La donna protagonista dall'India alla Bolivia di Stefano Reggiani
La donna protagonista dall'India alla Bolivia Il cinema d'autore a Sanremo La donna protagonista dall'India alla Bolivia (Dal nostro inviato speciale) Sanremo, 26 marzo. Alla Mostra del cinema di autore di Sanremo, disertata dall'Italia, ma frequentata per fortuna dal Terzo Mondo, abbiamo già incontrato dopo i primi due giorni di proiezioni alcune donne interessanti. E' bello che nella casualità del catalogo, sempre sin troppo ricco, i problemi femminili (se non vogliamo dire femministici) già si impongano. Ed è confortante che ci aspetti nei prossimi giorni il film dell'instancabile Helma Sanders (Le nozze di Shirin) che si svolge tra gli immigrati turchi in Germania. La femminista Sanders è tra le poche che da Sanremo è arrivata nelle sale commerciali con il suo Sotto il selciato c'è la spiaggia. Dunque, abbiamo conosciuto (s'intende, da spettatori) quattro donne esemplari: una dama di corte giapponese, una visionaria pa. leistana, una moglie ribelle indiana, una piccolo-borgliese bolivlana. La prima ha due grandi occhi spauriti che ci vengono dal tredicesimo secolo; si sentono in sottofondo quegli accordi misteriosi e inquietanti che già imparammo dai film di Mizoguchi e dietro le pareti scorrevoli delle case appaiono figure di servi silenziosi. Fuori passa la guerra, in quadri rapidi: donne flagellato dagli invasori. Mie di prigionieri contro cieli rossi di tramonto. La dama è la favorita di un principe, ma non ha amato lui solo: un nobile e un monaco l'hanno già piegata ed i figli di quelle unioni le sono stati sottratti per non dare impaccio al principe e disonore a lei. Siamo nei film di Akio Jissoji La vita di una dama di corte. La coscienza della donna è dapprima pietà di sé nei confronti della violenza e della guerra, poi la decisione di abbandonare il mondo e di farsi monaca questuante. Passa tra le pagine del Giappone medioevale come la figurina di un acquerello, finché, vecchia, ha la consolazione di sapere che la figlia avuta dal monaco è diventata una grande poetessa, i cui versi consolano e guidano persino gli uomini ferrigni di quell'epoca. Si direbbe che i giapponesi abbiano nel Medioevo non solo un alibi culturale, ma una riserva di soggetti prestigiosi per l'esportazione, contro la qualità americanizzante della loro produzione commerciale. Il regista Jissoji (39 anni) per metà sincero, per metà estetizzante ha introdotto nella tradizione delle dame di corte una consapevolezza moderna, non molesta, che potrebbe Intendersi come una diagnosi storica della donna oggetto. La seconda figura femminile viene dal Pakistan, anche dalla psicanalisi e dal misticismo (Torri del silenzio di Jamil Dehlavi). E' il mito della donna trafitta e punita, nell'amore e nei figli. Una donna ricorda in sogno l'amante rivoluzionario ucciso e apprende che il figlio avuto da lui tornerà inevitabilmente a farsi ribelle contro il potere e sarà ucciso dalla polizia. Le torri del silenzio sono quelle dove i seguaci di Zoroastro espongono in Nepal e Pakistan i loro morti perché siano scarnificati dagli avvoltoi. Su questo tema della sofferenza femminile Dehlavi ha giocato abbastanza goffamente con i moduli stilistici del surrealismo. Mettiamo per terza la bolivlana. Sapete quelle fragranti ragazze in blue jeans che alla domenicu vi portano per i prati, ma sono anche capaci di fare il pane in casa e lavare le lenzuola? In Bolivia, per ragioni socioculturali, ce ne sono ancora; se non proprio a La Paz nei paesi dell'interno. In Piccolo villaggio di Antonio Eguino un giovane studente di sociologia, Arturo, torna al paese, convinto che la riforma agraria abbia sollevato i contadini dalla miseria e ridimensionato le pretese dei proprietari, tra cui è suo padre. E' un'illusione, una beffa; sulla riforma vincono i cavilli. Arminda, la ragazza tutta casa e blue jeans, cerca d\ convincere Arturo che 1 contadini indios sono gente inferiore, ladri di terre e gli suggerisce che un bel matrimonio tradizionale potrà riscattare prima e sopire poi le velleità sociolosiche da cui è stato contagiato. Ma Arniinda, esemplare tenerissimo e lusinghiero di donna conservatrice, non l'avrà vinta. Arturo partirà non già per fare !a rivoluzione, ma almeno per dimenticare le facce dei proprietari e quelle disperate degli indios. La quarta donna viene dall'India, si chiama Mrinal, ha lo sguardo profondo e tepido, mansueto; ma un'anima in realtà insofferente dei soprusi. E' entrata nella casa di una ricca famiglia di Calcutta come moglie del minore tra due fratelli. Sua cognata è trattata con durezza, la cugina di lei, Bindu, costretta a fare la sguattera. iccltSoprattutto per Bindu sono le umiliazioni e le violenze, non ultima quella di sposarla, per disfarsene, a un pazzo. Quando apprenderà che Bindu s'è uccisa, Mrinal abbandonerà la casa del marito e gli scrive una lettera. Bene la riassume il catalogo: * E' inconcepibile che le donne non abbiano alcun prestigio, che siano trattate nient'altro che come una necessità casalinga e che ragazze sfortunate come Bindu abbiano dovu¬ to pagare il prezzo più grave, solo per il fatto di essere donne ». lì film s'intitola appunto TtSLettera dalla moglie, è diret- llo da Purendu Sekhar Po! rea. un poeta di 45 anni che si è ispirato a Tagore. Come lettera dall'India sembra importante, e le si perdonano certe lentezze e ridondanze, in nome della ribelle Mrinal. Stefano Reggiani Pcoslc
Persone citate: Akio, Antonio Eguino, Jamil Dehlavi, Mizoguchi, Mrinal, Sanders, Tagore
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