Presidente a Cefis: "Ha qualcosa da dire?,, Imputato: "No,, e l'interrogatorio termina di Eugenio CefisFiliberto DaniEugenio Cefis

Presidente a Cefis: "Ha qualcosa da dire?,, Imputato: "No,, e l'interrogatorio termina L'appello a Livorno per i "fanghi rossi,, nel Tirreno Presidente a Cefis: "Ha qualcosa da dire?,, Imputato: "No,, e l'interrogatorio termina (Da! nostro Inviato speciale) Livorno. 24 marzo. « Da questa parte, prego, si accomodi », gli dice l'usciere con voce carica di rispetto. Eugenio Celis, 55 anni, presidente della Montedison, lo ringrazia con un sorriso e va ad accomodarsi. Siamo nell'aula del tribunale di Livorno, comincia il processo d'appello per la storia dai « fanghi rossi » di Scarlino, la cornice e quella dei grandi appuntamenti giudiziari. Uno sciame di avvocati, un drappello di giornalisti italiani e francesi, un nugolo di fotografi e di operatori della televisione d'Oltralpe. Ci sono i pescatori di Livorno e di Viareggio, quelli di Bastia e di Ajaccio e tanto pubblico. Sguardi, obiettivi e riflettori sono puntati su Eugenio Cefis, imputato numero uno di questo processo che, già nella sua prima edizione, ha avuto clamori internazionali. Gli sono accanto, stretti l'uno contro l'altro sul pancone di legno, i quattro uomini, tutti alti dirigenti della Montedison, che con lui dividono i guai giudiziari dei « fanghi rossi »: Alberto Grandi, Marco Micarelli, Angelo Lorenzi e Cesare Bianconi. Il pretore di Livorno, che li ha giudicati nell'aprile dell'anno scorso, ha inflitto a ciascuno, con il beneficio della condizionale, tre mesi e venti giorni di prigione. Un sesto imputato, Sauro Massimi, è assente: ieri sera, scendendo una scala, ha messo un piede in fallo e si è ferito una spalla. E' uno dei comandanti delle navi cisterna che scaricavano i fanghi in mare: il pretore l'ha assolto per Insufficienza di prove, ma lui reclama la formula piena. Un'annotazione: questo processo d'appello l'hanno voluto gli imputati, non l'utli.-ii. del Pubblico Ministero, sicché per male che vada il tribunale non potrà che confermare la prima sentenza. La pubblica accusa, si sa, fa colpa al presidente della Montedison ed al suo « staff » di avere danneggiato « le risorse biologiche dell'Alto Tirreno e del Mar Ligure, immettendovi sostanze tossiche atte ad uccidere gli organismi marini e distruggere il plancton, alimento fondamentale della fauna ittica ». I « fanghi rossi », appunto, cioè le scorie della lavorazione del biossido di titanio, un pigmento che serve a colorare vernici, smalti, plastica. Dall'aprile 1972 al settembre 1973, le navi cisterna dello stabilimento che la Montedison ha costruito a Scarlino, nel golfo di Follonica, li hanno scaricati al ritmo di tremila tonnellate al giorno a Nord di Capo Corso, in un rettangolo di mare che misura sedici miglia per tre. Sono le 1».55, le consuete disquisizioni preliminari sono esaurite. Eugenio Cefis èchiamalo per l'interrogatorio. Il presidente della Montedison prende posto davanti ai giudici, si schiarisce la gola con un colpetto di tosse. Dal fascicolo processuale il giudice relatore cava fuori, leggendoli ad alta voce, i verbali degli interrogatori che Eugenio Cefis ha reso al pretore poco meno di tre anni fa, durante la fase istruttoria. L'uditorio apprende cosi che il presidente della Montedison ignorò per lungo tempo la questione dei fanghi rossi e ciò perché quando assunse l'alta carica lo stabilimento di Scarllno era già in funzione. Furono le proteste, i tumulti in Corsica e gli attentati ul plastico a renderlo edotto del problema, ma, spiegò al pretore, non ne fu eccessivamente turbato poi| che i suoi collaboratoli gli avevano garantito che « quegli scarichi in alto mare non nuocevano all'ambiente perché erano del tutto innocui ». Intervenne la Regione Toscana, la polemica investi le autorità ministeriali, ci fu una forte pressione popolare. La Montedison dovette- installare costosi impianti per depurare le scorie del biossido di titanio prima di gettarle in mare, a Sollevai davanti al consiglio di amministrazione della società il problema dell'alitieconomicità della gestione dello stabilimento, si profi-lava il pericolo di una sua chiusura, ma d'altra parte non potevamo mandare a spasso 450 operai », disse al pretore il presidente della Montedison. E aggiunse: « Ribadisco comunque la mia convinzione: il problema del linquinamento non è mai e-sistito. quelle scorie non so¬ no mai state tossiche ». Fine della lettura. Presidente del tribunale: « Conferma? ». Eugenio Cefis: « SI ». « Ha niente da aggiungere? ». uNo». Tutto qui l'interroga- torio dell'imputato numero uno. Il processo riprenderà lunedi prossimo con la requisitoria del pubblico ministero. Filiberto Dani Eugenio Cefis

Persone citate: Alberto Grandi, Angelo Lorenzi, Bastia, Cefis, Cesare Bianconi, Eugenio Cefis, Micarelli, Sauro Massimi

Luoghi citati: Follonica, Livorno, Scarlino, Toscana, Viareggio