Il contrabbandiere

Il contrabbandiere Racconto della domenica: Bonf antini Il contrabbandiere « Te sè Utrnfe, pitture], per Simona con la Ine:-.?». Olà prima di voltarmi sapevo che era il Guato, cioè l'avucàt, che mi guardava col suo sorriso scherzoso. B mi seccava, perché la piccola Ines, più bellina zhe mai. era usci la per me dalia sua stireria, sullo scalino che da sulla | Motta, e aitava tutta ridente il suo faccino verso di me che. lungo come sono, me ne stavo sulla strada un po' in basso per parlare pia comodo. Però le dissi svelto un arrivederci cara: e la lasciai li per girarmi aH'svucàt. Il quale si contentò dt segnarmi col mento le Due Spade lì vicino, dove è andato adagio adagio a sedersi al tavolino di fuori, e io lo seguiva. Erano forse te tre e in giro non c'era neanche un'anima a • quell'ora e con Quel caldo, perché era una bellissima giornata: quella del venti settembre, me ne ricordo sicuro- perché l'avucàt istruito come era mi fece notare che « cadeva giusto quel giorno l'anniversario della breccia di Porla Pian, quando più di settanta anni fa i nostri bersaglieri erano entrati in Roma < ponendo fine al potere temporale dei Papi», che per tanto tempo era diventata in Italia una festa nazionale, fino a quando il fascismo... Ma qui il Ousto ha piantato li il discorso, si ha guardato attorno ancora una volta, mi ha fissato tutto serio con quel suoi occhi, ben grandi per quell'ometto che era, e ha abbassato di colpo la voce: e Apri bene gli orecchi e tienilo per te, biondina... Perché devo spiegare che là mi chiamavano tutti tei biondina per via delia mia lesta, bionda ma di un biondo che non si vedeva in quel posti, e mi veniva, insieme al parlare veneto, dalla mia povera mamma, montanara dei Sette Comuni che era arrivata tanto tempo prima a sposarsi la sb a Canotto. E mi dicevano anche « piturèl », perché a Oria mi aveva tirato dietro quel mio bravo zio Gaetano che taceva il pittore, lo sbianchino, e to gli facevo l'aiutante, il masut come dicevano loro, che era l'aliro mio mestiere, perché di solito a Cenobio facevo il contrabbando, pratico e buono sii per l monti ero. da quel bravo cornasti tare degli alpini! rb *toto.IKmtt0IHiml&#l dunque;' bretia: l'avomi spiegò che pochi dì innanzi, il quindici di quel settembre del '43, verso sera (lo stavo a CanobloJ erano arrivati lì in piazza due camionette scoperte con sii dei tedeschi: forse quindici o venti ma bene armati. Ap pena fermi, erano saliti di corsa in quattro o cinque sù per la scaletta del nostro Municipio: erano venuti gii dopo poco e avevano preso di buon passo la via per San Rocco. L'avucàt, che era seduto lì sotto, dal Carlin, aveva subito fatto per satire in Comune anche lui. se poteva sapere qualcosa: ma un tedesco della camionetta a urla e gesti l'aveva obbligato a fermarsi. Allora lui si era messo a girare per la piazza, che a quell'ora era piena di gente, quasi tutti villeggianti, ed ecco gli capita davanti il Roberiino, giovane giovane ma suo amico. L'avucàt sottovoce gli raccomanda di armare via suoito, non si sa mai: dt prender su per la Motta, al Sacro Monte e stare li « fino a nuovo avviso », ha detto proprio cost. Ma il Robertino non gli obbedisce, e corre via anche lui verso San Rocco. Passa nemmeno mezz'ora, e quei tedeschi tornano in piazza con i mitra puntati nella schiena del Robertino e del sua papà, il Levi « uno dei tanti Levi di Torino», quel bravissimo oculista. Li spingono sulla camionetta lì steina: partenza immediata, e non se n't saputo più nulla. «Ma qui, mi dispiace tanto, caro blondin, devo alrti ancora Una cosa, una verità: mentre stavano andando via, da quella genia In piazza che si erano tirati da parte spaventati, sì. per Iddio benedetto, te lo giuro, sono partiti degli applausi: non molti, forse tre o quattro, ma ben chiari, li ho sentiti con queste orecchie!», lo gli ho fatto due o tre volte sì con la lesta, impressionato. Sapevo che anche a L'anobio, e anche a Cannerò lì vicino, erano già subito capitate delle porcherie di . quel genere: gli avevano sparato subito e It avevano gettati nel lago.. Ma non gli ho dello niente; perché l'avucftt senza fermarsi, e stavolta con una voce basfa ma bassa davvero che faticavo a sentirlo, ha continuato. Lui aveva subito pensato che a Imola, non più di mezzo chilometro di distanza, nella villa del farmacista Qorta Umilio di Novara che doveva essere parente di uno dei dite (Cera per allora il suo figliolo, il ■ Deda, che il Ousto era abbastanza suo amico) si trovavano due distintissimi anziani signori ebrei, di Torino, e bisognava avvertirli subito e farli nascondere. Avevc. aspettato buio e eoa il suo raffino Ciccio, era an- dato a Imolo, sebbene c'era il coprifuoco. Mi ha anche detto che «per precauzione» si aveva preso dietro una vecchia rivoltella a tamburo, ben carica: che a me mi e sembrato una grossa imprudenza, a dire, la verità. Ma brevia: era arrivato alla villa, per fortuna senza brutti incontri, si era fatto conoscere da quei due signori, e ti aveva portati direttamente in Bagnerà, in quella gran viltà sul lago che gli aveva lasciata in eredità suo padre. Brevla: lui quei due signori li teneva in quella pitto, disabitata; e tutti i giorni figurando di andare a pesca gli portava delle cose da mangiare, raccomandando però di non accendere il fuoco: non si sa mai. Insomma. Adesso ci voleva una persona proprio in gamba, e senza paura, per farli passare in Svizzera. Un bravo contrabbandiere, per esempio... B mi guarda fisso. Io capisco al volo e gli dico di sì; franco e deciso. L'avucàt mi fa capire che se tutto andava bene come sperava, c'erano dei soldi per me e non tanto pochi. Io subito gli dico di no: chiaro che Vera una' cosa che con quei tempi ci andava di mezzo la pelle anche per me: e allora, tutto l'oro del mondo... Qui lui, il Gusto mi ha guardato Asso un momento e mi ha fatto segno di sì con altra. ff afeo sublto^fòr ■ll'ora e anche ^prima, magari alle- due: lui li portava sù per il gran giardino cintato della sua villa e li metteva fuori proprio al Prarondo. che non c'è mai nessuno. Io capito I) ad aspettare passeggiando, con un giornale arrotolato sotto il braccio per segnale: et presentiamo con una parola d'ordine e me li porto via. Ma fino a domani alle due il Gusto ha detto che non dovevo farmi vedere in piazza; ami mi teneva lui con sè nel-. la sua casa. Che è stata una bella noia; ma con una bella dormita, e tanto buon vin che abbiamo bevuto insieme l'è passata anche quella. Il pomeriggio alle due. con il mio bravo giornale sotto il braccio, ero là al Prarondo, e arrivano quelli. Ci tocchiamo la mano dicendo come era combinato: «Gran bel tempo, vero?» e l'altro, il meno anziano del due, scuotendo due volte la testa: «Sì, si. ma non dura», ed eccoci pronti. Avevo il mio progetto, che andava giusto bene perchè loro avevano l'aria di due persone civili e neanche troppo vecchi: tutti e due vestiti di grigio, un grigio troppo scuro in verità, ma pazienza. Uno, il più giovane, alto abbastanza, capelli e baffi neri e la faccia tranquilla, un po' pallida:' l'altro, più piccalo e magro, con due occhialoni spessi che si vedevano poco gli occhi, una faccino più magra ancora e l'aria anche lui tranquilla, fin troppo. Portavano tutti e due Ù cappello nero, e camminavano guardando per terra. Perche ci siamo messi subito a camminare, girando intorno al Monte per prendere a sinistra lo stradone che va a Peltenasco: mi era venuto in mente di scansare la stazione di Orla, che si chiama poi Orta-Mlasino. quella che prendono gli ortesì. e di andare al treno a Pettenasco. che non c'è nemmeno tre chilometri. B lì fare tranquillamente il biglietto per Domo, che quella ferrovia Novara.Domodossola, la più antica come pi aveva spiegato il Ousto, >è considerata secondaria e a un certo punto, dopo Premosello. costeggia certe volte a pochi metri <a ferrovia nuova: quella Milano-Fondotoce-DomodossoIa e via per il Sempione, dove passano I direttissimi e anche gli t spressi talora i li damava cussi). Mentre quell'altra ferrovia, la nostra, faceva anche certe stazioni più piccole, e Cera di sicuro poca gente, nei giorni che a Domo non era mercato. Intanto a me mi è venuto in mente che quei due dovevano essere fratelli. Non Cera proprio una gran somiglianza, ma non so: forse il modo di camminare vicino muovendo i fianchi. Ad un certo momento io mi sono messo in mezzo, andando di bmdcd—ddmd! mpvcnshsldttbetlmccpapfvplc«sgu•ddcsAsecpci buon passo; intanto facevamo ben chiaramente mostra di parlare girando la testa, con frasi come: Un bel calda però! — Eh. la stagione. — E anche l'ora. — Però adesso viene una certa arietta dal lago... — Ma non abbiamo incontrato quasi nessuno: due o tre persone al massi mo, che sembrava gente del posto. Però quando ci siamo trovati sul nostro treno, in seconda come avevo deciso io: né in prima né in tersa, e seduti uno lontano dall'altro, ho cominciato a essere abbastanza tranquillo. Di neri: milizia ferroviaria, no i se vedeva più in quei giorni; e dei tedeschi, certo i poteva continuare a andar in giro come brutti cani, a notar qualche ebreo da ammazzare o da ritirare in Germania- in quei loro campi dove I li faseva morir in tute le sorte, come che sè tatuo dopo: ma non credevo che l potesse venir proprio in quel treno, e gh'ò avùo rason. II. difficile stava poi a Domo, nella stazione ferroviaria per dove ti doveva andare all'altra stazione piccola, quella della linea elettrica per la Val Vigezso, che lori del posto i la dama «la Centovallina»; e c'era un sottopassaggio: una specie di galleria corta e scura, che ini batteva proprio il cuore quando l'abbiamo fatta. Ma la xtì andata,.bea, cesi sia! ..Una voli un vagone- lungo solamente •perché era un treno totale, dopo le cinque di sera, pieno di brava gente che andava a casa, mi tono tentilo a posto: lì cominciava «i me pan. Alla fermata di Caino, che sta sulla sinistra, faccio segno con il capo ai miei due e vado giù. Scendevano anche tre o quattro d'altri, tempre del pasto, e 1 xé andarti chi de qua e chi de là. Brevla, ci slamo trovati noi tre da soli quando gh'ò preso per il mio sentiero: neanche un sentiero, una peata, che quasi non si vedeva nell'erba e in mezzo a quel bosco basso; ma io lo sapevo a memoria, da una pianta all'ai tra. Quei due mi venivano dietro senza fiatare, guardando bene giù per terra da non prendere i ciampiconi. Anzi mi pare di ricordarmi: il fratello più anziano e più piccolo, che fino a quella ora sembrava come imbarazzato, adesso in quel mestiere si mostrava più sicuro dell'altre/, mentre io ogni tanto mi cacciavo nelle boschtne più spesse. Non avevo tanto pau¬ rceampmcsisbslmsccdgmsdzialmmusimdiiiiiimiitmimiimiiiitni:iiiiiiiimimiiiiiiiiiim ra di trovare qualche milizia confinaria, perché i dotterò esser un po' come spersi anche lori, in quei momenti, ma no se sa mai. Brevia: una scarpinata nel prato più dritto, contro la montagna, ed ecco la rete con quel passaggio che conoscevo bene, bastava tirarla in sù con le mani e buttarsi sotto per terra: lo han fatto bene svelti tutti'e due, questa volta. Nettuno anche di là. Stava drìo a rivar veramente una bella guardia svizzera col tuo sciapo, de corta. Ma mi lo gh'ò ferma con un gran segno e gridando forte ebrei! e ghe spiegavo ancora, con te man, che mi personalmente tornavo subito da l'altra parte. Intanto noi tre ci slamo dati la mano, con soddisfazione, come fan gli alpinisti in una ascensione quando arrivano tu una cima. Quello più piccolo tn quel momento voleva mettermi in mano qualche cosa:- ho vitto un rotolino abbastanza spesso di biglietti di banca. Ma io, prónto: «No, no caro et me tiòr. Mi son già messo d'accordo a Orla con l'avvocato. Onesti i ve servirà certo de qua». Lui allora mi ha detto grazie e mi ha stretto forte la mano ancora una volta, guardandomi bene in faccia con un sorriso. E in quel momento mi sono proprio accorto- preciso (prima avevo soltanto come un sospetto) che'lui aveva gli occhi storti, o meglio un occhio solo storto; ma quel sorriso era così bello che uno era obbligato a non farci caso. Così ci siamo lasciali. Quando poi son ritorna a Orta dal Gusto a contargli come era andato bene quel contrabbando, lui l'avucàt, proprio così, mi ha abbracciato. E mi ha detto pian piano, tranquillo, che di quei due signori così distinti, uno, il più vecchio, era un personaggio molto importante, un nemico irriducibile (mi ha detto proprio questa parola difficile) del fascismo, che gli era toccato fare tanta prigione e confino. E mi ha detto anche il nome, che per allora mi no savevo neanche cosa fosse e me lo son subito dimenticato. Ma poi, con la liberazione dell'Italia e la caduta del Regime, a forza di sentirlo nominare e leggerlo sul giornali, quel nome mi è tornato m mente, e son stato proprio tanto fiero di averlo In qualche modo liberato anca mi. Mario Bonfantini mi 'M (943. Fucilazione di un partigiano in Piemonte (Archivio storico «La Stampa»)