L'Europa di Penelope di Alberto Cavallari

L'Europa di Penelope al vertice» senza illusioni | L'Europa di Penelope Non dobbiamo farci molte illusioni sul «vertice» triennale dei capi di governo della Comunità europea che si tiene oggi a Lussemburgo. L'Europa è come Penelope. Ha disfatto di notte la tela tessuta di giorno, nessuno può garantire che torni al telaio con intenzioni diverse. Inoltre, l'Europa è peggio di Penelope. Dispone di due telai, passa da un lavoro all'altro per evitare di finirne uno. Nel presente caso, doveva essere all'ordine del giorno un grande tema: istituzioni e parlamento europeo. Ma il disastro monetario ha imposto anche un'altra discussione, si riparlerò di coopcrazione monetaria, di serpente, di fluttuazioni armonizzale. Finirà cosi che le istituzioni non faranno un passo avanti, mentre le monete resteranno nel vicolo cieco di una cooperazione già fallila. Il vertice sulle istituzioni era nato, come dice Pierre Drouin, dulia 'logica citila ricamatrice»: che quando non ha più voglia di andare avanti con le maniche comincia dal colletto. Eullite le grandi coordinazioni decise in un ventennio (Euralom. Unione economico-moneiaria, accordi di Kambouillcl) si era infatti tornali al grande nocciolo politico, ricominciando da capo l'esame di uno spinoso problema. Gli stessi francesi, da sempre sfavorevoli, fautori di cene, di concislori ambulanti Ira capi di Slato, e di congressi di Vienna, avevano voluto riaprire il problema dei poteri comunitari, e quindi della loro «legittimità'. Così s'era messo in cammino il nuovo grande tema dell'elezione a suffragio universale del Parlamento europeo. Lussemburgo era un appuntamento importante. Gli stessi comunisti italiani apprezzavano il cosiddetto rilancio istituzionale. Non c'è dubbio che lu crisi monetaria dovesse in qualche modo mobilitare la Cee; e che il vertice di Lussemburgo dovesse fare spazio, accanto alla politica, alle questioni .urgenti. Non | c'è dubbio, poi, che i piani e i progetti monetari elaborati da Bruxelles siano benvenuti, in questa e in altra sede. Tuttavia c'è il sospetto che la ricamatrice si sia stancata prima di cominciare, e che sia in corso un altro capriccio di Penelope. Traumatizzalo dalle sconfitte, nel pieno di una crisi di prestigio, il presidente Giscurd ha infatti riscoperto l'appoggio gollista. Non è opportuno per lui aprire un dibattilo sulle istituzioni che ai gollisti è sgradito. Pertanto, dopo la richiesta di dare priorità alle questioni monetarie, i francesi si presentano al Lussemburgo con un grosso dossier monetario, per collocare in secondo piano il dossier politico. Già s'immagina come finirà. Discussione di procedura, solito compromesso, qualche accordo simbolico. Ci sarà poco tempo per l'ima e per l'altra questione. Il sospetto diviene certezza registrando le ultime mosse francesi. Dopo una richiesta di mettere all'ordine del giorno i problemi monetari, l'Eliseo ha smentito le voci che davano per certe alcune proposte tecniche francesi sul funzionamento del serpente. Dopo un lungo Consiglio dei ministri, ieri mattina, l'Eliseo ha annunciato poi che il vertice di Lussemburgo dovrà servire a tre cose. Primo: «Essere l'occasione per riaffermare la volontà di mantenere la coesione economica della Comunità». Secondo: «Consentire alla Francia ili confermare il suo accordo alla decisione di principio sull'elezione del Parlamento a suffragio diretto, e di discutere coi soci le procedure». Terzo: 'Avviare un primo scambio di riflessioni sulle istituzioni europee in occasione dell'i presentazione del rapporto Tindemans». Bisogna leggere bene queste affermazioni, per capire di che morte moriamo. La Francia vuo- ,1 prpdcvdvtcprcf«slptftsnfbtvnlsccvdctlole un vertice monetario, ma ! «non ha proposte tecniche da 1 lare sul serpente». Inoltre, vuole un vertice che riaffermi ciò che non c'è: hi coesione economica. Infine conferma la sua disponibilità «per accordi di principio e per scambi di vedute» sulle istituzioni e sul Parlamento. Purtroppo è chiaro che si mette molla carne al fuoco per evitare che l'Europa affamata mungi qualcosa, e subito. Altrettanto ctaaro. poi, che la carne non, è ; carne, e s è dissolta in tre bolle I di sapone. L'Europa è un'altra I volta pretesto per grandi bugie, j per grandi ambiguità, per fragorose operazioni pubblicitarie personali? Non ci vogliono particolari doti di finezza diplomatica per capire che Giscurd d'Estaing, da vanti alla sua crisi interna, tenta di diventare protagonista del vertice con un «polverone» di temi che cancella ogni tema, e che così l'Europa riaffonda nelle parole. Non è infondato il timore, dopo Rambouillcl. che ormai ci guidi una politica verbale, fatta di belle frasi, di fragorosi «simboli». Ma non è penoso lo spettacolo di un'Europa che. fallita lo coordinazione economica, passata alla coordinazione politica per sfuggire ai problemi del fallimento, nemmeno su questo terreno s'inoltra, tornando ul suo punto d'inerzia? Non è penoso il «simbolo» preferito al fatto? Da un vertice ci si aspetterebbe oggi l'onesto discorso del notaio. Come giustamente si osserva, sono crollate le speranze monetarie nate all'Aja nel '69, e l'Europa ha finito con l'essere solamente unu «zona del marco»: malgrado la crisi energetica, l'Euratom è diventala cadavere; persino la vecchia Ceca dei pionieri non è più possibile, con l'avvcnula rinascita dei cartelli siderurgici. Pertanto, se l'Europa deve esistere, ciò che occorre è una constatazione del- la crisi, un inventario delle macerie, la scoperta di un «punto di attacco» per risalire la china. Ma è amaro constatare che ancoro una volta l'Europa è un gioco tattico, e peggio ancora, un «rotary» per leaders in disgrazia. Proprio «Le Monde» scriveva l'altro ieri che l'incanto è finito, che vent'anni di «regressione» hanno reso drammatica la con- i anno reso Grammatica la con uiziont ui essere europei. Ma, I incanto e muto perche si sono i costruiti castelli di parole, fin-1 gcndo una realtà inesistente, un- che quando le cose hanno mo- ! strato il terribile volto della «ne- l- cessila» L'ultima prova del re- ; sto è nronrio il raonorio Tinde-1 m.ns- così chiaro rispetto "ih 5P<-"0 aMalvolontà tedesca di non volere un'Europa che non c'è; così esplicito nel dire sgradevolmente che ci sono due Europe, una povera e una ricca, una solida-, mente capitalista e l'altra 0i|o I , . . . sbando verso sinistra, e che ciò ' ....,,„. porta nuovi problemi, da guar- ■ dorè in fuccin senza finzioni, Tuttavia, anche davanti u questo rapporto, «si prende visione», si «scambiano riflessioni»: perché la crisi, tra le pnrole e le cose è diventala permanente. Non si ha il coraeaio di dire!r-h» H h.lli«im..tettato di Ro- che il bellissimo trattalo d.Ro-ma ha la patina degli Anni t_in. quanta, risente dell Europa «ca- roìmgia». cattolica, neocapitali- ;sta, politicamente omogenea —1anche se non strutturalmente — |dalla Sicilia al Reno, sopratuiio non subordinata alla Germania. Non si ha il coraggio di dire jche. col Settanta, è cominciata un'altra Europa, e che i problemi d'unità, e d'integrazione, hanno preso altri aspetti, magari più difficili, tuttavia reali. Cosìsi aspetta Ulisse, si disfano tele. lineando in due telai Ma in- giocando tra due telai. Ma in tanto anche l'Europa diventa una parola, e non è detto che Ulisse debba tornare. Alberto Cavallari

Persone citate: Grammatica, Penelope, Pierre Drouin