Fare presto

Fare presto Fare presto (non per panico, ma per prudenza) La crisi italiana, nella concseta realtà dei rapporti sociali o economici, mostra i segni d'una degradazione continua, che si accelera. Si moltipllcano stridenti segnali d'allarme: dagli indici della disoccupazione che monta, alla caduta della lira che non s'arresta, agli atti di violenza e teppismo, incendi dolosi, assalti con « molotov », guerriglie urbane che inseguono una losca strategia distruttiva, spontanea o coordinata. Dilagano il turbamento e l'inquietudine: l'Italia è oggi un Paese infelice. Anche nella sfera politica c'è febbrile agitazione: ma 11 movimento a senso unico (il senso della caduta) che vediamo nella società, si trasforma in politica in una specie di insensato moto circolare, dove, come in un incubo, si ricalcano periodicamente gli stessi passi, si ripetono gli stessi gesti e le stesse parole. Si, fa gran spreco d'energie, ma si resta sempre immobili allo stesso punto. Da questo incantesimo perverso è urgente uscire, perché l'Italia è assai vicina a quella fatale soglia di tolleranza psicologica oltre la quale, suscitati dalla disperazione deiringovernabllltà, esplodono irrazionali istinti di rottura dell'ordine sociale, desideri incontrollabili di uscire dalla crisi «ed ogni costo », stati d'animo pericolosi capaci di condurre il Paese fuori di quel giuoco delicato e difficile di tolleranze, di equilibri, di reciproci rispetti che 6 la democrazia. I politici contribuiscono alla crescita dell'onda di panico quando rivelano tanta inettitudine, incertezza, esitazione. Non occorre esser specialisti per comprendere che, nell'attuale quadro politico, non si può più ricomporre un meccanismo funzionante di governo. La democrazia vuole che, in questi casi, i partiti prendano atto del contrasti che li paralizzano (e con loro 11 Paese); e che essi si ricompongano ciascuno nella sua identità e si presentino all'elettorato, con i loro programmi, la loro storia, i loro meriti e le loro colpe, per farsi giudicare. Anche il meccanismo della crisi politica, farà parte di questo pubblico processo di indagine: per questo i partiti si preoccupano di « far bella figura», di dimostrare ciascuno la sua innocenza per il fatto che il meccanismo si sia inceppato, di scaricare sugli altri la colpa del fallimento. Tali preoccupazioni sono comprensibili. Ma i partiti diventano irresponsabili quando, per questi interessi, rendono ancor più lento e vischioso lo scioglimento naturale della crisi. I partiti in realtà sopravvalutano, per una sorta di deformazione professionale, l'importanza che l'elettorato darà a ciò che sta accadendo in questi giorni: il giudizio che verrà espresso nel voto dipenderà soltanto in piccola misura da queste convulse scene Anali della sfortunata sesta leg1sl»t'»^a; in misura assai maggiore da più larghe considerazioni sul Paese e i suoi problemi, sui partiti e la loro storia. Semmai, verrà premiata la maggior schiettezza, la pulizia e la rapidità con cui ciascun partito contribuirà a sciogliere il Paese dai vincoli che lo stanno soffocando, restituendo prestamente all'elettore sovrano il suo potere di scelta. * * La buona salute dei partiti politici ci sta a cuore; altrettanto o ancor di più quella della società e dell'economia. Per l'uria, come per l'altra, occorre che si faccia presto a mettere il processo politico al passo con l'evoluzione precipitosa della situazione civile. II costo degli indugi, a questo punto, sta diventando intollerabile. Può consentire tanta pericolosa lentezza lo stesso Presidente della Repubblica? Far presto .non significa affatto, al punto in cui siamo, cedere al panico: tutto 11 contrario. Non c'è disfattismo, ma genuino e profondo allarme, nell'ondata di critiche che monta da tutto il Paese verso i politici. Sappiamo bene che anch'essi sono come presi in un vortice incontrollabile; e non ignoriamo quanto autentico impegno civile vi sia ancora al vertice dei partiti, anche se poi la buona volontà non riesce a tradursi in azioni concrete. Ma proprio chi sente più vividamente queste responsabilità deve rendersi conto che talvolta i nodi non possono esser più sciolti pazientemente, perché non c'è tempo; vanno tagliati.

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