Ernesto Buonaiuti e i suoi discepoli

Ernesto Buonaiuti e i suoi discepoli A TRENTANNI DALLA MORTE Ernesto Buonaiuti e i suoi discepoli Treni'anni or sono, il 20 aprile, moriva sessantacinquenitc Ernesto Buonaiuti, sacerdote incorso nella scomunica per le sue dottrine, professore di storia del cristianesimo alla Università di Roma dispensato dall'insegnamento per applicazione retroattiva (fatta a lui solo) della norma concordataria che allontanava dalla cattedra i sacerdoti irretiti da censure, ma decaduto poi per avere rifiutato il giuramento fascista. In molti di noi è ancora vivo il ricordo di quel funerale civile, cui partecipavano: il Ministro della Istruzione del tempo, che peraltro non aveva avuto il potere di ridargli la cattedra; in abito talare Nicola Turchi, l'amico di sempre, che non aveva avuto gli ardimenti teologici ili Buonaiuti, e forse anche per naturale tendenza, si era rifugiato nell'insegnamento della storia delle religioni, ove ha lasciato oltre ad un noto manuale, sintetiche ma ottime pagine sulla religione greca e romana; ed il grosso stuolo di amici e ili allievi. Buonaiuti fu certo la figura più nota del modernismo i taliano e ia sua opera culturale resta di primo piano; basti pensare al suo Lutero, al Cristianesimo iteli'Africa ro«/•••/</, a Gioacchino da Fiore, figura da lui prediletta, e soprattutto ai tre volumi di Storia del cristianesimo, ove il fascino che destano molte pagine, bellissime letterariamente, fa quasi passare in seconda linea la considerazione del critico storico. Ma quanti ricordano Buonaiuti sanno che il fascino dell'uomo era tale — c doveva esserne conscia l'autorità ecclesiastica, che temeva il par latore, dalla cattedra od in una sala di conferenze, più che lo scrittore — che quanti non lo conobbero non possono illudersi di ritrovarlo intero negli scritti. Figura enigmatica, non per una sua volontà di celarsi, ma perché la sua vita era retta da una logica sentimentale incomunicabile ad altri, e perché, come ogni uomo nella vita, ebbe almeno due periodi diversi. Quello delle Lettere di un /•rete modernista, scritte prima dei trent'anni, che per molti scolpiscono definitivamente la sua figura ed in cui si ritroverebbero molti spunti oggi riemersi, quasi un inno alla creazione, alla gioia, ad una uinanità in cui regnino la giustizia e l'amore; livellamento delle classi, affratellaménto degli spiriti. Fortemente influenzato dall'Action di Blondel. pensava che un grande compito spettasse alla generazione cattolica cui apparteneva; riportare le anime ad un ricupero diretto della primitiva predicazione cristiana, centrata negli assiomi della universale fraternità umana, nella coscienza di un unico Padre; la religione, stato d'animo non vincolato alle strutture sociali, che porla ad una vita nuova indipendente e supcriore a quella dominata da qualsiasi trascrizione concettuale e da qualsiasi schema disciplinare; l'evoluzione del dogma nasce dal lento maturare della buona novella in seno alla umanità; la predicazione di Cristo raccolta dai Vangeli si schiude ogni giorno. Deciso attacco quindi non solo alla Chiesa istituzione, ma ai teologi che hanno precluso l'evoluzione dell'insegnamento cristiano serrandolo in formule dogmatiche inalterabili. A ben guardare, oltre all'avversione ai teologi (cui Buonaiuti Oppose sempre i mistici 1 un rifiuto dello Stato, di ogni «struttura gerarci-lizzata». Questo il primo Buonaiuti, che forse è quello che ha più operato per via sotterranea — che le Lettere di un prete modernista ed il Programma dei modernisti sono ignoti ai più dei sacerdoti — sul clero di oggi: non ristrettezza di formule dogmatiche, ma un'azione sociale, opposizione ad tigni forma non pur ili nazionalismo, ma di distinzione di patrie terrene, eguaglianza sociale. I contemporanei del primo periodo di Buonaiuti sono scomparsi, e quelli che lo ricordano, pur già vecchi, lo hanno conosciuto in una seconda fase, in cui il motivo predominante in lui era quello della comunità, sì, ma anche dell'attaccamento alla Chiesa: lo Stato è il dominio ili Cesare, la materia vile; gli era estraneo; la Chiesa, malgrado il peccato di essersi giùridicizzata ed istituzionalizzata, restava sempre la vera, la grande famiglia. Offertagli una cattedra in una università protestante, la rifiutò. Piccoli gruppi di giovani, risalendo alle fonti, alle pure vene del cristianesimo primitivo, dovevano promuovere la trasformazione dell'uomo. Ed in lui era vivissimo il senso del sacro; lo attesta la sua prefazione al libro ili Rodolfo Otto (autonomia del fenomeno religioso rispetto a tutti gli altri campi dello spirito e sua natura essenzialmente irrazionale!, e spiega il suo profondo attaccamento alle cerimonie religiose; difficilmente si as¬ sisteva ad una celebrazione di messa così commovente, che mostrasse una così profonda adesione del sacerdote al valore simbolico di ogni gesto, come nella messa celebrata da Buonaiuti, tinche non intervenne la scomunica e la spoliazione imposta dal braccio secolare, dell'abito sacerdotale; ed anche dopo, per nulla avrebbe rinunciato al faticoso pellegrinaggio annuale al santuario di Monte Autore; granile manifestazione di religiosità contadina. Questi aspetti così svariati nella sua vita fanno comprendere come possano essere usciti da lui discepoli che ancora si ritengono tali, e che appartengono gli uni al comunismo, gli altri al cattolicesimo romano; e come ci siano discepoli, tutti vecchi ormai, convinti della ortodossia di Buonaiuti, della sua fede nei sacramenti così come li considera la Chiesa, l'eucarestia il pane ed il vino che si trasformano nel corpo e nel sangue di Cristo (taluno ricorda pure una predica sulla Madonna tenuta in una chiesa di villaggio e che commosse l'umile uditorio agreste) e discepoli convinti che oltre a quel senso del sacro, oltre a quell'aspirazione ad un senso religioso che deve dominare l'uomo ed affievolire ogni altra passione umana, oltre al senso del mistero, oltre all'aspirazione alla vita evangelica, alla povertà, alla semplicità, al saper comprendere e considerare pari il più indotto, il più umile, anche il colpevole, non fosse rimasto altro dell'insegnamento seminaristico. Singolare figura davvero; e singolare sorte; perché oltre ail avere agito profondamente su un numero relativamente piccolo di amici e discepoli, potè più che non si creda sulla cultura italiana, dove all'inizio del secolo dominavano materialismo, ed un idealismo che scorgeva la religione — quella del clero, delle preghiere degli umili — come una forma di poesia, riuscì a far considerare il fenomeno religioso nella sua importanza anche alle correnti che più gli erano state e gli restarono ostili. E, bizzarra sorte, riportò il maggiore successo proprio in seno a quella Chiesa che lo scomunicò, e nel cui insegnamento di oggi tanto è dato rinvenire delle concezioni di Buonaiuti; nella parola dei sacerdoti, nelle omelie dei vescovi, il rinnovamento interiore dell'uomo, il suo senso di fratellanza, anteposto ai sacramenti. A. C. Jemolo