Malaria da derby

Malaria da derby Febbre e delirio per migliaia Malaria da derby Non è nemmen più tifo, il derby di casa nostra, ma quasi quasi malaria: col suo bel parassita annidato nel sangue di almeno un milione di persone che. al momento buono, hanno la crisi acuta, la gran febbre, il brivido ed il dclitio. Oppure, se vogliamo, e collettiva psicopatia, di natura mollo complessa, in cui c'è esaltazione, quasi da fanfara dei bersaglieri; e fantasticherie e sogni da amor romantico in attesa; e frenesia — non si sa se infantile o paramilitare — che porta a preparar bandiere e coppelli e striscioni e trombette. Son migliaia e migliaia, in questi giorni, i malati di derby: quelli che di ora in ora vivon sempre più secondo una formula di droga interna — irripetibile in laboratorio — che solo una gran lazza, — almeno due volte al giorno — di caffé e di alcol con dentro un pizzico di amfclaminc e di blandi allucinogeni potrebbe a mala pena imitare. C'è già batticuore: e lingua asciutta; e voce mezza andata; e insonnia e forse incubi. Non importa se il bilancio di tutti è da insolvibili indebitati; né se la vita è grama né se la benzina — il gran termometro della vita attuale — costa quasi una lira per goccia: anzi. Se è vero quel che dicono gli psicologi, che le urla e gli incitamenti e le imprecazioni allo stadio fanno da valvola di sicurezza alle frustrazioni represse della vita di tutti i giorni, allora — se tanto mi da tanto — chissà che cosa andremo a vedere domenica pomeriggio. Cose da rischiar la salute sul campo di battaglia, per esempio. Me lo diceva giorni fa un professore universitario; e ieri Io ripetevano il barista ed il giornalaio: « io, a questa parlila, proprio non ci vado perché quell'infarto lo voglio evitare ». E invece ci andranno: perché il parassita li comanda come vuole, i suoi malati Saranno tutti là, col cuore in gola e. forse, con un elettrocardiogramma che, se registrato, farebbe ancor più paura di quello — obbligatoriamente alteralo dallo sforzo fisico — dei giocatori in campo. Di tutte le emozioni violente, ormai, l'unico al doppio zero — cioè con licenza di uccidere — sembra sia rimasta solo la passione sportiva. Non si muore più di crepacuore per amore tradito, per onore calpestato o per lutto di famiglia: ma di « stadium death » (morte da stadio) sì. si può ancora morire. Se si leggono certi articoli medici si e davvero seriamente tentati di non assistere più ad una partita di calcio, nemmeno davanti al video: e specialmente se si soffre di ipertensione o di lesioni miocardiche o di vizi valvolari cardiaci o, peggio, di coronaropatia. Si viene a sapere, per esempio, che in « tifosi » di normale salute, di età tra i 25 ed i 60. l'elettrocardiogramma registrato a distanza segnala tachicardie tra i 125 ed i 150 battili al minuto persistenti per oltre due ore e mezzo: e, in quasi metà dei casi, non simpatiche alterazioni do deficit dell'ossigenazione miocardica. Una vera prova da sforzo prolungalo, quindi, con conscguente pericolosa riduzione dei periodi di « ristoro » fisico chimico del cuore: un po' come spinger sui pedali di una bicicletta, per un paio d'ore, da non allenati sedentari: e. insieme, tanto per far qualcosa in più gridare sino alla cianosi e fumare sino al pacchetto e intanto provare angosce ed emozioni mortali. L'eventuale infurio? la causa scatenante e in quella tachicardia psicogena (da troppi mediatori chimici neurovegetativi riversati nel sangue dal prolungalo stress emotivo): ma la causa di base 6 l'insufficienza coronarica ignorato. Dovremo, in futuro, fare un buon checkup cardiovascolare prima dell'ingresso allo stadio del batticuore? In realtà, poi. salvo un po' di voci rauche, di contusioni e di ammaccature ed una gran stanchezza finale ed il solito mucchio di benzina ondata in fumo, non succederà proprio niente di serio a nessuno: anche perché il cuore, quusi sempre — persino al derby — sa comportarsi meglio dell'uomo che lo porla in petto. Ezio Minctto

Persone citate: Ezio Minctto