Perché fu "dc"

Perché fu "dc" NOME E REALTÀ DEL PARTITO Perché fu "dc" Neanche la scelta del nome fu facile. « Democrazia cristiana » o non piuttosto Partito popolare? Quando i capi dell'antifascismo cattolico si riunirono a Milano - alla fine del '42 per fissare le « idee ricostruttive » che avrebbero dovuto accompagnare la rinascita di un partito cattolico in Italia (la guerra, per il fascismo, era perduta, la possibilità di una pace separata affiorava all'orizzonte, il Vaticano puntava ormai tutto sulla carta delle potenze alleate, pressioni da oltre Tevere partivano verso il re tentennante), il fronte appariva diviso a meta. C'era chi propendeva per riprendere tale e quale la testata di Sturzo, « Partito popolare », avallata dal prestigio del suo fondatore, esule in america, vittima della destituzione vaticana quasi vent'anni prima, simbolo vivente di un antifascismo operoso largamente raccordato con l'antifascismo laico (il sacerdote siciliano era amico di Sforza e di Salvemini, aveva dato anche una mano alla Mazzini Society). Dall'altra parte c'era chi guardava a qualcosa di nuovo, chi voleva segnare un taglio netto con le responsabilità o le debolezze del passato, avviare un nuovo corso dei cattolici italiani, del tutto svincolato da talune ambiguità de) popolarismo non metto che da quanto era ayvenuto intorno e dopo il 1929. Non senza qualche reminiscenza gobettiena, non senza qualche ansia di una cattolica « Giustizia e libertà ». Il contrasto fu mediato da De Gasperi, un ex popolare del tutto sui generis, anche per una-forraazione culturale e morale estranea ai fermenti dell'opposizione cattolica post-risorgimcntalc, ai rancori delie catacombe clericali. Fu De Gasperi a far sua l'espressione nuova caldeggiata dai milanesi, dai « rinnovatori », soprattutto perché conteneva la parola « democrazia », implicante l'accettazione integrale e cordiale del metodo democratico da parte del nuovo partito cattolico: ir che voleva dire molto dopo i Patti lateranensi del '29, dopo l'indifferentismo dell'Azione cattolica sul tipo di regime politico, dopo i resi- • duicmai vinti, di clcrico-fascismo o di corporativismo. * "C'entrò poeft q'ti/ènté, fl"richiamo ,ili.>. pi ima « democrazia cristiana » di Romolo Murri, quella dei Fasci del 1899, carichi di succhi socialisti e di presentimenti modernisti. A Milano i reduci dal murrismo erano pochi o punti (sola eccezione di rilievo, Gronchi) C'erano i vecchi popolari; c'erano i cattolico-liberali di rito ambrosiano, da Meda a Migliori; c'era il gruppo di Malvestiti, l'unico che avesse incarnato un movimento di antifascismo attivo ma con una testata paradossalmente nostalgica e quasi romantica, con un patetico richiamo a « Cristo re» opposto al Cristo del « trono e altare » fascista, «movimento guelfo di azione». Ma cosa poteva dire, il guelfismo o ncoguelfismo, a De Gasperi? Qualche tempo dopo De Gasperi dette una spiegazione di quella scelta ricordando che in seno ai primi comitati unitari antifascisti era sorta « l'idea dì chiamarsi democrazie unite: Democrazia liberale, Democrazia socialista, e... che cosa potevamo essere noi se non la Democrazia cristiana? ». E quasi contemporaneamente Sturzo in America era arrivato a spiegare che quel termine, Christian Democracy, abbracciava una corrente di pensiero e di rinnovamento sociale che era comune agli Stati Uniti, che partiva da Wilson, passava per Roosevelt e sfiorava Wallace, salvo giungere successivamente al, laborismo britannico' e all'etica di SufTord Cripps. Che non era servizio dà poco alla causa dell'antifascismo cattolico, e dell'Italia da liberare. * * Le fortune della Democrazia cristiana, quelle che si prolungarono per il trentennio culminato nei congresso del palazzo dello sport, partono di lì, dal 1943. Quel nome nascondeva una doppia vocazione, moderata e rinnovatrice. Col termine « democrazia » gettava un amo a tutto il mondo liberal-democratico, sbandato o disperso. Con l'aggettivo « cristiano » faceva appello alle masse cattoliche, al « popolo cristiano » che si era inserito nelle strutture del fascismo ma mantenendo una sua autonomia, una sua caratterizzazione peculiare. Rispetto al Partito popolare, la nuova Democrazia cristiana godeva di una minore autonomia dalle gerarchie ecclesiastiche. Era un paradosso, pensando al sacerdote Sturzo segretario di quel partito (una immagine inammissibile pei Giolitti) in confronto al tren tino De Gasperi, nutrito di quella salda autonomia del potere statale "respirata nel nativo Impero. Eppure... eppure la svolta concordataria collocava il secondo partito cattolico in una posizione assai più angusta e ' limitata davanti alla Santa Sede. I Patti lateranensi avevano creato un complesso di intrecci fra società rivile e società religiosa che andavano ben oltre gli ammiccamenti o le collusioni del clerico-fascismo. Si era disfatta, o dissolta, una certa borghesia laica; era emerso un nuovo ceto medio, cui non poteva non guardare un partito cattolico di centro. L'antifascismo militante era stato in gran parte fenomeno « laico », di comunisti e azionisti e socialisti, «enza contare la decisiva radice crociana; l'arstifuscismò de cattolici era stato tutt'altra cosa, più spesso afascisrao, separazione dal regime, creazione, con la Furi e con la Gioventù cattolica, di nuclei autonomi,' non contaminati con l'etica fascista. * * De Gasperi riuscì a creare un partito completamente diverso da ogni modello europeo. Un po' erede dei blocchi moderati giolittiani; un po' continuatore del « messiancsimo riformatore » di Sturzo (come lo avrebbe chiamato Gobetti), attraverso il sindacalismo cristiano, le Adi, le correnti avanzate di una società cattolica che sarebbe arrivata a Dossetti e oltre. Partito tendenzialmente repubblicano, ma senza rompere la continuità dello Stato. Partito ricco di umori riformisti, ma senza cesure radicali con l'esperienza prefascista. Partito proiettato nel futuro di un'Italia da rinnovare, e quindi in stretto raccordo con la logica dei Comitati di liberazione, ma con una storia lontanissima da risuscitare e difendere, una storia pre-risorgimentale, pre-unitaria. Il culto dei simboli fu cosi forte che Sceiba, uno dei fedelissimi della tradizione popolate, si preoccupò di far trovare i distintivi già fatti con lo stemma « libertas », il simbolo dei Comuni medievali, alla prima riunione della de romana dopo. Ir Uherazione(ilE cosi rinacque to scudo crociato. ^Ancora agli inizi del '45,'hel trapasso dal primo al secondo governo Bonomi, Benedetto Croce sollevava la pregiudiziale «dia possibilità di accettare un cattolico alla Pubblica istruzione, una pregiudiziale già superata al tempo dei popolari. E la sollevava con successo. Ma alla fine dell'anno la crisi del governo Patri, aperta dai liberali, attribuiva alla Democrazia cristiana la leadership del governo, confermando una intuizione che Togliatti aveva già avuto fin dallo sbarco a Salerno. Dal 1945 al 1976, il presidente del Consiglio è stato sempre un cattolico: da De Gasperi a Moro. Attraverso esperienze diverse e anche contraddittorie, ma sempre caratterizzate da un'egemònia democristiana, che per la prima volta dal 15 giugno appare in pericolo. II perché di questa crisi ha dominato tutte le assise di Ro¬ ma, nelle autocritiche sofferte non meno che nelle esplosive manifestazioni di dissenso o di contestazione. La Democrazìa cristiana, quella che De Gasperi definì come un punto di incontro fra tradizione cristiana e Stato liberale, non senza la sottile mediazione del riformismo cattolico, è entrata in una crisi d'identità: più degli altri partiti, perché più gravi sono state le responsabilità, più gravi gli errori, più pesante il logorio. In realtà la crisi della de coincide con la crisi delle alleanze possibili. Da De Gasperi a Moro, lo scudo crociato ha- vissuto come asse centrale di un equilibrio democratico realizzato col concorso, spesso determinante, di forze politiche di estrazione laica. Dal centrismo al centro-sinistra; dalla collaborazione con Saragat a quella con La Malfa o con Menni. Nella logica del trasformismo, che ha sempre caratterizzato la politica italiana, il blocco democristiano assumeva to stesso posto delle maggioranze depretisiane o giolittiane: con l'aggiunta di un qualcosa di specifico, quell'anima popolare e sociale, cui mai. De Gasperi rinunciò, che ritornò nella visióne'di Moro, che ispira le giovani generazioni attratte dall'immagine di Zaccagnini. Cos'è che ha spezzato l'equilibrio della de? Il referendum sul divorzio. La logica delta contrapposizione, plebiscitaria, cui ricorse Fanfani senza nessuna apprezzabile opposizione da parte degli altri esponenti democristiani (sola nobile eccezione: il silenzio di Moro), è incompatibile col sistema delle « coalizioni » comandate dalla proporzionale e dal pluripartitismo, il sistema che i sociologi chiamano delle* democrazie consociative ». Il voto del 12 maggio costituì la base per un'alternativa, del tutto teorica: in quanto il primo dei partiti d'opposizione, cioè il comunista, apparve il più fermo nel rifiutarla. A vantaggio della linea del compromesso storico, una coalizione tanto vasta da annullare la funzioneguida della de, o quello che ne resta. Fra alternativa e compro mc-sfic»'storie*,' 1* vita 'trapana è' paralizzata' da più ' di due •annTrt' bicolore MoMU MMfa ha costituito l'ultima esperienza storica in cui si potesse consumare la logica del ceri tro sinistra, quasi identificata con la logica di un governo di emergenza. La ricerca delle formule nuove è in atto; ma con prospettive incertissime. Una de tutta all'opposizione è difficile a concepire, proprio per ragioni storiche; una de tutta al governo con le sinistre unite è respinta da metà del partito e da più di metà del suo elettorato (e non proprio dalla parte dei ceti burocratico-parassitari). La crisi investe tutto, anche il nome del partito. Non a caso Andreotti, che capisce tutto, ha strappato uno degli applausi oiù lunghi del congresso quando ha supplicato di non cambiare nome, di restare « democristiani ». Ma può bastare? Giovanni Spadolini

Luoghi citati: America, Italia, Milano, Salerno, Stati Uniti