Bisogna spaccare l'Italia in due? di Giuseppe Galasso

Bisogna spaccare l'Italia in due? SI PARLA DI PADANIA, SI FANNO STRAVAGANTI PROPOSTE Bisogna spaccare l'Italia in due? Un'iniziativa della Montedison ed un'altra del presidente emiliano Fanti hanno posto da qualche tempo sul tappeto la questione della « Padania ». Da un lato, ci si limita a constatare che fra le regioni settentrionali del Paese esistono fattori, come suol dirsi, « aggreganti » molto forti e tali da configurarle come un blocco unitario nel contesto italiano; dall'altro lato, sulla base di tale qualificazione, si chiede per essere una forma specifica nuova di legame e di collaborazione politico-amministrativa. A queste due iniziative si è aggiunta ( in coincidenza casuale, ma non priva di significato ) la riflessione di qualche studioso indirizzata nello stesso senso. Quella del prof. Gianfranco Migliò (Corriere della Sera del 20 marzo 1976) si può definire addirittura clamoro sa, benché egli sembri dimenticare non solo che il 1975 e il 1976 siano date davvero tardive per scoprire che l'Italia è composta di una sezione continentale e di una sezione peninsulare, di una Padania e di une. Appenninia, ma anche che questa scoperta ri sale, fra l'altro, proprio ai meridionalisti di un secolo fa. Furono questi, infatti, a teorizzare, molto prima dei Mariani da lui citato, di « fattori aggreganti » che contrapponevano il Sud a' Nord e ad individuarli implacabilmente, con Giustino Fortuna to, nella natura dei terreni e nel clima. Credevamo che da quel tempi lontani del positivismo naturalistico, esaspe rato dal pessimismo sempre insito in ogni forma di co- I ?idde"<> « realismo », si fosse fatto qualche progresso negli studi e nella mentalità. Il prof. Migliò ci prova che non è del tutto cosi. Noi non lo seguiremo nel suo attacco alla politica a sfavore del Mezzogiorno. Egli sì è potuto servire di alcune buone frecce, ma non le ha dirette contro il bersaglio giù- sto e ha fatto, in generale di tutt'erba un fascio, parlando di meridionalismo e di meridionalisti come se sì trattasse di qualcosa di indifferenziato e di pacificamente convenuto. Per quanto riguarda questo argomento è di gran lunga preferibile leggere Niente Cassa e meditare ciò che ne ha scritto Alessandro Petriccio- ne. E creda pure il prof. Mi- gliò che rispondere a chi da tempo nega l'opportunità di una politica « speciale » per il Mezzogiorno e di un ente ad hoc come la Cassa, e da tempo sostiene la necessità di j un'unica politica nazionale di I programmazione e di svilup- po e l'opportunità di trasfor-mare in tale quadro la Cassa ! in un ufficio ministeriale con poche e ben determinate funi zioni, è meno facile che riI spendere a chi di ciò non è convinto. Se poi il prof. Mi| gliò vuole un esempio di come si possa seguire da uno j dei possibili punti di vista meridionalistici l'andamento del quadro economico nazionale e internazionale, consulti il libretto dei giovani Mutti e Poli che, pur con tutte le sue complicazioni e distorsioni ideologiche, insegna sul problema molto più di quanto non riesca a lui. L'aspetto più originale della posizione del professor Migliò sta. infatti, in ciò che egli propone. C'è una politica unica per le esigenze conni | ni delle Regioni meridionali? Bene, egli dice, ce ne sia una j pure per le esigenze comuni | delle Regioni settentrionali, j raggruppate a loro volta, co- i me quelle meridionali lo so | no state nel quadro della | Cassa del Mezzogiorno, « in una struttura corrispondente all'estensione territoriale di , quelle esigenze medesime ». Il lettore penserà: una Cassa per il Nord? No. Il prof. Migliò non propone niente di meno che una federazione tra le appena alcuni « organi di consulto e di coordinamento » e alcuni « posti di cooperazio- i due parti dell Italia, con ne e di scambio delle risorse. anche finanziarie ». j,n tal modo ognuno svilup perebbe « onestamente la pro¬ pria particolarità senza scimmiottare gli altri ». Le Regio ni Padane continuerebbero i >?"> « complessi e prometten- tl rapporti » con le consorelle francesi, elvetiche, austro-te- desche e, persino. Jugoslave; j 1 quelle meridionali intensi!!-1 cherebbero le loro « interes- j santi rV.ae}°ni Preferenziali con un Mediterraneo politico1 economico in pieno sviluppo». I Da una parte, perciò, l'Eu ; ropa di Carlomagno; dall'al- tra, quella di Maometto, che comincia — testuale — « proprio sull'Appennino tosco-emiliano, tagliando in due la Penisola italiana ». La prima praticherebbe l'industria, che è — ancora testuale — « il fenomeno dei Paesi a clima freddo o almeno temperato », e una vita civile veramente « polìtica » e senza clientelismi. La seconda si dovrebbe dedicare, a quanto si capisce, a piantare cavoli o giù di 11 e ad una vita civile caratterizzata dall'assenza della vera e propria « politica » e dalla presenza delle « rendite politiche » su cui è fondato il clientelismo. Le parole del Migliò cercano, invero, di essere (Maometto a parte: un lapsus inqualificabile) riguardose; ciò che egli dice è. tuttavia, oltraggioso (e non per i meridionali soltanto, ben inteso) e. soprattutto, inaccettabile ! in via di principio e in via di fatto. E' veramente sconfor-tante quanto egli afferma sul l'industria, sullo sviluppo economico del mondo moderno e sul tipo di vita politico che sarebbe proprio dell'Europa di Carlomagno e di quella di i Maometto: cose che, se le leg gessi in una tesi di laurea di discipline storiche e moder- ci spiega che c'è. invece, il caldo e il freddo. Dove ere j devamo che ci fosse la sco 1 perta dell'America e lo sfrut ne, non esiterei a bocciare in toto. Dove noi credevamo che ci fossero le vicende di formazione politico-sociale sempre rinnovantisi nell'« alterna onnipotenza delle umane sorti », per cui la luce viene ora dall'Est e ora dall'Ovest, ora dal Sud e ora dal Nord, Migliò tamento di vasti territori transoceanici con le loro enonni ripercussioni sulla geografìa economica e politica del Vecchio Mondo, Migliò ci spiega che c'erano, invece, le terre grasse del Nord Europa: come se non vi fossero ! state anche trecento e mille e duemila anni prima. Le terre grasse Dove noi credevamo che certi fenomeni socio-politici «il bossismo e lo spoilsystem negli Stati Uniti, il notabilato della Terza Repubblica in Francia, la corruzione e il personalismo di tanta parte della storia politica in Inghilterra, le grandi clientele democristiane dell'Italia settentrionale di oggi; tanto per fare qualche esempio) fossero legati alla storia concreta e determinata di singoli sistemi politici, il prof. Migliò ci insegna che ci sono, invece, fatti di civiltà (oh! senza offesa, per carità). Le civiltà sono tutte eguali quanto a valore, ma voi tenetevi la vostra, e noi la no- | stra. Voi fatevi la vostra Re 1 pubblica delle arance, dei li- moni e dello zolfo, e noi ci faremo la nostra Repubblica dell'elettronica e dell'acciaio. Voi fate i buoni e noi vi daremo pure qualche soldo. Come se — fra l'altro — 1 rapporti e lo scambio delle regioni del Sud fossero dav- 1 vero con i paesi rivieraschi del Mediterraneo e non, invece, in schiacciante prevalenza con le altre regioni italiane ed europee; e come se il Nord potesse fare a meno del mercato meridionale. E Migliò non si ferma qui. Con le due Italie federate fra loro non solo porremmo fine alle storture prodotte (chissà poi a vantaggio di chi) dall'unificazione italiana, « un'impresa sballata fin dall'origine ». ma addirittura daremmo luogo ad « una ca ratteristica. in Italia, dell'eu rocomunismo, di quello vero con il quale anche senza cantare per la gioia, potremmo essere costretti, presto o tar di, a fare i conti ». Vedi un po' dove va a finire, lasciando fare ai prof. Migliò, il compromesso storico! Già: perché a lui l'unità italiana sembra conservabile solo « attraverso il " centralismo democratico " di un sistema nazional-cotnunista di tipo sta Itniano ». E queste cose si scrivono sul Corriere della Sera, fondato da un napoletano a Mi lano. Naturalmente, il Corrier" non c'entra: si tratta di una «tribuna aperta». Ma è sintomatico ,..e fra i lettori e i volontari corrispondenti di un gran giornale del Nord si possa arrivare a scrivere ciò che il prof. Migliò ha scritto, firmandosi come pre side di una Facoltà di Scienze politiche. Non sarebbe opportuno che giornali e forze politiche parlassero un po' chiaro, tutti, sull'argomento? Giuseppe Galasso

Persone citate: Alessandro Petriccio, Carlomagno, Gianfranco Migliò, Giustino Fortuna, Mariani, Mutti