti i due volumi della Ricchezza delle nazioni (a cura di Campbell, Skinner e Todd); ma particolarmente atteso è il seguito dell'impresa: dall'edizione critica della Theory of Moni Sentimenti (1759), l'altra grande opera di Smith, si no a quella dei documenti re- lativi alle sue lezioni, dal '52 al '6-1, come docente di filosofia morale. Sarà così possibile corroborare l'interpretazione che sempre più s'impone agli studiosi che non soggiacciono alle mo de del tempo: cioè, che anche l'opera più celebre di Smith va considerata non nella sola prospettiva economica, bensì come momento di un unitario piano d'indagine di « filosofia morale », di studio dell'uomo considerato sia nei suoi omportamenti sia nelle sue estituzioni giuridiche e politi- he. Diventerà allora possibile omprendere tutta l'opera smi hiana come espressione origi naie, e per ciò utilmente eciupiate, dell'esigenza illumi nistica di trovare un posto per a ragione anche nel comporamento pratico, sottraendosi i due estremi della fondazione assoluta dei valori o della oro riduzione ad una mera base emotiva ed irrazionale. Coloro che vollero considerare l'opera di Smith nella sua interezza si trovarono a ungo divisi di fronte a quelo che venne chiamato, soprat utto dagli studiosi tedeschi, c« il problema Adam Smith » Infatti, mentre nella Teoria dei sentimenti morali la mo j rate pare fondata su un senti- • . iti mento simpatetico che leghe- rebbe tra loro gli uomini, la ! Ricchezza delle nazioni seni- bra invece fare principalmente perno sull'interesse egoistico, come molla delle relazioni eco- ■ mimiche e sociali. Come con- ciliare l'egoismo con la simpa tia? Qual è il « vero » Smith? 11 problema è in realtà so abile se si esaminano attentamente i testi smithiani. E ciò che, ad esempio, fa Luigi Bagolini nella terzi •rea edizione I aggiornata (Torino, Giappi- j chclli) dell'acuto studio Li chclli) simpatia nella morale e nel diritto da lui dedicato a Smith già nel 1952, ed i cui temi egli riprende ora anche con l'articolo pubblicato negli ilssays on Adam Smith (Clarcndori Press, 1976), a cura di Skinner e Wilson, La « simpatia » di cui par|„ Smith nella Teoria non è né la pietà né la compassione né l'immediato sentimento di benevolenza a cui si appellavano i suoi contemporanei (tra cui Hutcheson), sostenitori del « senso morale ». Essa è piuttosto qualcosa di mediato, a base della valutazione: la capacità di partecipazione alla varietà delle situazioni altrui. « Noi non abbiamo alcuna esperienza immediata di come gli altri sentono », ma possiamo formarci un'idea delle loro affezioni « immaginando ciò che sentiremmo noi stessi in una situazione analoga ». Smith non si preoccupa d: approfondire il significalo ili scelta od opzione volontaria che ve al fondo di questa capacità di mettermi nei panni dell'altro; egli la ritiene un dato di fatto, che ha tuttavia una grandissima importanza metodologica. L'assunzione del punto di vista dell'osservatore imparziale, ch'essa permette, diventa uno strumento d'indagine: rende possibile penetrare ['esperienza umana ed i princìpi costanti che la regolano e la rendono comprensibile razionalmente. Il processo simpatetico della Teoria non è quindi per Smith l'indicazione di un valore « morale ». bensì la chiave per penetrare le tendenze naturali che si aggrovigliano nei nostri comportamenti ed istituti. Tra esse ve ne sono di altruistiche così come di egoistiche: si tratta di metterle in luce, senza pretendere di giudicarle positivamente o ne nativamente. L'« egoismo » su j cui si fondano i fenomeni eco- ; nomici, secondo l'analisi della : Ricchezza delle nazioni, non ha quindi alcuna connotazione immorale»): esp-ime soltanto l'incliminabi-1 ' « morale » (o esp-ime soltan le realtà individuale del mio1 sentire e del mio agire, allo | stesso modo del sentire e del- I agire degli altri Smith è convinto che vi sono caratteri persistenti della natura umana, che ha una radice biologica: per lui la funzione della ragione in campo : pratico consiste nel disvelarli, analizzando la condotta e le istituzioni dell'uomo. E' lon- Utilissima da lui l'idea, che di verrà quasi ossessiva in tanto ~. : • _,. . storicismo ottocentesco, di tra- sformare la natura umana at-1 traverso rivoluzioni palingcnc ; tiche. Ecco perché è antistori co misurare il suo pensiero su questo metro ottocentesco ol sull'eredità novecentesca dei ' miti di trasformazione dell'uo ;i u:„ . i n mo. Anzi, il 1 centenario del a , Ricchezza delle nazioni cade in un momento che ripropone con urgenza una scelta tra le j due visioni di fondo: quella I <^"''"urnin'sta Smith che opta • «pur senza dirlo) per il punto; 1 vista de l'« osservatore ,m-; parziale » che vuole descrivere 1 ciò che e. e la visione dell'uto- 1 pista che spesso si illude di dare realtà ai suoi sogni. Francesco Barone

Luoghi citati: Glasgow, Inghilterra, Torino