La «rabbia» di Bellocchio è entrata nelle caserme

La «rabbia» di Bellocchio è entrata nelle caserme PRIME VISONI SULLO SCHERMO La «rabbia» di Bellocchio è entrata nelle caserme Marcia trionfale di Marco Bellocchio, con Franco Nero. Michele Placido. Miou Miou. Italo-franco-tedesco a colori. Cinema Arlecchino e Cristallo. In questi anni di silenzio, rotto appena dall'inchiesta « Matti da slegare », la « rabbia » di Marco Bellocchio non si è punto sedata. Se ne ha conferma in questo film, anzi nelle sue primissime inquadrature ancora frammiste ai titoli di testa: nell'episodio della recluta che col rischio di spaccarsi 1 polmoni deve ripetere sempre più forte e da lontano il suo nome e cognome e appartenenza: con la scusa che non si fa capire. E' chiaro che la caserma di Bellocchio esce dalla comune per assumere valore esemplare: anziché mista di bene e di male come le cose di questo mondo, rappresenta il male nella sua integrità assoluta, senza varchi: un istituto, tollerato dal sistema, dove l'odiosità degli aguzzini passa, come suole, alle vittime, e che ha per fine esclusivo, sulla maledetta matrice ideologica dello spirito d'autorità («O bambocci, vi faremo diventare uomini»), il continuato esercizio del sadismo. Interni di collegi c di ergastoli fra i più neri, fra i più presi di mira dal cinema della contestazione, non hanno l'orrore luciferino di questo, una bella caserma color di rosa, con nitidi cortili alberati. Ma veniamo ai fatti. Il soldato di leva Passeri, un «laureato» (il che non gli giova) dalla fibra delicata, è quello che più si trova peggio in quell'inferno, da cui pur spera d'uscire facendosi riformare per deperimento organico. Preso ugualmente di mira dalle persecuzioni dei superiori e dagli atroci scherzi dei compagni anziani ( « i nonni»), non daremmo un soldo sulla sua capacità di resistenza. E invece il film fa a questo punto una curiosa diversione. Non ha il Passeri più accanito carnefice del capitano Asciutto, un vero soggetto di manicomio. Costui, dopo aver privilegialo il soldatino della sua avversione, un giorno, nel corso d'una feroce scazzottatura a titolo in segnativo, in cui il debole è costretto a restituire qualche colpo, muta registro, ne fa il suo pupillo. La conversione è giustificata: perché è raro • ■in', dove sia un sadico, non spunti prima o poi in risposta un masochista. Tra l'invidia dei compagni Passeri è nominato uomo di fiducia di Asciutto, con l'incarico di pedinare la moglie di lui, infedele e cleptomane. Il capitano che porta nella vita privata la mentalità e il linguaggio della caserma, commette sulla donna, di cui è morbosamente geloso, i più odiosi maltrattamenti, senz'altro risultato che di farsi ancora più allegramente tradire e odiare da lei. Passeri svolge con accortezza il delicato ufficio, finge di non vedere i trascorsi di colei, ne tace col marito e per quanto pub si studia di scansare le attenzioni che la furba donna, stanca dei maltrattamenti degli uomini, dedica a quel ragazzo cosi ingenuo e timido. Sennonché Passeri non vuol mancare alla fiducia del suo capitano, e dopo qualche bacetto, lascia che l'adultera, ormai stanca anche di lui che sente immaturo, se ne vada tutta sola. Orbato della moglie, Asciutto è un uomo finito, un pazzo espresso. Intanto che Passeri, accortosi d'essere in una posizione falsa, vuol riprendere il suo posto fra i compagni, il capi¬ tano, durante notturna, si fa una sentinella. E' avvertibile che il film è fatto di due parti: più rappresentativa la prima (l'in terno di caserma), più psico un'ispezioneuccidere da logica-narrativa la seconda(la patologia dell'ufficiale ge-insili. Ma dall'una all'altra è {gettato il ponte della menta | lità autoritaria (Asciutto avrebbe voluto avere un Aglio, ma per «foggiarlo»), che è l'idolo polemico contro cui il regista si è scagliato. E lo ha fatto in troppe cose ade- j guandosi agli altri registi (e rotismo e linguaggio), ma in | altre serbando fede alla sua forte vocazione di dramma- I !,Ur^,„S= ^"^LCAe ! il Bellocchio più articolato e chiaroscurato dei Pugni in tasca e della Cina è vicina era ben altra cosa, nell ordine I delle opere ingrate, crudeli sino all'insopportazione, bisogna riconoscere che Marcia trionfale segna l'ora che passa, ha una sua truce irrecusabile eloquenza nel denunciare ciò che più di malsano e violento si nasconde nelle rispettabili istituzioni. Nella I prova forse più sgradevole del suo repertorio, Nero (il capitano) è assai bravo, e con lui si devono ricordare il fine Placido e la geroglifica Miou Miou, l'unico personaggio verso cui la « rabbia » bellocchiesca sembra vagamente tingersi dì pietà. 1. p. I Calamo di Massimo Pirri I i con Lino Capolicchio, Vale- • | ria Moriconi. Paola Montene-, | ro. Aldo Reggiani. Italia, co- Jori. Cinema Gioiello. j 1- i is.c.) Variazioni sul tema ! dell'amplesso mascherate da veli trasparentissimi di socio- logia e psicologia. Nei film di Pirri cambiano (poco) gli | sfondi e l'intreccio narrativo, ! ma il tema centrale rtmane il sesso con tutte le indulgenze alla morbosità e al voyeurismo tipiche della più recante produzione commerciale. Calamo tenta di riproporre un'atmosfera di rabbie e inquietudini giovanili alla maniera del primo Samperi (Grazie zia si trasforma in « Grazie sorella »). Il risultato è la storia di un seminarista innamorato della sorellastra che impara a conoscere sesso e depravazioni in un gruppo di contestatori drogati. Eros, si sa, va sempre legato a Thanatos. E dopo tanti amplessi e nudi muliebri la chiusura è amara o mortuaria. Un prodotto di consumo mode stamente girato e peggio In terpretato. Ma gli incassi soi no soddisfacenti e le proiezioni proseguono. Per un film di ottima qualità come Le monache dell'ungherese Zoltan Fabri il mercato è invece assai più severo. Soltanto tre giorni di proiezione in un cinema che si fregia del marchio d'essai. mediocre j

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