Londra è senza fantasia?

Londra è senza fantasia? SEMBRA SPENTO LO SLANCIO CREATIVO DEGLI ANNI '60 Londra è senza fantasia? La primavera è bellissima, abbondano gli spettacoli di qualità - Ma non si vede nulla di nuovo; prevalgono i vecchi successi o i ritorni al repertorio del passato - Un solo avvenimento culturale ha scosso la folla: la mostra dei /Tesori della Tracia" (Dal nostro inviato speciale) Londra, marzo. E' ti momento dei daffodils: i fiorai agii angoli delle strade vendono i mazzi di narcisi gialli ancora in bocciolo, e le finestre dt Piccadilly, finestre di banche, finestre di grandi magazzini, sono orlate di fiori dal. colore fragrante e immacolato. Qualche lama dì sole taglia nella mattinata tarda il cielo grigio: basta poco, e un velo dt pioggia ricompone la perenne luce cenere. I dnllodiis; I bambini a scuola staranno imparando a memoria i versi di Robert Herrick, un dolce poeta settecentesco che ne salutò la fioritura: è l'arrivo della primavera, il gran momento della rigenerazione naturale. E' difficile pensare però cosa si rigeneri in Questa Londra sulla quale la notizia delle dimissioni di Wilson «f è abbattuta come una doccia gelata: la sterlina crolla, l'Ira lancia le bombe nella metropolitana. Dai grandi magazzini, dai ristoranti, ' l'organiszazione rivoluzionaria irlandese è passata a prendere di mira i convogli dei treni underground che riportano a casa nelle ore di punta del pomeriggio chi lavora. I giornali dicono chiaramente che solo la fortuna ha scongiurato stragi di proporzioni inimmaginabili: tre in tre giorni. Molti sostengono che quelle vaste Rinascenti a cinque piani, architettonicamente più simili a un ministero che a un negozio, allineate su Oxford Street sono meno frequentate di una volta perché la gente ha paura. Sulla stessa strada l'infinito numero di botteghe che vendono blue Jeans per piti d'un chilometro /asciatto invano spandere fuori le note d'una incessante e invitante musica pop: sembrano "aperte soltanto ai propri commessi, vestiti degli abiti che offrono alla compera. Eppure la strada, questo gran mercato dell'abbigliamento popolare, non ha perso a una prima occhiata il suo ronron d'abitudinaria festa. Contro la paura La città Intera sarò anche spaventata,- ma non si, spoglia, qpffie Ji„/gs&> -jìel_ pae-. se- prò dienza ai propri miti-^e at propri riti: i daffodUs a primavera, e la girandola serale di luci che al West End, a Sono, per teatri e dancing, promettono mirabilia di divertimento. I grandi cinema di Leicester Settare illuminano sulle loro facciate la grinta di Charles Bronson, di Jack Nicholson o l'allusivo candore di Sylvia Kristel, alias Emmanuelle. ' La domenica, subito dopo il lunch, i parchi si riempiono. Una domenica pomeriggio a Kenwood, ad esempio, può dare più d'una soddisfazione: i prati sono punteggiati di croton lilla, blu, bianchi, t bambini ci giocano attorno, i vecchi passeggiano lentamente per il declivio che d'estate ospita i concerti: e, se viene giù il solito spruzzo di pioggia, c'è sempre da visitare la collezione Guinness (proprio la birra Guinness) donata bbe-S allo Stato nel 1927, parco e castello compresi. ' Ma questo è il colore, così si dice in gergo. Se st vuol saperne di più su questa città, su questo paese che certo non presenta più il volto degli Anni Sessanta, swlnging London, aggressivo blu su aggressivo rosso, il tutto contro il bianco, il fantastico bianco smalto della vernice made in England, l'Inghilterra dei Beatles insomma, e dei film di tester' o di Blow TJp di Antonionì; se si vuole saperne di più, dicevo, su quel tanto di spallidito e fiacco che si respira netta medesima, allegra Carnaby Street, la strada-simbolo della Londra di dieci anni ' addietro, vale forse la pena cercare aldilt di alcuni avvenimenti . culturali che una qualche tipicità, dovranno pure averla. Coso produce di)-creativo l'Inghilterra {li aggi? Poco x>rnUntm 11 teatro rimette -fa^ctfWJIJ Rosencrante m&o~ Guiìdens'tem are watt* ~d\ Tom Stopparti, un diverti mento su Shakespeare che già al suo debutto, due lustri fa circa, pareva dtfuscato da qualche ragmtéla. Oppure dà il via a un ¥nusicat, Billy. basato su tìilly Lutr: siamo al remake degli Anni Sessanta. Altrimenti, c'è sempre Jaan Plowright che fa II gabbiano; oppure c'è Ohi Calcutta!, il cut nudo, a confronto di altro spettacolo nudo, che si può vedere in qualsiasi teatri bene, come il Whltehall,' pare Un garibaldino al convento. Al Whltehall. appunto, si dà una pièce il cui titolo non ha bisogno di commento. Come into my bed (* Vieni à letto»), e la cui pubblicità fa lampeggiare un paio di asessuate natiche al neon. La Rogai Shakespeare Company fa intanto tutto esaurito con le due parti di Henry IV e Henry V, protagonista Alan Howard, fi¬ glia del grandissimo Lesile; ma la cosa non desta quello scalpore, quel discutere tutto da capo che altro, rappresentato dalla medesima compagnia, destava un tempo. Sarti pensare che, per l'inaugurazione della nuova sede del National Theatre al Souih Bank. Peter Hall rimette in scena spettacoli già collaudati: anzitutto un Osborne. Watch it come down, novità per modo di dire, già alla sua « prima» di qualche mese fa, poiché la critica l'accolse col dire che si trattava d'un « peri od picce », esumazione di angosce degli Anni Cinquanta spacciale come detriti dei Settanta; poi Happy Days di Beckett con Peggy Ash- proft, e un Hamlet con Albert Finney, che gira in scelta ammantato da un ferraiolo e coperto da un cappellaccio più adatti al Masnadieri di Schiller che '.erg, Slglk:e che eMztone oFF Hamlet sia quella * intera », mai rappresentata se non negli Anni Trenta: ma è una balla, poiché, come si sa, la litologia shakespeariana è un dedalo inestricabile. Il vero Amleto Non essendoci pervenuti manoscritti del poeta 'di Stratford, ed essendo noi in possesso soltanto di volumi messi a stampa da editori pirati, sostenere l'esistenza di un Hamlet « intero» significa dar credito a un testo interpolato da cento mani, attori e direttori di scena, farcito di pagine raddoppiate e trascritte non dal loro vero autore. Evidentemente Peter Hall scavalca la filologia cercando un maggior credito proprio attraverso la finzione della medesima. Che dire ancora d'un altro remake, quello di Gaslight I di Patrick Hamilton? Ricor- date Angoscia con la Bergman e Charles Boyer? Bene. Gaslight è il testo da cui il film era tratto, e che in Italia viene messo in scena, o veniva messo in scena, dalle compagnie del dopolavoro. Al Criterion Theatre di Pie cadilly lo si spaccia per un classico. La novità, in caso, ha per titolo City Sugar, dove il cantante pop Adam Faith fa molteplici sforzi per rendersi credibile come attore: si indispettisce con la propria raucedine e. ancora di più, con la parte che. gli è assegnata, quella di un discjockey smagato e fatale nella quale si trova tutto sommato a disagio: fino a ieri era r to sua voce a venir «gioca- o l e n r e . o o e n i o o n i e , e a ta» da personaggi simili, e non lui a sgiocarla» in proprio. La pièce, autore Stephen Poliakof], vorrebbe essere un amaro scrutinio del- , la passióne ' Anni '"Sriranla ] per la pop music e le milolp- | gie conseguenti come la.radio, l'infatuazione delle ragazzine per i divi urlatori e il sesso facile: ma tutto crolla, tutto passa, un po' di color crepuscolo e... festa finita. City Sugar è il contrario di una commedia memoriale ma è anche vero che il mito del cantante pop sta tramontando, se una star come David Bowie, con ta sua sessualità rosa confetto, ni etetro né omo, armi e bagagli è passato al cinema, e, senza cantare una nota, fa il protagonista di un film di fantascienza, regista inglese produzione americana, che sta per essere lanciato in lutto il mondo. The Man who foli to Earth ("L'uomo che cadde sulla Terra"). Fuori del West End cosa resta? Molta gestualità nel teatrini lunchtime, tre quarti d'ara di spettacolo fra l'una e un quarto e le due, dove gruppi di appassionati mettono su qualcosa che replica, come a Roma,e a Milano, materiale di scarto racimolato disordinatamente fra Li ving Theatre, Open Theatre e. Eugenio Barba: siamo perciò alla provincia, una provincia che sembra aver dimenticato le recentissime esperienze di un Charles Marowitz. Venendo da Roma non si può fare a meno di concludere, allora: sempre meglio Meme Perlini. Marowitz, dal canto suo, alt'Open Space di Tottenham Court sta chiudendo un Anatol di Schnitzler. definito un bitter-sweet entertainment: che Marowitz finisca in un divertimento agrodolce non è certo consolante. Dunque, se il teatro è sempre stato il modo per un primo approccio quanto mai puntuale con la creatività di questo paese, la delusione è torte. Né il cinema, né l'arte visiva offrono qualcosa di più esaltante. Ripeto: i locali di Leicester Square programmano film americani, oppure Ultimo tango a Parigi di Bertolucci. In giro per altri locali, dove la programmazione delibera per il prezioso e il raro, c'è uno splendido e indimenticabile Mizoguchi del 'Si. Sanano Dayu (storia di due fratelli e la madre, dispersi in un feroce Giappone medievale, raccontata con una capacità così eversiva nel rappresentare i sentimenti da rimanere alla lettera accecati): oppure il Flauto magico mozartiano diretto da Ingmar Bergman, e cantato in svedese (deludente ma significativo, poiché conferma che Bergman riesce i solo là dove può, sia pure in una favola, metter mano alla psicoanalisi). In un piccolo locale di Mayfalr. invece, si possono vedere, una, per giorno, le riprese filmate di alcuni spettacoli di grido: Lea Bonnes con Gianna Jackson, Un equilibrio delicato, con Katherine Hepburn. o il Galileo di Brecht regia di Losey. Siamo nella zona del sclassico», che rappresenta comunque un bel rifugio. Andando a cercare fra gli avvenimenti culturali che da sempre hanno caratterizzato la vita londinese si trova quindi ben poco che smentisca lo smorto o l'incrinatura che a uno sguardo anche sbadato si avvertono arrivando in città. Si conclude col dire che ti remake trionfa. Epperò c'è uno spettacolo che ha veramente elettrizzato Londra, a molti ne parlano con una gioia assai singolare. La mostra dei «Tesori della Tracia», che da gennaio'allinea in coda migliaia di persone fuori dell'austero porticato del Brltish Mu- seum. La stessa esposizione ha avuto a Parigi, in autunno, grande successo. A Londra pare sia maggiore per concorso di pubblico: un dono inaspettato venuto dalla Repubblica democratica di Bulgaria, Si sale al.secondo piano del British, si entra in una sala oscurata: illuminate sono soltanto le teche, all'interno vi splendono tazze votive, gioielli, armature, maschere, bronzo, argento, oro, che risalgono a età leggendarie. Che dire del tesoro di Vulchitrun, tredici e dodici secoli avanti Cristo? E' l'età di Omero: e i traci erano «oi barbaro!» dei monti a Nord dell'Eliade, biondi e stravaganti, che ai civilissimi abitanti delle coste del Mare Egeo trasmisero l misteriosi riti di Dioniso. In quest'oro chiaro, che splende della luce di tempi eroici? c'è una strana frenesia dionisiaca:' l'arabesco, lo sbalzo, l'Intarsio hanno una .misura di nervosismo sconosciuta a civiltà similari. C'è, qui, una rabbrividita delicatezza, che ai nostri occhi si confronta bene con temperature morali che chiameremmo decadenti: inseguire i dettagli fino a precisarne una microscopica armonia, smaltare la materia di fibrillazioni espressive. E piti si procede nei secoli, fino al quinto, quarto, terzo prima di Cristo, più un tale gusto si definisce in maniera da trovare scarsi confronti nell'antichità coeva. Pettorali, orecchi-ai, fiale, anelli: si pensa a Fabergé, a orafi vicinissimi a noi,, non agli artefici dtt gioielli greci, ad esempio, che sono esposti un piano sotto, sempre al British Museuni. I greci ebbero in odio ogni abbellimento: i traci, al contrario, sembrano perseguitati dal piacere di abbellire. Dioniso, Orfeo, i racconti di Erodoto (al traci vivono con più mogli che allevano i Agli e coltivano i campi»): sono questi e non diversi gli echi che questi oggetti, miracolosamente in anni recenti sottratti alla distruzione, èvacano in nei. E' questo lo spettacolo che ha travolto Enzo Siciliano Londra. RoHs-Reyce e visoni, nonostante iti crisi, per una «prima» al Covent Garden (Foto Grazia Neri)