Beirut: il presidente forse se ne andrà di Igor Man
Beirut: il presidente forse se ne andrà La convulsa crisi del Libano Beirut: il presidente forse se ne andrà Beirut. 15 marzo, il presidente della Repubblica Libanese Kuleimau Frangie avrebbe accettato di dimettersi a patto che risulti che questo suo (testo è stato da lui deciso autonomamente. E' quanto si apprende questa sera a Beirut, dove si aggiunge che il capo dello Stato ha chiesto agli esponenti del diversi gruppi politici di elaborare una formula dalla quale appaia chiaro che egli lascia il potere di propria volontà e non perché sottoposto a pressioni. (Ansa . Reuter) (Dal nostro inviato speciale) Beirut, 15 marzo. Il « Vecchio della montagna », il presidente Frangie, si ostina a non andarsene nonostante 70 deputati su 99 abbiano Armato una mozione che lo invita a dimettersi. Il «vecchio» non molla, anche perché dal suo paes? natale gli hanno inviato un messaggio che dice pressappoco: se te ne vai ti puniremo, dimettendoti dimostreresti di non essere un vero uomo. Frangie resiste e l'atmosfera si avvelena. Le opposte fazioni sono tornate in trincea. Stamane si è avuto uno scontro furibondo: i falangisti cristiani hanno rioccupato l'Holiday Inn, o quei che resta del grande albergo. I nasseriani del «mourabitoun» son di nuovo padroni della torre Mur, una posizione che domina un po' tutta Beirut. S'è sparato per un paio d'ore. La battaglia ha fatto ripiombare la città nel terrore. Scuole, banche, uffici pubblici non hanno riaperto dopo il fine settimana, Beirut è deserta. Arrivando dall'aeroporto siamo stuti fermati più volte da improvvisate pattuglie. E abbiamo dovuto tracciare slalom con la macchina per sfuggire ai franchi tiratori che mietono vittime innocenti. Il padre gesuita Alban De Jerphanion, che accompagnava un confratello gravemente ammalato, non è riuscito a superare un posto blocco. Una scarica di mi- tra lo ha preso in pieno. Aveva 75 anni, durante 55 aveva insegnato all'Università; alla sua cultura, alla sua saggezza hanno attinto generazioni di libanesi. Anche il quadro politico è cambiato. I nazional-liberali di Cannili' diamomi e i falangisti di Pierre Gemayel hanno fatto marcia indietro. Non appoggiano più il generale Ahdab, l'autore del «mezzo golpe». Affermano che non si può cacciare il capo dello Stato in carica « senza adeguate garanzie sul futuro costituzionale ». A loro volta i musulmani e la sinistra non fatto blocco. Nel corso della giornata, in varie riunioni. Arafat, Joumbl3tt e uomini del tenente Khatib, capo dell'armata ribelle del «Libano arabo», hanno concordato una linei' comune di azione. Kamal Joumblatt, leader delle forze progressiste, ha detto che un assalto in forze contro il palazzo presidenziale, dove Frangie si e barricato, sarebbe « legale ». Trenta ufficiali, per conto loro, hanno già intimato la resa a Frangie. Se non sopravverranno « fatti nuovi ». la si¬ tuazione potrebbe precipitare e sarebbe un altro bagno di sangue. Il vecchio presidente appare sempre più isolato: le forze fedeli al generale Ahdab e quelle del tenente Khatib hanno stipulato oggi una alleanza, un « patto di sangue ». Non appena, stasera, la radio ha diffuso la notizia, i soldati hanno cominciato a sparare all'impazzata in segno di giubilo. I soldati esultavano ma rimane dubbio che l'alleanza possa risolvere l'imbroglio libanese « nella legalità ». Sicché gli sguardi, le speranze, si appuntano nuovamente sulla Siria. Dopo aver imposto la tregua, i siriani son finiti prigionieri dell'insidioso giuoco delle opposte fazioni libanesi, si son lasciata sfuggire di mano la situazione. Ma ora si dice che .\.>.,> :. il presidente siriano, abbia varato un nuovo piano. Esso prevederebbe la pacificazione dell'esercito con una ampia amnistia per i disertori, l'alleanza (già avvenuta) tra le forze di Ahdab e Khatib, e infine il congelamento del problema Frangie. Il presidente rassegnerebbe tra un mese le dimissioni nelle mani di un governo da lui insediato, rifiutando il diktat dei militari. Ma questo piano potrà essere attuato? C'è da dubitarne. Non fosse altro perché Assad ha difficoltà interne: viene contestato dall'ala estremista del Baas che gli rimprovera l'alleanza con la Giordania, una pretesa « tresca sotterranea ». la liberalizzazione economica e ideologica. E' a causa di questa contestazione che Assad non se l'è sentita di abbandonare Damasco, cancellando il suo viaggio a Parigi. Se Assad non potesse svolgere la sua azione di mediatore, la crisi libanese potrebbe portare il Paese dei cedri nel fondo dell'abisso, sul cui orlo cammina oramai da undici mesi. E se il Libano si incendia di nuovo, la polveriera del Medio Oriente scoppia. Igor Man II presidente Frangie
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