"Per l'Italia svolta autoritaria o quasi,,

"Per l'Italia svolta autoritaria o quasi,, Come ci vedono gli altri: l'inglese Alluni "Per l'Italia svolta autoritaria o quasi,, E' l'ipotesi che lo storico inglese, insegnante alla Sorbona, ritiene più probabile iDuI nostro inviato speciale) Milano, 20 marzo. A Vegliare Sili « multilo Italia » limilo ressa politologi e studiosi d'opti bandiera, convinti che se tempie e diagnosi funzioneranno con un in/ermo cosi grave, resteranno buone speranze anche per gli altri inalati dell'economia occidentale. Secondo il professor l'ercy Alluni, scienziato iwlilico inglese torà insegna alla Sorbona) che da lungo tempo analizza le vicende italiane, non restano clic tre strade per uscire dal lungo incubo nel quale siamo immersi. O si fa la rivoluzione, lout court, consapevoli naturalmente di tutto ciò che comporta le rcsla da vedere chi la vuole oggi in Italia, numeri alla mano). Oppure si In pagare il conto della crisi alla classe lavoratrice, riducendo, come propone l'economista Modigliani, il costo unitario del lavoro, congelando i salari: una sconfina del movimento operaio che preparerebbe la strada per un ritorno alle condizioni di lavoro di alcuni lustri addietro. Infine, terza strada, si va ad una radicale riconversione dell'apparalo produttivo, una ridefinizione generale dell'industria italiana per qualificarne l'apparalo tecnologico e le scelte di sviluppo. Sul piano operativo la prima e l'ultima delle indicazioni sono la stessa cosa, come ha detto Tremili: rivoluzioni con una tonile mobilitazione di forze e volontà collettive, che tuttavia per ora non si scorgono. Resta, sul piano delle probabilità, la seconda soluzione, la più facile entro certi limili, pur con gli spaventosi sacrilici che chiede sul piano tociale. Il' in pratica la » deflazione brutale », con l'aggiunta, dice Alluni, di qualche prevedibile punta di restaurazione imprenditoriale nei confronti della classe operaia più agguerrita e protetta d'Europa. Si parla con l'ercy Alluni dei malanni dell'Italia, degli acciacchi che tulli insieme sembrano esserci piovuti addosso. Dal meccanismo industriale inceppato a un sistema politico clic rivela pericolosi squilibri e vizi di /onde, a un lessino sociale logorato da ingiustizie e clamorose arroganze di potere. Quarant'anni, stile e indole hippy (veste in jeans, giaccone di velluto alle ginocchia, camicia aperta, capelli biondi e lisci fin sulle spalle), questo politologo d'assalto ha concentralo da anni suU'Euroi>u del Sud e sull'Italia in particolare i suoi Interessi, confermando quella iradizione che vuole olire Manica i più allenii storici e analisti dei talli nostri. Ila scrino un libro su Napoli che è una requisitoria sul fenomeno Cava e lo stile di governo in quella città. « Columnist » iHìIilico su un diffuso settimanale, ha appena concluso un ciclo di conferenze in Italia per l'Associazione culturale, ed è a Milano, da Feltrinelli, per curare l'edizione italiana di un suo libro di prossima pubblicazione. Italia e Inghilterra, dice Alluni, pur parlile da posizioni mollo differenti nello sviluppo capitalistico, si trovano oggi affiancale nel tentativo di governare una crisi che sfugge a controlli e previsioni. Se le premesse al decollo industriale dei due l'aesi sono state diversissime (la prima, con un solido ihisuiIo coloniale alle spalle, ha aperto in Europa l'era delle fabbriche, l'altra ha prodigiosamente brucialo le tappe nel giro di due decenni) quasi analoghe sono adesso le condizioni dell'economia. E simili anche le preoccupazioni dei governami, con un sistemaindustria non più competitivo, mancanza di materie prime, una classe operaia tutelata da ottime leggi che ne rendono difficile l'impiego per l'eccessiva rigidità. D'altra parie è proprio questo pensiero che non hanno Paesi a economia più solidu come Germania e Francia, dice Alluni, dove la presenza d'una forte immigrazione è una valvola di sfogo nei periodi di crisi: per gli stranieri scarse tutele, impossibilità di scioperi, inesistenti costi sociali. Se questo è il quadro, vediamone, per la parie italiana, le premesse politico economiche. A geitare le basi dell'Italia industriale — continua Alluni — finito il periodo postbellico, sono siali i bassi livelli retributivi della manodopera prelevala con abbondanza a un Sud povero e depresso. L'Italia ha puntalo (e inizialmente ha vinto) su quattro settori: auto, edilizia, elettrodomestici, confezioni. Ilasso livello tecnologico, bassi salari, elevato indice d'assorbimento di manodopera per ognuno dei quattro comparii. Questa politica, buona per il decollo, s'è rivelala priva di prospettive a volo iniziato. La grande spinta operaia dell'autunno caldo '69 Ila portalo i salari italiani sulle posizioni europee, falciando la rendita di cui aveva goduto il sistema produttivo. In più ci sono siale le conquiste normative, lo statuto dei lavoratori. Sul piano tecnologico, la mancanza di una politica di ricerca (eccettuati alcuni grandi gruppi) ha crealo una sudditanza dagli Usa, i quali vendevano brevetti a know how che poi braccia italiane montavano. Il discorso è stato possibile finché gli operai italiani erano soltopagali. dopo non più. l'er questo, pur restando ora arretrali sul piano tecnologico, assistiamo alla fuga delle multinazionali che spostano i quattrini sul Quarto mondo isottosviluppo e niente materie prime) dove un'ora di lavoro costa 0.400.80 dollari, contro i 2.20-2.80 di un paese industrializzalo. Ad accentuare la pesantezza della situazione italiana — continua il professor Alluni — come di quella inglese, sta la cadala verticale dei saggi di profitto che ha fallo crollare gl'investimenti. Il fenomeno cominciò u delincarsi negli Anni Sessanta, ai tempi della nazionalizzazione dell'energia elettrica. I miliardi d'indennizzo che lo Stalo passava ai padroni dcH'cletlricìtà dovevano servire a dar fiato agi'investimelili che già cominciavano a impigrire. Non fu cosi. Quel colossale travaso di quattrini dalle cas¬ se dello Stalo ai portafogli di pochi gruppi industriali segnò un punto di svolta nel sistema italiano, con il prevalere del sistema finanziaria-speculativo su quello produllivo-industriale. Quei miliardi vaganti crearono le premesse per l'operazione Monledisan di alcuni anni più tardi, diedero un nuovo assetto (azionario) all'industria alimentare, costituirono le premesse per l'ascesa di Sindona. E ora? insognerebbe intanto ricostituire i margini del profitto per far funzionare il sistema, animelle Alluni. Ma sarà possibile'.' Le fasi della guerra monetaria in allo lasciano sospettare che sia stalo aperto un nuovo capitolo della persuasione occulta. Dopo la strategia della tensione a colpi ili bombe e stragi, dice Alluni, si sta forse passando adesso alla strategia dell'inflazione, sempre per spaventare i ceti medi il cui consenso è determinante per condurre in porto detcrminate operazioni politiche. Quali? Alluni non lo dice chiaramente. Al compromesso slorico non crede, non alla formula ma alla possibilità che possa essere realizzato. Lascia intendere però che ncU'iiniwssihililà d'una rivoluzione cruenta, stile classico, e nell'analoga improbabilità d'una totale riconversione dell'apparalo industriale, resta la terza soluzione: svolta autoritaria o semi-autoritaria, dura intransigenza col mondo del lavoro per ricondurlo a livelli conciliabili con l'attuale sfascio dell'economia. Pugno di ferro, insomma. E non è dello che ci debba essere il guanto di velluto. Giorgio Battistini

Persone citate: Alluni, Feltrinelli, Giorgio Battistini, Modigliani, Sindona