Lettera dall'interno della riforma Rai di Andrea Barbato

Lettera dall'interno della riforma Rai BARBATO RISPONDE A SOLDATI Lettera dall'interno della riforma Rai Caro direttore, come sai so-' no un lettore assiduo del tuo giornale. Apro La Stampa di martedì, e mi trovo davanti a tre colonne di severa rampogna ai nuovi notiziari televisivi. Mi accade di dirigerne uno, quello che porta il numero 2. " We are number (ivo », diceva una ditta di autonoleggio qualche anno fa, * but we try \ liarder »: ci mettiamo più grinta proprio perche vogliamo diventare il numero uno. Pazien! za, mi dico, non si può essere graditi a tutti, forse nemmeno alla metà delle persone. Peccato, il mio giornale preferito mi fa una stroncatura. Leggo l'articolo, e non trovo nulla che sia riferito a quel che faccio, ni! ai giornalisti della mia redazione. iMcnomalc, penso. Ma il tono è critico in generale, investe anche me. inutile nascondersi: dice che non ci sono stati cambiamenti, che tutto è superficiale e insignificante. Allora bisogna tentare di difendersi. Ma poi, arrivo alla firma. E' di Mario Soldati. E come faccio io, povero « lelcburocratc » colpito dalla riforma, a salire in polemico con Mario Soldati? Grande scrittore, regista illustre, ho i suoi libri nell'angolo migliore dello scaffale, una volta a Venezia andai persino a cena con lui in carne ed ossa, nel ristorante preferito da Hemingway i camerieri giustamente lo riverivano, il vino schioccava nel palato prima d'essere ammesso sulla mensa. Che posso rispondere a Soldati, se non gli piacciono le nostre facce, le nostre sigle, i nostri notiziari? Non posso rispondergli che non mi piacciono i suoi libri, perché li trovo splendidi, e poi non ho titoli da critico. E quando rivedo Piccolo mondo antico, ancora mi commuovo. Mi piace lutto, di Soldati: la faccia, le sigle, tutto. Quando viaggiava lungo il Po, o quando cercava i vini d'Italia, facevo il tifo per lui. E' come essere tradito da un amico, anche se lui non mi conosce, non j ricorda, ha ben altro da pen sarc. Che posso fare, allora? Accampare scuse, dire che si fa quel che si può, che poco è meglio di niente? O raccontare come si lavora, con quali limili, con quali mezzi? Mi può dire. Soldati, che è tanto peggio per me, e che lui giudica i risultali. E poi, se la prende con un paio di giornalisti e [ una sigla che non mi appai i , .„ . , _ » : r f- . „ .. ,e.ng° ' p0!rc! .farc flnla dl niente, e anzi gioire con un piz zico di malizia. Ma la malizia non si addice a un burocrate. "Showmen" mancati? No, bisogna prendere foglio e penna e scrivere: è scomodo, scrivere dopo Soldati, non e facile per nessuno. Devo cercare solo, da buon burocrate, di rispondere ad ogni comma del suo atto d'accusa. Dice Soldati che « forse » siamo anche intelligenti e integerrimi, ma che abbiamo un « curriculum bancario » e organizzativo. Ho tenuto nascosti per anni i mici trascorsi giovanili al Banco di San Paolo e alla Cassa di Risparmio, ma l'occhio di Soldati non perdona. Dice Soldati che non siamo gcnii: e vero, ma di gcnii ne nasce uno ogni secolo, e quasi sempre a Torino. E dice Soldati che sbagliamo tulio per un motivo molto semplice, perché non siamo degli « showmen ». Significa « uomini di spettacolo », lo dico per la plebe. E anche questo è vero. Semplici giornalisti, non abbiamo mai calcato le scene, e si vede. Non si può far tutto, nella vita. Se il crollo della lira, la condizione operaia, il marasma politico e gli scandali non ci fanno ridere, è perché siamo disperatamente mutilati del senso dell'umorismo. Fare spettacolo di queste notizie, coprirle di lustrini, ci sembrerebbe immorale: ma noi, si sa, siamo cupi per natura, mezzemunichc. e Soldati conosce bene le miserie di un « travet ». Da un poeta, si attende indulgenza? Ma no, anche questa e una visione antiquata. Senza usare tracchi Ci chiede Soldati se abbiamo mai visto i notiziari francesi. Sì, li abbiamo visti, lottando con la nostra ignoranza della lingua. E poi, da Roma si ricevono mollo peggio che dal golfo di Lcrici, dove già si respira profumo di Costa Azzurra. E come ci difendiamo? Ma quelli sono francesi! Come diceva il Generale. * la téle, c'es'. la Franco ». E la Francia è la Francia: l'Illuminismo, la Rivoluzione, Maupassant, il Fronte Popolare, il Maggio... Noi viviamo in un remoto angolo di provincia, quello che fanno gli altri non può non essere migliore. Ma la descrizione, poi, ci umilia: il giornalista francese non legge, guarda il pubblico, parlia spedilo, il fotogramma gli arriva « al secondo bottone delia giacca », le diapositive cambiano ad ogni notizia. Francia, ultimo amore... Il confronto e davvero mortificarne: noi le diapositive le cambiamo una volta alla settimana, come la biancheria di casa. E il giornalista legge i fogli che ha davanti (e che ha scritto lui, vero Levi?) perché non abbiamo ancora voluto introdurre, nella nostra arre'ratcz- za tecnologica, il trucco d'una macchinetta che si chiama « teleprompter », o « gobbo », dove c'è scritto tutto. Si legge, ma il pubblico non lo vede. Astuti, no? Lo riveliamo per dare alla Francia un'altra pugnalata alla schiena. Ma si usa, insieme ai fogli scritti, anche in tutte le altre televisioni. E lo usano i presidenti americani: quando Lyndon Johnson si commuoveva in diretta sulle proprie dimissioni, leggeva un nastrino scorrevole. Questo è spettacolo! Quanto al bottone della giacca, impartiremo ordini severi: o spostiamo la telecamera, o spostiamo il bottone: ne va della nostra credibilità. E le interviste «lampo»? I francesi le fanno, noi no. Forse gli intervistati francesi hanno il gusto della sintesi, che da noi è ignoto. O forse usano le forbici, strumento che bisogna togliere dalle mani di noi bambini. La televisione francese è « signorile ». come dice Soldati. Mentre noi, ammettiamolo, siamo tetri e problematici. Non avevamo pensato, come suggerisce lo scrittore, a chiamare in nostro soccorso « maestri di danza o di recitazione ». Un bel balletto all'Alfasud o una sceneggiata a Mirafìori è proprio quello che ci vuole. E ve lo immaginate un « pas de deux » fra Gui e Tonassi? Un trionfo. Abbiamo tentato di fare qualcosa di nuovo: inchieste sulla polizia, ministri chiamati a rispondere alla accuse, educazione sessuale, viaggi nell'inferno dei manicomi, trasmissioni dirette da ogni angolo dove sia possibile. Ma c'è mancata la danza, è vero. Diaghilev o Carla Fracci sarebbero i registi ideali del telegiornale, una piroetta e via, camera uno sul primo piano del secondo bottone, tutto mo'to signorile, molto francese, boti mot, esprit de finesse. Non ci riusciremo noi burocrati. Soldati ha ragione a picchiarci il fondo dei pantaloni col suo bastone di malacca. Per sua fortuna, l'antenna si può girare, il golfo è sempre limpido, e le notizie francesi sono più rassicuranti delle nostre. Andrea Barbato

Luoghi citati: Francia, Italia, Roma, Torino, Venezia